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Avviso di rettifica dell’Agenzia delle Dogane che contesta la falsità dei certificati Form A. È possibile produrre certificati sostitutivi ed ottenere l’annullamento dell’avviso. Ricorso accolto. Avviso annullato. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “sussistevano i presupposti di applicazione della disposizione derogatoria alla regola generale, che consente all'importatore di munirsi di certificato sostitutivo, poiché quello esibito al momento dell'importazione era stato rifiutato per un motivo, consistente nella diversità del timbro apposto rispetto a quello comunicato in via ufficiale”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 24249 del 30 settembre 2019

RILEVATO CHE

- l'Agenzia delle dogane di Genova emetteva avviso di rettifica nei confronti della C. Srl, nonché della N., che aveva operato come rappresentante doganale indiretto della prima, in relazione alla bolletta doganale IMZ n. XXX del 5/12/2008 emessa per l'importazione di lamiere di alluminio provenienti dal Venezuela in quanto operata con certificati Form A falsi, sì da non poter fruire del dazio preferenziale;

- i contribuenti proponevano impugnazione e, all'udienza di discussione sulla sospensione della provvisoria esecutorietà della revisione doganale, depositava nuovi certificati Form A rilasciati a posteriori dal ministero venezuelano; la Commissione tributaria provinciale di Livorno, valutata l'autenticità dei nuovi Form A, accoglieva il ricorso; la sentenza era riformata dalla CTR;

- C. Srl e N. ricorrono per cassazione con sei motivi, cui resiste l'Agenzia delle dogane con controricorso;

CONSIDERATO CHE

- il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 81, commi 5 e 6, 83 e 85 Reg. n. 2454/1993/CE (DAC) in relazione al mancato riconoscimento della validità dei FORM A emessi dalla competente autorità venezuelano a posteriori, ed in presenza dei presupposti legge, con effetto retroattivo;

- il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 11, comma 5 bis, d.lgs. n. 374 del 1990 e 7 I. n. 212 del 2000 per non aver la CTR ritenuto nullo l'avviso di rettifica che non allegava lo "specimen" relativo all'autentico timbro da apporre da parte delle autorità venezuelane;

- il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e ss e, in particolare, dell'art. 94 DAC per non aver la Dogana adottato, prima dell'emissione dell'avviso di rettifica, la prevista procedura di controllo a posteriori ex art. 95 DAC;

- il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 7, comma 2, I. n. 212 del 2000 per non aver la CTR dichiarato la nullità dell'avviso per l'omessa indicazione del responsabile del procedimento

 - il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 220 CDC;

- il primo e il terzo motivo, da esaminare unitariamente perché connessi, sono fondati, con assorbimento degli altri; - giova premettere che, nella vicenda in giudizio, l'importazione in regime preferenziale, effettuata inizialmente con una certificazione d'origine non corretta (ossia, come risulta dalla stessa sentenza della CTR, mediante utilizzo di un Form AA con apposto un timbro difforme da quello ufficiale depositato presso la Commissione Europea) e disconosciuta dall'Ufficio senza attivazione della procedura bilaterale ex art. 94 DAC, è stata poi accompagnata dall'emissione di nuovi certificati (Form A) emessi "a posteriori" ex art. 85 DAC, ratione temporis vigente; - la questione centrale su cui verte il giudizio, dunque, è se l'Ufficio poteva, in base ad una autonoma valutazione e senza attivare la procedura bilatelare, negare validità alla certificazione proveniente dallo Stato estero e, quindi, quale rilevanza assuma il successivo certificato d'origine emesso "a posteriori" ed acquisito direttamente dall'importatore; - la problematica, invero, è stata oggetto di specifica disamina da parte della Corte di Giustizia in una vicenda per molti aspetti sovrapponibile, trattandosi, in quel caso, di rifiuto da parte dell'autorità doganale del certificato EUR 1 per la diversità del timbro apposto rispetto al facsimile depositato presso la CE in relazione ad importazioni effettuate nell'ambito del Protocollo I dell'Accordo fra Paesi ACP e la CE di Cotonu del 23/06/2000 (sentenza 24 ottobre 2013, in C-175/12, Sandler AG); - la decisione è significativa in relazione al caso in questione perché le norme di riferimento, ossia gli artt. 32 e 16 del protocollo n. 1 all'accordo di Cotonou, sono di contenuto corrispondente a quello degli artt. 94 e 85 del reg. n. 2454/93;

- la Corte ha, in primo luogo, ricondotto la fattispecie ad una delle ipotesi in cui il certificato sia stato rifiutato all'importazione per ragioni tecniche e, dunque, tale da consentire (ai sensi degli artt. 25 e 32 del Protocollo I cit. e, dunque, mutatis mutandis, degli artt. 85 e 94 del DAC) - in via eccezionale e derogatoria - il rilascio di un certificato sostitutivo a posteriori, ossia dopo l'esportazione; - significativamente la Corte, nell'esaminare le condizioni di applicazione del regime di controllo a posteriori e di emissione dei certificati sostitutivi, ha precisato che sebbene «il sistema di cooperazione amministrativa attuato da un protocollo che enuncia, nell'allegato di un accordo concluso tra l'Unione e uno Stato terzo, disposizioni riguardanti l'origine di prodotti si basa sulla reciproca fiducia tra le autorità degli Stati membri d'importazione e quelle dello Stato di esportazione e che la cooperazione sancita da un protocollo relativo all'origine di prodotti può funzionare soltanto se lo Stato di importazione accetta le valutazioni legalmente effettuate al riguardo dallo Stato di esportazione» ciò non significa che l'autorità doganale sia strettamente vincolata ad avviare la procedura di cooperazione atteso che, in una simile evenienza, «le autorità doganali dello Stato d'importazione possono rifiutare tale certificato e restituirlo all'importatore per consentirgli di ottenere il rilascio di un certificato a posteriori»; - in linea con tali principi, inoltre, questa Corte, superando orientamenti non pienamente coerenti con l'interpretazione operata dalla Corte di Giustizia, ha recentemente affermato che «In tema di misure preferenziali, posto che, in linea di principio, occorre che, perché possa essere presentato alle autorità doganali dello Stato d'importazione, il certificato di origine sia stato rilasciato appena effettuata l'esportazione effettiva delle merci, è possibile l'emissione di certificato sostitutivo ex post allorquando quello sostituito sia stato rifiutato dall'autorità doganale dello Stato d'importazione per l'apposizione di un timbro diverso da quello comunicato dallo Stato d'esportazione, rientrante nel novero delle ragioni tecniche, che consentono la deroga alla regola generale» (Cass. n. 11627 del 03/05/2019);

- ne deriva, pertanto, che, con riguardo alla vicenda in esame: 1. sussistevano i presupposti di applicazione della disposizione derogatoria alla regola generale, che consente all'importatore di munirsi di certificato sostitutivo, poiché quello esibito al momento dell'importazione era stato rifiutato per un motivo, consistente nella diversità del timbro apposto rispetto a quello comunicato in via ufficiale, rientrante nel novero delle ragioni tecniche che giustificano l'emissione dei certificati sostitutivi;

2. a fronte della pretesa diretta ad ottenere il pagamento del dazio ordinario per l'irregolarità del certificato Forma A, in sé legittima anche in assenza dell'avvio della procedura di controllo bilaterale, era nella piena facoltà dell'importatore attivarsi autonomamente presso l'autorità del Paese straniero per ottenere il certificato sostitutivo ex post;

3. legittima è stata la produzione del certificato sostitutivo, il quale, in sé, non può essere disatteso ove genuino, circostanza che, nella specie, è incontroversa, essendosi l'Ufficio limitato a contestarne l'efficacia sanante a posteriori;

- il ricorso va dunque accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con l'accoglimento dell'originario ricorso dei contribuenti; - le spese, per la peculiarità della vicenda e l'andamento della giurisprudenza sulla questione, vanno integralmente compensate per ogni stato e grado;

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso dei contribuenti. Compensa le spese dell'intero giudizio per ogni stato e grado. Deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 22 gennaio 2019.

 

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