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Ritenuta sulle somme corrisposte all’ente estero. Quest’ultimo, anche se non paga imposte nel suo Stato, può ottenere il rimborso sulla base del trattato contro le doppie imposizioni che preveda minori ritenute. Il rimborso è dovuto. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “Tale orientamento consolidato, è stato confermato in altre pronunce successive (Cass., 10 ottobre 2018, n. 26377), basate anche sulla sentenza della Corte di Giustizia UE 19 novembre 2009, n. 540, sempre in tema di dividendi, con cui si è affermato che l'art. 10 della Convenzione Italia-Svizzera va interpretato nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell'altro Stato, indipendentemente dall'effettivo pagamento dell'imposta”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 10706 del 17 aprile 2019

RILEVATO CHE:

1. La E., associazione di diritto svizzero, senza finalità di lucro, nel maggio 2007 organizzava in Italia un congresso medico e stipulava un accordo con la italiana O. s.r.l, per la cessione dei diritti di sfruttamento economico dell'evento, concordando il compenso di € 2.100.000,00. Su tale somma la O. s.r.l. applicava la ritenuta del 30% a titolo di imposta, per i pagamenti delle royalties, per un totale di € 304.839,50. La E., sul presupposto che si dovessero applicare le disposizioni più favorevoli previste dall'art. 12 della Convenzione Italo-Svizzera contro le doppie imposizioni, chiedeva anche l'applicazione della ritenuta di imposta nella percentuale del 5 %, con richiesta di restituzione, quindi, del 25 % della ritenuta praticata, e quindi della somma di € 237.097,50.

2. Il COP (Centro Operativo di Pescara) rigettava l'istanza, in quanto dall'Ufficio tributi cantonale risultava che l'associazione E. godeva della esenzione dalle tasse in Svizzera, sicchè tale circostanza impediva di considerare tale ente quale "persona residente" in tale paese ai fini della convenzione. Ai sensi dell'art. 56 lettera g della legge sull'imposta Federale Diretta erano esenti dall'imposta "le persone giuridiche, che perseguono uno scopo pubblico o di utilità pubblica, per quanto concerne l'utile esclusivamente e irrevocabilmente destinato a tali fini".

3. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso della contribuente, mentre la Commissione tributaria regionale accoglieva l'appello, in quanto l'esenzione dalla imposizione non determinava il venir meno della soggettività passiva, tanto più che le concrete situazioni di fatto erano mutevoli nel tempo, potendo essere ripristinato l'onere tributario. Inoltre, la documentazione prodotta attestava che l'associazione era soggetta alle imposte sul reddito comunali e cantonali, quindi indipendentemente dall'effettivo pagamento dell'imposta.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate.

5. Resiste con controricorso la società, depositando memoria scritta.

CONSIDERATO CHE:

1. Anzitutto, si rileva che la controricorrente ha provveduto alla notifica del controricorso, sicchè l'eventuale vizio di nullità della notifica, ove sussistente sarebbe stato, comunque, sanato ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c., avendo l'atto processuale raggiunto lo scopo (Cass., 12 luglio 2018, n. 18402). Peraltro, la notifica risulta effettuata correttamente al domiciliatario nel giudizio dinanzi alla Commissione regionale ("difeso da dott. XXX c/o studio XXX"), con ricezione del plico da parte del portiere in data 30-5-2013 ed emissione di raccomandata il 6-6-2013. Nell'ipotesi di notifica di atto processuale, a mezzo posta, a persona diversa dal destinatario (nella specie, al portiere), ai sensi dell'art. 7, comma 6, della I. n. 890 del 1982, introdotto dall'art. 36, comma 2 quater, del d.l. n. 248 del 2007, conv. con modif. in I. n. 31 del 2008, ai fini del perfezionamento della notifica, rispetto al destinatario, non è necessario che la raccomandata a questi diretta e contenente la notizia della notificazione dell'atto sia fatta con avviso di ricevimento, in quanto la previsione della sola raccomandata è rispondente ad una distinzione ragionevole dalle ipotesi nelle quali l'avviso è richiesto (Cass., 16 giugno 2016, n. 12438). La giurisprudenza di legittimità, citata dalla Associazione in memoria, attiene alla diversa ipotesi in cui v'è stata spedizione a mezzo posta, ma il ricorrente non ha prodotto l'avviso di ricevimento (Cass., 2604/2019). Nel caso in esame, invece, la notificazione è stata effettuata a mezzo posta, ma è stata ricevuta dal portiere, come risulta dall'avviso di ricevimento, con successiva spedizione di raccomandata.

1.1. Con un unico motivo di impugnazione l'Agenzia deduce "violazione e/o falsa applicazione degli articoli 4 e 12 della Convenzione tra Italia e Svizzera avverso le doppie imposizioni, approvata e resa esecutiva in Italia con legge n. 943 del 1978, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. ed all'art. 62, primo comma , d.lgs. 546/1992", in quanto la E. non può essere qualificata come soggetto "residente" ai fini previsti dall'art. 4 Commentario OCSE e dall'art. 4 della Convenzione Italia-Svizzera contro le doppie imposizione, non essendo "in concreto" assoggettata ad alcuna imposta sul reddito nel paese di residenza. Infatti, la condizione di "esenzione" in concreto dalle imposte risulta dal certificato rilasciato dall'Ufficio tributi cantonale di Zurigo in data 22-2- 2008, in cui si afferma che la E. "pur soggetta al sistema fiscale elvetico (essendo dotata di un codice di identificazione fiscale) "è una istituzione che gode dell'esenzione dalle tasse". Non rileva, dunque, l'astratta possibilità che il regime di esenzione venga meno in futuro, ma occorre l'attuale ed effettiva condizione di assoggettamento del reddito prodotto nello Stato di residenza, perchè solo in questo caso si verifica la condizione di "doppia imposizione". 1.2.11 motivo è infondato.

1.3. Invero, la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione Svizzera, per evitare le "doppie imposizioni", di cui alla legge 23-12-1978 n. 943 prevede, all'articolo 1, che "La presente Convenzione si applica alle persone che sono residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti". L'art. 3, poi, dispone che "il termine "persona" comprende le persone fisiche, le società ed ogni altra associazione di persone". Ai sensi dell'art. 4 si prevede che "ai fini della presente Convenzione, l'espressione "residente di uno Stato contraente" designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata all'imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga". L'art. 12 della Convenzione, infine, stabilisce che "i canoni provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell'altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato. Tuttavia, tali canoni possono essere tassati nello Stato contraente dal quale essi provengono ed in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che percepisce i canoni ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere il 5% dell'ammontare lordo dei canoni... Ai fini del presente articolo il termine canone designa i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l'uso o la concessione in uso di un diritto d'autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche.... di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti, nonché per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche e per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico". 1.4. Nella specie, dunque, la società svizzera E., avendo subito una ritenuta del 30% sulle royalties ricevute dalla italiana O., ha chiesto il rimborso del 25 % di tale somme, in quanto ai sensi dell'art. 12 della Convenzione Italo Svizzera, l'imposta non poteva eccedere il 5 % dell'ammontare dei "canoni". L'Agenzia delle entrate ha negato il rimborso in quanto la E. non risultava assoggettata "in concreto" a tassazione in Svizzera, sicchè se ne sarebbe dovuta negare la "residenza" in uno Stato contraente ai fini della Convenzione.

1.5. La controversia deve essere risolta applicando il principio giurisprudenziale consolidato, sia pure in tema di dividendi azionari di cui all'art. 10 della Convenzione Italo-Svizzera, stipulata il 3 ottobre 1974 e ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 26 luglio 1975, n. 386, per cui tale disposizione contro le doppie imposizioni prevede una competenza impositiva dello Stato in cui essi vengano corrisposti, concorrente con quella principale dello Stato di residenza del percipiente, con il limite dell'aliquota massima del quindici per cento. A tale riguardo appare più aderente allo spirito ed agli scopi della suddetta Convenzione ritenere, in forza della disposizione dell'art. 75 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che la disciplina di cui all'art. 27 del medesimo decreto non trovi applicazione in materia ed interpretare perciò la norma convenzionale in questione nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell'altro Stato, indipendentemente dall'effettivo pagamento dell'imposta. Peraltro, ove si tratti di impresa avente una stabile organizzazione nel Paese di residenza, la distribuzione dei dividendi deve essere tassata per intero secondo la legge nazionale, in applicazione dell'art. 10, quarto comma, della Convenzione tra i predetti Stati, come ratificata con legge 23 dicembre 1978, n. 943 (Cass., 29 dicembre 2011, n. 29576; Cass., 29 gennaio 2001, n. 1231, ove si segnala un contrasto tra pronunce di legittimità sul punto, ma si aderisce all'orientamento per cui rileva, ai fini della doppia imposizione e della applicazione della minore imposta, la sola esistenza del potere impositivo principale in Svizzera, indipendentemente dall'effettivo pagamento dell'imposta in tale Paese). Si è precisato che la sufficienza del solo fattore in sé della esistenza del potere impositivo principale dell'altro Stato, deve ritenersi coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali, onde evitare che i contribuenti subiscano un maggior carico fiscale sui redditi percepiti all'stero ed agevolare l'attività economica e d'investimento internazionale (Cass.,27600/2011).

1.6. Tale orientamento consolidato, è stato confermato in altre pronunce successive (Cass., 10 ottobre 2018, n. 26377), basate anche sulla sentenza della Corte di Giustizia UE 19 novembre 2009, n. 540, sempre in tema di dividendi, con cui si è affermato che l'art. 10 della Convenzione Italia-Svizzera va interpretato nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell'altro Stato, indipendentemente dall'effettivo pagamento dell'imposta. La sufficienza del solo fattore in sè dell'esistenza del potere impositivo principale dell'altro Stato, deve ritenersi infatti coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali, onde evitare che i contribuenti subiscano un maggior carico fiscale sui redditi percepiti all'estero ed agevolare l'attività economica e di investimento internazionale (Cass., 10 novembre 2017, n. 26656). Si aggiunge in motivazione (Cass., 26377/2018 cit.) che "non è dunque corretto subordinare il rimborso della ritenuta alla circostanza che la società percipiente estera abbia effettivamente sborsato, nel paese UE di residenza, l'imposta sul dividendo proveniente dall'Italia; risultando per contro ( necessario e) sufficiente che tale dividendo concorra alla formazione del reddito complessivo, ancorché non sussista effettivo prelievo fiscale".

1.7. Per la Corte di Giustizia UE (Corte Giustizia 19-11-2009, n. 540 cit.) "la scelta di tassare nell'altro Stato membro i redditi provenienti dall'Italia o il livello a cui sono tassati non dipende dalla Repubblica italiana, ma dalle modalità di imposizione definite dall'altro Stato membro. La Repubblica italiana non ha, di conseguenza, alcun fondamento nel sostenere che l'imputazione dell'imposta ritenuta alla fonte in Italia sull'imposta dovuta nell'altro Stato membro, in applicazione delle previsioni delle convenzioni contro la doppia imposizione, consenta in ogni caso di compensare la differenza di trattamento derivante dall'applicazione della normativa nazionale".

1.8. Inoltre, si rileva che il Commentario OCSE prevede al paragrafo 8.2, divenuto 8.11, nella versione del 2017, che "in many States, a person is considered liable to comprehensive taxation even if the Contracting State does not in fact impose tax. For exemple, pension funds, charities and other organisations may be exempted from tax, but they are exempt only if they meet all of the requirements for exemption specified in the tax laws. They are, thus, subject to the tax laws of a Contracting State. Furthermore, if they do not meet the standards specified, they are also required to pay tax. Most States would view such entities as residents for purposes of the Convention". Pertanto, "in molti Stati, si è considerati soggetti ad una tassazione onnicomprensiva anche se lo Stato contraente di fatto non applica l'imposta. Per esempio, gli enti caritatevoli e le altre organizzazioni potrebbero essere esentati dal tributo, ma solo a condizione che soddisfino tutti i requisiti per tale esenzione posti dalla legislazione tributaria. Gli stessi sono, pertanto, soggetti alle norme fiscali di uno Stato contraente. La maggior parte degli Stati considera tali soggetti come residenti agli effetti della Convenzione".

1.9. Questa Corte ha, poi, affermato che il Commentario Ocse, pur non avendo valore normativo, costituisce, comunque, una raccomandazione diretta ai paesi aderenti all'OCSE (Cass., sez. 5, 28 luglio 2006, n. 17206). Inoltre, il valore interpretativo del modello Ocse si rinviene in numerosi precedenti di legittimità (Cass., 32842/2018, in tema di royalties per il concetto di "beneficiario effettivo"; Cass., 7 settembre 2018, n. 21865, in materia di redditi percepiti all'estero dagli artisti; Cass., 10 novembre 2017, n. 26638, in relazione alla Convenzione Italia-Federazione Russa per l'individuazione della residenza della persona fisica; Cass., 33218/2018 con riferimento alla stabile organizzazione).

1.10. Si evidenzia che la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (art. 31, comma 1) stabilisce che "un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo". Pertanto, l'espressione utilizzata nella Convenzione Italia-Svizzera per la definizione della persona "fisica" residente, secondo il Modello Ocse di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni ("assoggettata ad imposta nello stesso Stato..."), deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato ("full liability to tax"), a nulla rilevando il dato dell'effettivo prelievo fiscale subito dalla persona fisica.

2. E' ben diversa la fattispecie, che esula da quella in esame, in tema d'imposte sui dividendi azionari, in cui si è affermato che la società madre francese che riceve dalla società figlia italiana dividendi esenti da tassazione per effetto dell'attuazione in Francia della Dir. 90/435/CEE non ha diritto al credito d'imposta previsto dall'art. 10, paragrafo 4, lett. b), Convenzione Italia-Francia 5 ottobre 1989, ratificata con I. n 20 del 1992, in quanto l'esenzione di fonte comunitaria esclude la doppia imposizione che il credito di fonte pattizia è diretto a neutralizzare (Cass., 6 ottobre 2017, n. 23367), in quanto in tale ipotesi la sommatoria della detassazione e del credito di imposta eccede la finalità di evitare la doppia imposizione, generando semmai una fattispecie di c.d. doppia-non imposizione. Il percettore francese di dividendi esenti che ottenesse anche l'avoir fiscale sommerebbe due benefici tributari, sicchè per tale specifica fattispecie si è ritenuto che l'assoggettamento fiscale va valutato in termini concreti ed effettivi (Cass., 24 febbraio 2017, n. 4771; Cass., 19 ottobre 2018, n. 26412).

3. Le spese del giudizio, in ragione della soccombenza, vanno poste a carico della Agenzia delle entrate e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna l'Agenzia delle entrate a rimborsare alla società le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi € 7.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura forfettaria del 15 %, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di Corglio del 27 marzo 2019

 

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