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Verifica fiscale al rivenditore di moto. La Corte conferma la sentenza vittoriosa del contribuente, respingendo il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate, condannata a pagare 7.800 euro di spese. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “motivo è inammissibile, (a) non confrontandosi esso con la ratio decidendi della gravata decisione, ove non si discute affatto delle tematiche in questione, e (b) non risultando, in ogni caso, che esso affronti questioni già sollevate dall'Ufficio nel corso del giudizio di merito (cfr., in proposito, Cass., Sez. 2, 24.1.2019, n. 2038, Rv. 652251-02); che, in conseguenza di quanto precede, il ricorso va rigettato, con condanna dell'Agenzia delle Entrate”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 33957 del 19 dicembre 2019

Osservato che

l'AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (ndr. possibile refuso, poi si parla di Agenzia delle Entrate) notificò nei confronti di F., nella qualità di titolare della omonima ditta individuale, due avvisi di accertamento per riprese I.R.P.E.F., I.V.A. ed I.R.A.P. relative agli anni 2005 e 2006, per l'omessa contabilizzazione di ricavi derivanti dalla vendita di motocicli sia nuovi che usati, in conseguenza della mancata emissione di fatture di vendita, tanto in acconto, quanto all'atto delle vendite definitive; che la ditta contribuente impugnò tali provvedimenti innanzi alla C.T.P. di Perugia che, previa riunione dei giudizi, con sentenza n. 30/1/12, accolse parzialmente il ricorso. Avverso tale decisione l'AGENZIA DELLE ENTRATE propose, quindi, gravame innanzi alla C.T.R. dell'Umbria che, con sentenza n. 43/02/13, del 2.4.2013, rigettò l'appello ritenendo - per quanto in questa sede ancora rileva - che "come già affermato dai giudizi di primo grado dalla documentazione in atti l'ufficio non ha adeguatamente motivato i rilievi posti a base degli accertamenti mentre il contribuente ha documentato quanto da lui asserito" (cfr. motivazione, p. 1, penultimo cpv.); che avverso tale sentenza l'AGENZIA DELLE ENTRATE ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Si è costituito, con controricorso, F., in proprio e nella qualità di titolare della omonima ditta individuale;

Considerato che

con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) l'insufficienza della motivazione, per essersi la C.T.R. limitata ad un "mero ed acritico richiamo alla decisione della CTP e ad affermazioni apodittiche in merito ad una non illustrata e dimostrata carenza di motivazione degli accertamenti"; che il motivo è inammissibile giacché, a seguito della riformulazione (applicabile ratione temporis al caso di specie) dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e - per l'appunto - insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi - che si convertono in violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza - di "mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale", di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di "motivazione perplessa od incomprensibile", al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un "fatto storico", che abbia formato oggetto di discussione e che appaia "decisivo" ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 3, 12.10.2017, n. 23940, Rv. 645828-01). Né, a ben vedere, appare possibile riqualificare il motivo in esame in termini di dedotto vizio ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., difettando in esso l'univoco riferimento alla nullità della decisione impugnata in conseguenza della violazione del cit. art. 132 cod. proc. civ. (nonché dell'art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992);

che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la C.T.R. "del tutto trascurato il principio per cui le gravi inesattezze nella tenuta della contabilità protratte per parecchi mesi, delle quali non sia stata fornita una chiara spiegazione, costituisce circostanza sufficiente a legittimare l'azione accertatrice con metodo induttivo da parte dell'amministrazione" (cfr. ricorso, p. 14, terzo cpv.);

che anche il secondo motivo è inammissibile, (a) non confrontandosi esso con la ratio decidendi della gravata decisione, ove non si discute affatto delle tematiche in questione, e (b) non risultando, in ogni caso, che esso affronti questioni già sollevate dall'Ufficio nel corso del giudizio di merito (cfr., in proposito, Cass., Sez. 2, 24.1.2019, n. 2038, Rv. 652251-02); che, in conseguenza di quanto precede, il ricorso va rigettato, con condanna dell'AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., al pagamento, in favore di F., in proprio e nella qualità di titolare della omonima ditta individuale, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Per l'effetto condanna l'AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., al pagamento, in favore F., in proprio e nella qualità di titolare della omonima ditta individuale, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 7.800,00 (settemilaottocento/00), per compenso professionale, oltre al 15% su tale importo, per rimborso forfetario spese generali, ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, 1'11.7.2019.

 

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