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Pillole sul mondo fiscale svizzero: apertura di un conto in Svizzera + Considerazioni sul lavoratore italiano operante in Svizzera

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Pillole sul mondo fiscale svizzero: apertura di un conto in Svizzera + Considerazioni sul lavoratore italiano operante in Svizzera

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Vuoi aprire un conto in Svizzera? Hai necessità di avere informazioni sul metodo di tassazione per coloro che seppur residenti in Italia lavorano in Svizzera?

Di seguito vedremo alcune cose sul regime fiscale in Svizzera che ti potranno orientare.

In particolar modo, saranno analizzati due differenti casi, ovvero la possibilità di aprire un conto corrente in Svizzera e il caso in cui un soggetto residente in Italia lavori in Svizzera. Infatti, relativamente a quest’ultimo punto, sarà necessario chiarire dove deve pagare le imposte il suddetto lavoratore, in Italia o in Svizzera. Tanti sono interrogativi che ruotano attorno a tale tematica.

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Apertura di un conto in Svizzera

Molti sono i soggetti che cercano informazioni relativamente all’apertura di un conto all’estero, viste le difficoltà economiche del nostro Paese e la paura di un possibile prelievo forzoso sotto forma di patrimoniale o magari al fallimento di alcuni istituti bancari.

Del resto, molti di quelli che vedono i propri sacrifici, i propri risparmi, in pericolo, cercano l’alternativa più sicura. Ed in questo articolo ci occuperemo, infatti, della possibilità di aprire un conto in Svizzera. L’obiettivo sarà quello di cercare di rispondere alle domande più comuni in merito tale tematica, come ad esempio se è o meno conveniente, quali sono i costi di apertura e di gestione.

La procedura per l’apertura del conto svizzero non è particolarmente complicata, purché vengano rispettate delle condizioni previste dalla normativa.

Giova fin da subito sottolineare che l’apertura di un conto all’estero è un’operazione del tutto legale. Occorre che il denaro che tu voglia trasferire derivi da una fonte di reddito lecita e che tali redditi siano apparsi preventivamente nel relativo paese di percepimento, mediante la dichiarazione dei redditi e che siano state versate le imposte sulle attività finanziarie detenute all’estero, come ad esempio l’IVAFE in Italia. Dunque, tali soggetti non possono essere identificati a priori come evasori dato che possono essere solamente dei cittadini che vogliono tutelare i propri risparmi da un eventuale tracollo finanziario nel nostro Paese.

Prima di riportare informazioni utili sull’apertura di un conto in Svizzera vediamo quali sono i vantaggi di tale operazione.

Tra i lati positivi nell’effettuare l’apertura del conto in Svizzera possiamo indicare oltre la sicurezza di tutelare i propri risparmi anche i bassi costi e tassi di interessi sui vari pagamenti. Inoltre, si sottolinea anche la sicurezza della banca svizzera, la quale per poter operare ha bisogno di una licenza che viene rilasciata dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA. Quest’ultimo è un organo che mira a sorvegliare e regolamentare tutti gli istituti bancari svizzeri, i quali devono rispettare precise norme comportamentali e requisiti patrimoniali.

Quindi, come fare per aprire un conto in Svizzera? La procedura non è molto complicata ma la banca richiede una serie di documenti per poter aprire il conto al fine di conoscere, anche mediante un colloquio, l’eventuale cliente e valutare la provenienza del denaro e quindi se il soggetto è o meno affidabile.

In seguito, l’istituto bancario esaminerà la situazione che gli è stata presentata e precisamente queste verifiche riguarderanno: il controllo della provenienza del patrimonio; progetti finanziari ed investimenti del patrimonio; gli obiettivi del cliente all’interno del territorio Svizzero.

Pertanto, terminata questa fase istruttoria la banca deciderà se accettare o meno l’apertura del relativo conto. In caso di esito positivo, è di regola richiesto un deposito minimo, che occorre sempre mantenere sul conto, al fine di coprire le spese previste per la gestione dello stesso. Purtroppo, non è possibile poter aprire un conto in Svizzere on line, per i motivi detti, ovvero che l’istituto bancario vuole sempre accertare l’affidabilità del cliente.

Non è prevista più la possibilità di aprire un conto anonimo, visto che è necessario accertare l’identità del soggetto. Si può aprire un conto numerato. Quest’ultimo assicura un alto livello di privacy e praticamente con tale tipo di conto, dopo la sottoscrizione, le transazioni e le varie operazioni bancarie sono registrati tramite numero o codice, ma non con il proprio nome.

Inoltre, quando si decide di procedere ad aprire un conto in Svizzera, che come abbiamo visto è piuttosto semplice, è importante anche fare delle valutazioni per scegliere il corretto istituto bancario. Infatti, sono tante le variabili che è necessario considerare, tra le quali ricordiamo ad esempio l’importanza di analizzare le differenti opzioni offerte dalle banche, le diversificate tipologie di conti correnti.

Il soggetto che risiede in Italia e decide di aprire un conto in Svizzera deve ricordarsi che non basta solo trasferire legalmente il denaro, ma deve anche indicare nella dichiarazione dei redditi, in un apposito quadro, il quadro RW, i soldi detenuti all'estero. Giova, a tal punto, richiamare l'art. 2 della legge 186 del 2014, il quale così recita: "Potrebbero verificarsi altresì dei casi particolari, come ad esempio: conto corrente estero con una giacenza media superiore di €. 5.000 ma che, nel corso dell’anno, non ha superato come valore massimo i €. 15.000. In questo caso la compilazione del quadro RW sarà esclusivamente ai fini IVAFE. Invece, nell'ipotesi in cui il conto corrente estero ha una giacenza media inferiore a €. 5.000 ma il valore massimo ha superato i € 15.000, il quadro RW dovrà essere compilato solamente ai fini del monitoraggio fiscale".

Quanto detto ha l’obiettivo di consentire all’Amministrazione finanziaria di controllare le attività finanziarie che sono detenute all'estero e, di conseguenza, è fondamentale che il contribuente si ricordi di indicarne il valore nel suddetto quadro per non incorrere nelle ingenti sanzioni previste dalla legge in caso di omissione. Difatti, per quanto riguarda i conti all’estero da parte di soggetti che sono residenti fiscali italiani la cui movimentazione durante l’anno abbia superato la consistenza media di 5.000 euro, in base agli accordi raggiunti fra Italia e Svizzera, nell’ambito dello scambio di informazioni fiscali, le Autorità Italiane debbono, obbligatoriamente, essere informate dell’esistenza dei suddetti conti.

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Lavoratore italiano operante in Svizzera: dove pagare le tasse?

L’altro aspetto che sarà analizzato riguarda uno dei casi più diffusi, ovvero quello dei soggetti che si sono trasferiti in Svizzera per lavoro mantenendo la propria residenza fiscale in Italia. Per questo, questi lavoratori si trovano spesso a porsi numerosi interrogativi nel momento in cui si ritrovano in questa situazione, come ad esempio dove devono essere pagate le tasse, in Italia o in Svizzera? Infatti, quanto detto genera molta confusione sui lavoratori e gli aspetti da prendere in considerazione, come vedremo, sono vari. Non si può indicare una regola uniforme, ma ci sono delle differenze a seconda della Convenzione che viene stipulata tra l’Italia e i vari Stati esteri al fine di evitare le doppie imposizioni.

In primis è importante richiamare il concetto di residenza fiscale che costituisce il punto di partenza per capire dove devono essere dichiarati i redditi percepiti all’estero e, di conseguenza, pagate le relative tasse. L'articolo 2, comma 2, del DPR n 917/86, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, così recita: "Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile". Dunque, ciò che fa la differenza sotto l’aspetto fiscale è il luogo in cui si stabilisce la residenza. Quindi si possono verificare due differenti ipotesi, ovvero potranno esserci soggetti che lavorano all’estero, ma risultano residenti fiscalmente in Italia, e soggetti che lavorano all’estero e vi trasferiscono anche la propria residenza.

Inoltre, il cittadino deve provvedere oltre a trasferire la propria residenza all’estero e quindi cancellarsi dall’Anagrafe della Popolazione Residente, anche ad iscriversi nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) ed avere anche il proprio domicilio nel Paese estero.

Pertanto, quando il soggetto decide di trasferire anche la propria residenza in Svizzera, dove andrà a lavorare, pagherà le tasse nel paese estero di residenza in base alla residenza fiscale.

Tuttavia, i dubbi nascono nell’altra ipotesi detta ovvero quando il soggetto non provvedendo a trasferire la propria residenza in Svizzera non sa dove pagare le tasse. Si sottolinea che in questi casi si fa riferimento al principio della tassazione mondiale (principio del World Wide Taxation) sul quale si fonda il sistema tributario italiano, il quale comporta che il soggetto debba pagare le imposte (sui redditi ovunque prodotti nel mondo) nel luogo dove ha la residenza fiscale. Quindi un soggetto italiano che lavora in Svizzera dovrà pagare le imposte sul reddito in Italia se ricorrono le seguenti condizioni, che sono alternative fra loro: iscritto nell'anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta (cioè, per almeno 183 giorni all’anno o 184 nel caso di mesi bisestili) o iscritto nelle anagrafi comunali della popolazione residente in Italia o se si ha nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.

Inoltre, si riporta l’articolo 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917 del 1986 che prevede quanto segue: “il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398”.

Sulla base di tale norma, vi è da rilevare come la suddetta disposizione richieda sia che l’attività di lavoro dipendente sia “prestata all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto” sia che il dipendente soggiorni, nell’arco di dodici mesi, per un periodo superiore a 183 giorni, nello Stato estero.

Dunque, se sono presenti tali condizioni, il lavoro può essere tassato il reddito secondo il sistema più favorevole delle retribuzioni convenzionali, sottolineando altresì che è necessario che il decreto ministeriale preveda il settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente (come chiarito dalla C.M. 20/E/2011).

Per quanto concerne il pericolo della doppia imposizione, per il  pagamento delle imposte sui redditi nel Paese di residenza oltre che nel Paese di produzione del reddito, si fa riferimento alla convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Svizzera (Gazzetta ufficiale n 49 del 1979) e al DPR n. 917/86 (Tuir), che prevedono un principio generale di divieto della doppia imposizione. È di fondamentale importanza l’articolo della Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana che recita:

“Gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato”. Dunque, è specificato che il lavoro svolto in Svizzera da un residente italiano è tassato in Svizzera (e viceversa), mentre un reddito da lavoro viene tassato in Italia se la persona ha avuto la residenza in Svizzera per meno di 183 giorni.

L’obiettivo di evitare la doppia imposizione è anche previsto dall’art. 165 TUIR mediante quanto ivi indicato, ossia nei casi detti si possono detrarre dalle imposte italiane quelle che sono state già pagate nello stato estero.

Precisamente il suddetto articolo così afferma: “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione”.

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Questi sono solo alcuni dei tanti aspetti fiscali in quanto ci sono tanti altri aspetti da valutare. Si consiglia sempre di rivolgersi ad un avvocato tributarista dati i rischi elevati nel procedere in assenza del supporto di un esperto.

 

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