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Se l’emittente annulla la fattura falsa l’IVA non è dovuta, e l’Agenzia delle Entrate deve rimborsarla se già versata. Rigettato il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “ai sensi dell'art. 21, settimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente o prestatore che emette fatture per operazioni inesistenti è tenuto, in base al principio di cartolarità, al versamento dell'imposta per l'intero ammontare indicato; - tuttavia, tale obbligo non sussiste qualora abbia tempestivamente corretto o annullato la fattura ai sensi dell'art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972, sì da consentire l'applicazione dell'esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto di detrazione da parte del destinatario”.

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Corte di Cassazione, Sez. V 

Ordinanza n. 22963 del 26 settembre 2018 

RILEVATO CHE: 

- l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 31 gennaio 2011, di reiezione dell'appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della M. s.r.l. per l'annullamento del silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso della somma di euro 200.000,00, per i.v.a. versata e asseritamente non dovuta; 

- dall'esame della sentenza impugnata si evince che l'istanza di rimborso aveva ad oggetto l'i.v.a. versata in relazione all'operazione indicata nella fattura emessa nei confronti della c. s.p.a., società detentrice del suo intero capitale sociale, per un imponibile complessivo di euro 1.000.000,00, ma che quest'ultima non aveva provveduto alla detrazione dell'imposta assolta, stornando la fattura dalle proprie liquidazioni, per essere l'operazione inesistente; 

- il giudice di appello, premessa l'ammissibilità, contestata, del gravame, ha ritenuto sussistente la pretesa della contribuente, in ragione del principio di divieto della duplicazione dell'imposta; 

- il ricorso è affidato ad un unico motivo; 

- resiste con controricorso la M. s.r.I., la quale deposita memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1, primo comma, c.p.c.; 

CONSIDERATO CHE: 

- con l'unico motivo di ricorso proposto l'Agenzia denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 21, settimo comma, d.lgs. 26 ottobre 1972, n. 633, e 21, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver la sentenza impugnata omesso di considerare che l'i.v.a. indicata nelle fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti è da considerarsi «fuori conto», per cui non rientrerebbe nel meccanismo della compensazione tra l'i.v.a. a valle e quella a monte; 

- il motivo è infondato; 

- ai sensi dell'art. 21, settimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente o prestatore che emette fatture per operazioni inesistenti è tenuto, in base al principio di cartolarità, al versamento dell'imposta per l'intero ammontare indicato; 

- tuttavia, tale obbligo non sussiste qualora abbia tempestivamente corretto o annullato la fattura ai sensi dell'art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972, sì da consentire l'applicazione dell'esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto di detrazione da parte del destinatario; 

- in ogni caso, l'inottemperanza agli adempimenti richiesti dalla norma non consente all'Amministrazione finanziaria di pretendere il pagamento dell'imposta, né osta al riconoscimento del rimborso dell'IVA indebita versata in eccedenza ove il giudice di merito accerti che, con il ritiro della fattura, sia stato definitivamente eliminato il rischio che il destinatario abbia utilizzato o possa utilizzare tale documento ai fini della detrazione e, conseguentemente, di un rischio di perdita di gettito tributario (cfr. Cass. 27 maggio 2015, n. 10939, Cass. 14 marzo 2012, n. 4020); 

- tale affermazione risulta coerente con la giurisprudenza eurounitaria, la quale ha affermato che il principio di neutralità dell'imposta sul valore aggiunto dev'essere interpretato nel senso che esso osta a che, in base ad una disposizione nazionale intesa a recepire detto articolo, l'amministrazione tributaria neghi al fornitore di una prestazione esente il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto fatturata per errore al suo cliente, in quanto tale prestatore non ha rettificato la fattura erroneamente redatta, mentre l'amministrazione ha definitivamente negato a tale cliente il diritto di detrarre detta imposta sul valore aggiunto (cfr. Corte giust. 11 aprile 2013, Rusedespred); 

- nel caso in esame, la Corte territoriale ha accertato che la C. s.p.a., destinataria della fattura, ha stornato dalle proprie liquidazioni i.v.a. la fattura della contribuente e, così facendo, «ha eliminato qualsiasi rischio di perdite di entrate fiscali da parte dell'erario»; 

- pertanto, il ricorso non può essere accolto; 

- le spese processuali del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo; 

P.Q.M. 

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.600,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 1 5 % e accessori di legge. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 24 maggio 2018. 

 

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