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Il principio UE di non discriminazione in materia fiscale si applica anche alla società. La Corte rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e conferma il diritto al rimborso della società Featured

Scritto da Avv. federico Pau
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Estratto: “il principio di non discriminazione in materia fiscale di cui all'art. 6 del Trattato FUE, che, pur riferita testualmente alle sole persone fisiche, deve ritenersi estendibile - alla luce della giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, del 16 aprile 2015, in C. 591/13) - anche alle società”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 3625 del 7 febbraio 2019

FATTI DI CAUSA

1. La contribuente società P. PLC, società con sede in Gran Bretagna e priva di stabile organizzazione in Italia, ricorreva avverso il silenzio rifiuto dell'Intendenza di Finanza di Milano opposto alla istanza di rimborso dell'imposta Ilor per l'esercizio compreso fra il 1 aprile 1982 ed il 31 marzo 1983, da essa versata sulle royalties percepite da licenziatari italiani. La Commissione tributaria di primo grado accoglieva il ricorso ed avverso la decisione proponeva appello l'Ufficio, eccependo che il rimborso non era dovuto in quanto la Convenzione stipulata in data 4 luglio 1960 e resa esecutiva con legge n. 1378/1962 fra Italia e Gran Bretagna prevedeva, con riferimento alle royalties percepite in Itaiia da una società con sede nel Regno Unito e priva di stabile organizzazione in Italia, l'esclusione soltanto per l'Irpef e per l'Irpeg, ma non per l'Ilor. La Commissione tributaria di secondo grado rigettava l'appello motivando che i compensi corrisposti a titolo di royalties a soggetti non residenti, rientrando fra i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, sono da ritenersi esclusi dall'imposizione dell'Ilor per disposizione dell'art. 1 d.P.R. 599/1973 che disciplina il tributo". L'Ufficio ricorreva avverso la suddetta decisione richiamando le difese già svolte in secondo grado, mentre la Commissione Tributaria centrale confermava il principio, argomentando che diversamente opinando si sarebbe incorsi in un'inammissibile doppia imposizione. Insorge l'Ufficio affidandosi ad unico motivo di ricorso. È rimasta intimata la società.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo, l'Agenzia ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 31 e 43 d.P.R. n. 897/1980, dell'art. 1 lett. c) D.P.R. n.599/73, dell'art. 9 della Convenzione fra Italia e Regno Unito contro le doppie imposizioni, ratificato con I. n. 1378/1962, in parametro all'art. 360, comma primo, n. 3 codice di rito. In altri termini, secondo la difesa erariale la C.T.C. avrebbe recepito un'interpretazione erronea della norma, ritenendo che siano escluse dall'Ilor le royalties non sottoposte ad Irpeg secondo un concetto di mera assoggettabilità teorica. 2. Il motivo è infondato. 2.1 La controversia in esame riguarda la richiesta di rimborso delle somme versate a titolo di Ilor per l'anno 1982/1983 da società avente sede nel Regno Unito, non residente e priva di stabile organizzazione in Italia. Con recenti pronunce, questa Corte ha affermato che "i redditi da royalties corrisposti da soggetti residenti in Italia a società prive di stabile organizzazione in Italia ed aventi sede nel Regno Unito (ove risultano già sottoposte ad imposizione fiscale), non possono essere contemporaneamente soggette ad I.L.O.R. in Italia, ostandovi la Convenzione contro la doppia imposizione, stipulata tra Italia e Regno Unito del 4 luglio 1969, ratificata con legge 12 agosto 1962, n. 1378, e ponendosi una diversa soluzione in contrasto con il principio di non discriminazione in materia fiscale di cui all'art. 6 del Trattato FUE, che, pur riferita testualmente alle sole persone fisiche, deve ritenersi estendibile - alla luce della giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, del 16 aprile 2015, in C. 591/13) - anche alle società" (Cass. sent. n. 11622/15; n.1310/16; n.17471/17). 2.2 Secondo la citata giurisprudenza, la disciplina applicabile anche in tema di Ilor, come nel caso in esame, va individuata nella Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore nel 1982 fra l'Italia e Regno Unito - Convenzione di Londra del 4/7/1960, ratificata con L. 1378/1962, parzialmente modificata con protocollo di Londra 28 aprile 1969, ratificato con L. n. 194 del 1973, nonché nella normativa interna di cui al D.P.R. n. 599 del 1973, art. 1, comma 2, lett. c). Detta disciplina soggiace al principio di non discriminazione in materia fiscale, che deve essere applicato anche al trattamento d'imposizione fiscale diretta dei redditi percepiti in uno Stato membro da una società avente sede in un altro Stato membro, essendo la regola generale di non discriminazione prevista dall'art. 6 del Trattato, testualmente riferita alle persone fisiche, considerata estensibile alle società. Nelle citate sentenze, la Corte ha chiarito che "l'obbligo del giudice nazionale ad una interpretazione del diritto interno conforme al diritto comunitario, nonché alla disciplina convenzionale, porta quindi ad escludere che i soggetti residenti di uno Stato col quale vige un regime convenzionale contro la doppia imposizione, in aggiunta all'ordinaria imposizione fiscale diretta nel Paese d'origine, siano soggetti al pagamento dell'I.lo.r. nel Paese della fonte. In definitiva, sia l'interpretazione della clausola generale impiegata dalla norma della Convenzione, sia il meccanismo di diritto interno interpretato in modo conforme al diritto comunitario conducono ad un identico risultato, e cioè che, in caso di soggezione di un soggetto residente nel Regno Unito alla potestà impositiva dello Stato di residenza sulla percezione di royalties, tale percezione non può essere contemporaneamente soggetta ad I.lo.r. in Italia" (Cass. sent. n. 11622/15, pag.7). L'orientamento è stato confermato anche di recente (cfr. Cass. n. 15881/2018). Per quanto fin qui detto il ricorso va rigettato, mentre sussistono giusti motivi, in relazione al consolidarsi dell'orientamento giurisprudenziale in materia solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2019

 

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