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L'impresa può investire nell'adeguamento tecnologico per contrastare la crisi e tale scelta non è sindacabile dal Fisco. Nullo l'avviso di accertamento. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Una società, per tentare di contrastare gli effetti della crisi, aveva investito nell'adeguamento tecnologico e l'aggiornamento tecnico. Tale scelta veniva contestata dal Fisco, che, vedendo il reddito diminuire in dipendenza della crisi e dei costi di adeguamento tecnocologico, decideva di non credere al contribuente e di rideterminarne i redditi notificando un avviso di accertamento e chiedendo per l'effetto maggiori imposte, interessi e sanzioni. Ma la società contribuente decise di presentare ricorso ottenendo una doppia vittoria in primo e secondo grado.

Massima: Non trovando l'autonomia dell'impresa altro limite fiscale se non quello dell'abuso di diritto, sono insindacabili le scelte imprenditoriali della società che, nel tentativo di arginare la crisi, investa nell'adeguamento tecnologico e nell'aggiornamento tecnico, con conseguente aumento di beni strumentali.

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Commissione Tributaria Regionale di Bologna - Sezione 3

Sentenza del 24/10/2016 n. 265

Testo:

L'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Bologna, ha impugnato la sentenza n. xxxx del 23 gennaio-13-aprile 2012 con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna ha accolto il ricorso proposto da Xxxxx Xxxx s.r.1. avverso l'avviso di accertamento XXXXXXXXXXX relativo all'anno di imposta 2005.

L'appellante denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 62 sexies D. L.331/93 convertito in L. n. 427/93, la conseguente erroneità e carenza di motivazione della sentenza nella parte in cui si giudica non provata l'esistenza di gravi incongruenze precise e concordanti, nonché la omessa pronuncia sulle tesi di merito; chiede, pertanto, che la Commissione riformi la sentenza di primo grado condannando la parte appellata al pagamento delle spese di lite, diritti e onorari di causa di entrambi i gradi di giudizio.

Xxxxx xxxx s.r.1. si è costituita in giudizio, ha formulato controdeduzioni e chiesto la trattazione della causa in pubblica udienza.

Successivamente ha depositato memoria illustrativa.

L'appellata, ribadito che lo studio di settore (Gerico) non può integrare i requisiti di gravità precisione e concordanza richiesti per le presunzioni semplici e le gravi incongruenze indicate dall'art. 62 sexies d.1. n. 331/93 e che era ben nota all'ufficio la crisi attraversata dal comparto metalmeccanico nell'anno 2005, chiede che la Commissione rigetti l'appello, confermando la sentenza di primo grado, con conseguente condanna dell'appellante al pagamento delle spese, competenze e onorari di giudizio. La società ha inoltre depositato memorie illustrative.

All'udienza del 30 maggio 2016 le parti hanno chiesto rinvio per tentare di addivenire ad un accordo; la domanda è stata reiterata all'udienza del 18 luglio 2016. All'udienza del 24 ottobre 2016 l'Ufficio, precisando di non voler rinunciare alla pretesa originaria, ha proposto l'abbattimento del 50% dell'importo accertato e delle relative sanzioni; il contribuente non ha accettato e la causa è stata trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Non è contestato il fatto che la zzzzzz e yyyyy s.p.a., importante cliente della contribuente, abbia delocalizzato i propri impianti, con conseguente ampia riduzione delle commesse, e che il fallimento della sssss s.p.a., anch'essa cliente, abbia provocato le anomale giacenze in magazzino di articoli per essa assemblati.

È inoltre noto che, a partire dall'anno 2004, il settore della meccanica è stato interessato dalla forte concorrenza dei Paesi cosiddetti emergenti e ciò ha inciso negativamente sulla competitività e sui livelli di profitto delle imprese che si-sono così trovate in crisi conclamata (si veda Circolare del 21/06/2005 n. 32 Agenzia delle Entrate, Direzione centrale accertamento).

In definitiva, affinché sussistano le presunzioni gravi, precise e concordanti richieste dall'art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la dimostrazione dello scostamento tra redditi dichiarati e redditi accertati deve essere ancorata alla realtà del singolo contribuente così che il presupposto delle gravi incongruenze non sussiste quando l'attività svolta dal contribuente stesso è connotata da uno stato di crisi del mercato, riconosciuto dall'Ufficio, e dimostrata dal progressivo calo degli ordini e dal fallimento di clienti.

Inoltre, la scelta imprenditoriale della xxxxx xxxx s.r.l., denunciata come opinabile, di tentare di arginare la crisi mediante l'adeguamento tecnologico e l'aggiornamento tecnico, che ha comportato l'aumento di beni strumentali, è sottratta al sindacato dell'Agenzia essendo stato chiarito che l'autonomia dell'impresa non incontra fiscalmente altro limite che quello dell'abuso di diritto, non contestato nel caso di specie (Cass. Civ. Sez. V, Sent., 04-03-2016, n. 4345).

L'appello deve quindi essere rigettato in quanto infondato e l'appellante deve essere condannata alla rifusione delle spese.

Secondo il costante l'orientamento della Suprema Corte, se la sentenza conclusiva del giudice d'appello riforma quella pronunziata in primo grado, l'effetto si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, con la conseguenza che detto giudice ha il potere di rinnovare totalmente la regolamentazione delle spese, considerando l'esito complessivo della lite.

L'ammontare delle spese di lite a carico del soccombente è liquidato nella misura precisata in dispositivo tenuto conto dei criteri di cui al decreto del Ministero della Giustizia 10 marzo 2014 n. 55.

P.Q.M.

Rigetta l'appello e condanna L'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Bologna in persona del Direttore pro tempore a rifondere alla Xxxxx xxx s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore le spese del giudizio che liquida, quanto al primo grado, in € 2.000,00 e quanto al presente grado in € 2.500,00 oltre accessori di legge.

Bologna, 24 ottobre 2016.

 

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