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Promotore finanziario. Verifiche fiscali e contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. Esempi di casi in cui il promotore finanziario è riuscito a far valere le sue ragioni grazie al processo.

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Promotore finanziario. Verifiche fiscali e contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. Esempi di casi in cui il promotore finanziario è riuscito a far valere le sue ragioni grazie al processo.

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Il promotore finanziario è una delle competenze attualmente richieste e ricercate sul mercato del lavoro. Specialista degli investimenti, il promotore è solitamente un libero professionista che, su incarico di una banca o di una società creditizia, si impegna a vendere strumenti economici finanziari a clienti che intendono effettuare un’operazione di investimento. Azioni, opzioni, valute, ecc. sono prodotti che l’agente vende per conto del cliente.

Il broker finanziario, che può agire sia come monomandatario ma anche come agente per conto di più mandanti, deve necessariamente essere iscritto all’albo dei promotori finanziari, a cui si può accedere solo dopo il superamento di un apposito esame.

In un’epoca in cui il trading è considerato un’importante opportunità di investimento, la figura del promotore finanziario è fondamentale in quanto mette in connessione domanda e offerta presenti sul mercato finanziario.

Si tratta di una figura non di rado ben remunerata, i cui compensi, tuttavia, variano a seconda dell’esperienza e della capacità acquisita nel corso degli anni dal broker. Esistono, infatti, broker che vantano stipendi molto alti ed altri, al contrario, che si attestano su un minimo fisso stabilito dall’agenzia di brokeraggio che gli riconosce delle provvigioni a seconda del numero di contratti conclusi. La capacità reddituale del broker, infatti, dipende sostanzialmente dal numero di clienti acquisiti e dall’entità delle provvigioni negoziate con il cliente.

È proprio sui suoi compensi che si concentra la maggior parte dei controlli afferenti alla corretta tenuta della sua contabilità. Anche se l’indagine finanziaria dovrebbe essere avviata solo in presenza di importanti indizi di evasione, ovvero nei casi in cui sussista un grande divario tra i redditi dichiarati e quelli presuntivamente conseguiti sulla base degli studi di settore, capita non di rado che queste verifiche siano automatiche. E ciò senza tenere conto che il promotore finanziario ha una capacità di produrre reddito molto variabile che dipende dal territorio, dalle condizioni di esercizio dell’attività, dalla tipologia della clientela, dalle prestazioni effettivamente erogate, dalla consistenza del suo patrimonio, ecc. Tutti questi elementi dovrebbero essere oggetto di un’attenta valutazione, cosa che non sempre accade.

Nello specifico, il volume d’affari di un broker dipende, tra le altre cose, anche dalla sua età anagrafica, dalla data di avvio dell’attività. Una maggiore anzianità di servizio determina, generalmente, una maggiore esperienza e quindi redditività superiore.

I principali indizi di evasione che possono essere riscontrati nel corso dell’attività professionale del broker finanziario riguardano le prestazioni non fatturate e le prestazioni fatturate per importi ritenuti non veritieri anche in considerazione delle tariffe professionali medie praticate sul mercato.

Una delle falle del sistema di accertamento riguarda, in primis, l’acquisizione delle informazioni relative ai compensi percepiti che dovrebbero essere sempre specificati in contraddittorio con il broker. Tale garanzia non sempre viene attuata in maniera puntuale ed efficace.

Al di là delle verifiche relative ai compensi percepiti e non corrispondenti alla effettiva capacità reddituale del broker capita anche che quest’ultimo sia destinatario di verifiche fiscali inerenti alla deducibilità di costi sostenuti per i rimborsi / penali ai clienti. Si ritiene, infatti, che tali costi rappresentino una prassi consueta attraverso cui il broker assicura il mantenimento del rapporto fiduciario con il cliente investitore.

Un’ulteriore verifica riguarda la tassabilità di quelle attività accessorie all’attività pura e semplice di intermediazione finanziaria svolta dal broker.

Da ultimo, infine, ad essere passati sotto esame tutti i costi sostenuti dal promotore finanziario ritenuti indici di sussistenza di un'autonoma organizzazione. Collaboratori, autovetture, dotazioni strumentali sono spesso ritenute indice di una struttura complessa, tenuta pertanto alla corresponsione di IRAP quando, al contrario, il broker si avvale di minime dotazioni strumentali indispensabili all'esercizio della sua attività.

Per tutti questi motivi molte volte la pretesa tributaria viene annullata e dichiarata illegittima.

Corte di Cassazione, Ordinanza del 29/08/2018 n. 21295

In questo caso l'Agenzia delle Entrate avviava un accertamento ai fini Irpef, Irap ed Iva nei confronti di un esercente l'attività di promotore finanziario monomandatario per conto di un istituto bancario, a seguito del quale venivano rideterminati maggiori ricavi non dichiarati sulla base dello scostamento rispetto ai parametri del relativo studio di settore.

Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento ritenendo che lo scostamento fosse giustificato dal particolare andamento del mercato mobiliare in quel periodo caratterizzato da una grave crisi finanziaria internazionale che aveva determinato una riduzione di circa il 50% dei ricavi conseguiti. Inoltre, eccepiva che sia l’Agenzia che i giudici non avevano attentamente valutato le specifiche caratteristiche dell'attività svolta dal contribuente il quale aveva un contratto con la banca caratterizzato dal vincolo di esclusività che non gli avrebbe mai consentito di ottenere ricavi in nero.

La Cassazione ha accolto le argomentazioni del broker ritenendo che lo svolgimento della sua attività di promotore finanziario monomandatario per conto di una banca, caratterizzata da un vincolo di esclusività e da provvigioni liquidate sulla base di una percentuale predeterminata in sede di contratto, avrebbe reso impossibile il conseguimento di compensi ulteriori non dichiarati.

Comm. Trib. Prov. Bergamo, sentenza del 01/03/2017 n. 141

Tale pronuncia si sofferma sul problema inerente la deducibilità delle spese sostenute dal promotore finanziario per il risarcimento dei danni causati ai clienti. In particolare, in questo caso il Promotore Finanziario, impugna l'avviso d'accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva accertato ai fini IRPEF un maggior reddito d'impresa in conseguenza del recupero fiscale basato su costi ritenuti indeducibili.

Il problema riguardava nello specifico la restituzione, da parte del promotore, delle somme che due suoi clienti avevano versato per la sottoscrizione di Titoli Bond argentini, su suggerimento del broker, al fine di evitare di perdere i clienti, di avere azioni giudiziarie e di perdere l’incarico lavorativo con la banca presso cui lavorava.

La CTR è intervenuta a riguardo precisando che sono deducibili dal reddito le somme che un promotore finanziario restituisce ai suoi clienti con l’obiettivo di mantenere un rapporto fiduciario futuro.

Comm. Trib. Reg. per il Lazio, sentenza del 10/06/2016 n. 3659 

Questa vicenda, infine, ha avuto origine da un avviso di accertamento notificato ad un esercente l’attività di promotore finanziario relativamente all’esenzione Iva delle attività accessorie a quelle di intermediazione.

A suo avviso, infatti, queste attività pur essendo accessorie sono operazioni assimilabili a quelle di mediazione intermediazione e quindi sono operazioni esenti dall’imposta.

La CTR si è pronunciata sul ricorso precisando che gli imponibili derivanti dallo svolgimento di attività accessorie a quelle di intermediazione quali, ad esempio quelle relative alle attività di supervisione, coordinamento e controllo sono assimilabili a quelle di mediazione - intermediazione relative ai titoli ed agli strumenti per i quali opera il regime di esenzione IVA.

A parere dei giudici, infatti, in questi casi non si tratta di prestazioni di servizio diverse da quelle classiche di intermediazione finanziaria.

 

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