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Il finanziamento soci, a differenza del contributo dei soci, non è tassabile. La qualificazione va operata facendo riferimento alle risultanze di bilancio. Confermato l’annullamento dell’avviso.

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Estratto: “la sentenza impugnata, nel dare atto che le risultanze del bilancio tenevano conto delle somme erogate dai soci e facevano scaturire un obbligo sociale di restituzione che qualificava la natura di finanziamento all'operazione (e non di sopravvenienza attiva tassabile ex art. 88 D.P.R. n. 917/86) ha correttamente interpretato la normativa applicabile”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 6104 dell’1 marzo 2019

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per la Sicilia in Catania, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto l'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la decisione con cui era stato annullato l'avviso di accertamento n. XXX relativo a IRPEG e IRAP per l'anno 2004 emesso nei confronti della società S. a r.l. per presunto maggior reddito di impresa.

2. Ha rilevato il giudice di appello che le somme riprese a tassazione non potevano ritenersi contributi dei soci, ma dalle risultanze del bilancio e della nota integrativa erano qualificabili come finanziamento soci, come tale esonerato dall'imposizione ai sensi dell'art. 88 del D.P.R. n. 918 del 1986.

3. Per la cassazione della citata sentenza ricorre l'Agenzia delle Entrate con due motivi, resistiti con controricorso dalla società S. a r.l.

4. La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso lamenta:

1. Primo motivo: «Contraddittoria, illogica ed insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo (in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.» deducendo l'erroneità della pronuncia laddove essa, pur avendo dato atto della mancanza dei verbali assembleari aventi a oggetto i pretesi finanziamenti dei soci, avrebbe poi omesso di trarne le dovute conseguenze in tema di tassabilità dei relativi importi, ritenendo ad essi equipollenti il bilancio e la nota integrativa che invece costituirebbero mere dichiarazioni di scienza cui non sarebbe possibile attribuire alcun valore probatorio.

2. Secondo motivo: «Violazione e/o falsa applicazione di legge: artt. 2423, 2427 e 2467 cod. civ. con riguardo all'art. 88, comma 2, lett. b) del D.P.R. n. 917/1986 (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.» deducendo che l'interpretazione fatta propria dalla sentenza impugnata non solo lederebbe il tenore della legge, ma avallerebbe anche pratiche elusive.

3. S. a r.l. eccepisce l'inammissibilità del ricorso, di cui chiede comunque il rigetto.

4. Il ricorso non è fondato.

5. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, lamentano in sostanza che la sentenza avrebbe ritenuto le risultanze di bilancio equipollenti ai mancanti verbali assembleari al fine di attribuire alle somme erogate dai soci alla società natura di finanziamento (esonerato dalla tassazione come sopravvenienza) e non di contributi (invece tassabili).

6. In tema di finanziamento soci in s.r.I., l'art. 2467 cod. civ. detta una regola di interpretazione (quella per cui sono finanziamenti le erogazioni effettuate dal socio in un momento di squilibrio patrimoniale della società) e una regola di giudizio (quella per cui i soci finanziatori sono postergati ai creditori estranei alla società nella restituzione di quanto erogato). Non vi è nella norma alcun riferimento a una forma legale imposta per detti finanziamenti. Ne consegue che, in tema di valutazione della qualificazione della natura di una erogazione di denaro dal socio alla società, occorre applicare i criteri generali valevoli per il diritto societario. E quindi è necessario considerare che il criterio principale di qualificazione di una destinazione da parte della società di una somma di denaro, comunque ricevuta nel corso dell'esercizio, è data dall'esame delle risultanze del relativo bilancio. Invero il bilancio di esercizio è proprio il documento contabile fondamentale che la società è obbligata a redigere per dar conto dell'attività svolta nel relativo esercizio sociale; e gli amministratori, nel redigere il bilancio, si assumono la responsabilità della qualificazione che attribuiscono alle relative poste. Dunque, può affermarsi che il bilancio, stante il rilievo anche pubblicistico che assume con la pubblicazione nel registro delle imprese, è il documento principale da cui dover partire per qualificare la natura di un'entrata patrimoniale per la società. Invero la mancanza dei verbali assembleari di finanziamento non può essere considerata dirimente, posto che la rilevanza del relativo vizio è prevalentemente endosocietaria, ovvero riguarda in prima battuta i rapporti tra soci e società. La circostanza che l'operazione sia stata contabilizzata in bilancio la rende opponibile ai terzi, ivi compreso l'Erario, mentre del tutto irrilevante per i suddetti terzi è la modalità di conferimento prescelta all'interno della società. Ciò è tanto vero che l'eventuale vizio genetico dell'operazione endosocietaria, ivi compresa l'inesistenza del verbale assembleare, può essere sanata dai soci ex post attraverso la redazione di un verbale assembleare che tenga luogo di quello omesso entro l'esercizio successivo (art. 2379-bis cod. civ. applicabile giusta il rinvio dell'art. 2479-ter cod. civ.), e che in ogni caso l'invalidità, comunque declinata della deliberazione assembleare autorizzativa del finanziamento, è sanata dall'avvenuta approvazione - da parte dei medesimi soci - del bilancio che di tale finanziamento tenga conto.

7. Di talché la sentenza impugnata, nel dare atto che le risultanze del bilancio tenevano conto delle somme erogate dai soci e facevano scaturire un obbligo sociale di restituzione che qualificava la natura di finanziamento all'operazione (e non di sopravvenienza attiva tassabile ex art. 88 D.P.R. n. 917/86) ha correttamente interpretato la normativa applicabile della fattispecie, nell'esercizio del potere di valutazione delle prove riservato al giudice del merito e insindacabile nella presente fase ove, come nella specie, congruamente motivato. 8. La soccombenza regola le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Agenzia delle Entrate, al pagamento, in favore della controricorrente Sar Costruzioni s.r.I., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 ottobre 2018.

 

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