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Revocazione ordinaria. L’Agenzia non era più in termine per proporre la revocazione. Errata la decisione che la ritenne tempestiva. Agenzia condannata a pagare le spese processuali. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “le considerazioni espresse dal giudice del gravame non sono corrette, in quanto le stesse postulano che il ricorso per revocazione ordinaria sarebbe svincolato dal rispetto di termini di decadenza. In realtà, la previsione contenuta nell'art. 64, comma 1, del decreto legislativo n. 546/1992, nel testo vigente ratione temporis, ha unicamente la finalità di stabilire in quali casi è consentita la proposizione del ricorso per revocazione, ma non ha la funzione di definire i termini di decadenza ai fini della tempestiva proposizione, profilo disciplinato, piuttosto, dall'art. 327, comma primo, cod. proc. civ., applicabile anche al processo tributario in forza del richiamo di cui all'art. 49, del decreto legislativo n. 546/1992. In particolare, l'art. 327, cod. proc. civ, prevede, nel testo applicabile ratione temporis, che la revocazione per i motivi di cui all'art. 395, nn. 4) e 5), cod. proc. civ., non può proporsi decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza, a meno che non sussistano i presupposti contemplati dal successivo comma secondo”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 28536 del 6 novembre 2019

Fatti di causa

Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata nonché dal ricorso si evince che: l'Agenzia delle dogane ha emesso nei confronti di C. s.r.l. un avviso di revisione dell'accertamento, cui aveva fatto seguito la notifica della cartella di pagamento, avendo accertato che il valore delle merci dichiarate in dogana era inferiore all'ammontare di soglia stabilito dalle norme comunitarie per l'applicazione dei prelievi agricoli nella misura agevolata, in quanto la società contribuente aveva usufruito di premi e bonifici di fine anno che avevano inciso sulle condizioni per l'applicazione della tariffa doganale di favore; avverso i suddetti atti la società contribuente ha proposto separati ricorsi; la Commissione tributaria provinciale di Como ha accolto i ricorsi, previa riunione; avverso la suddetta pronuncia l'Agenzia delle dogane ha proposto appello; la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l'appello; la sentenza non è stata impugnata, sicchè è passata in giudicato; l'Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per revocazione ordinaria per errore di fatto della pronuncia censurata. La Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto il ricorso, in particolare ha ritenuto che: era infondata l'eccezione della società contribuente di inesistenza del ricorso in quanto notificato unicamente al procuratore, in violazione dell'art. 330, comma primo, cod. proc. civ.; era, altresì, infondata l'eccezione di tardività del ricorso in quanto notificato successivamente al termine di cui all'art. 330, comma terzo, cod. proc. civ.; era fondato il motivo di ricorso con il quale veniva prospettato l'errore di fatto della pronuncia, per avere erroneamente fatto riferimento, ai fini della valutazione della decorrenza del termine di prescrizione della pretesa impositiva, alla data di conclusione di un diverso procedimento penale e non a quello effettivamente afferente alla vicenda in esame. Sulla base delle suddette considerazioni, la stessa sentenza ha pronunciato la revocazione della sentenza impugnata nonché deciso nel merito, ai sensi dell'art. 402, cod. proc. civ., rigettando i ricorsi introduttivi, con conferma della legittimità degli atti impugnati. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso la C. s.r.l. affidato a quattro motivi di censura. L'Agenzia delle dogane si è costituita depositando controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione dell'art. 327, cod. proc. civ., e degli artt. 51 e 38 del decreto legislativo n. 546/1992, per omessa e insufficiente motivazione nel ricorso per revocazione ordinaria, nonché per carenza e insufficiente motivazione in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per avere erroneamente ritenuto che il ricorso per revocazione era stata tempestivamente proposto dall'Agenzia delle dogane, nonostante il decorso del termine di cui all'art. 327, cod. proc. civ.. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità del presente motivo di ricorso proposta dalla controricorrente per mancata esposizione del punto controverso e per la commistione dei motivi. In realtà, parte ricorrente ha chiaramente esposto che la ragione di censura riguardava il punto della decisione con cui il giudice del gravame ha ritenuto tempestivo il ricorso per revocazione, nonostante il decorso del termine di cui all'art. 327, comma primo, cod. proc. civ., illustrando specificamente i presupposti normativi di riferimento che dovevano condurre a ritenere sussistente la violazione di legge, in particolare dell'art. 327, cod. proc. civ.. Il contenuto del motivo di censura in esame, peraltro, è diretto proprio ad evidenziare la suddetta violazione di legge, ed il riferimento compiuto in rubrica all'omessa motivazione, più che essere ricondotto ad un autonomo vizio della pronuncia, va riguardato pur sempre nell'ambito della ritenuta violazione di legge, dolendosi la parte della non chiara illustrazione, da parte del giudice del gravame, delle ragioni in diritto fondanti la ritenuta tempestività della proposizione del ricorso, essendosi limitato a parafrasare il contenuto dell'art. 64 del D. Lgs. 546/92 relativamente alla proponibilità del ricorso per revocazione in pendenza del termine per il ricorso in cassazione, pur in presenza di una normativa precisa ed in equivoca al riguardo. In sostanza, l'intero motivo di ricorso attiene alla ritenuta violazione di legge della pronuncia censurata sulla questione della esatta individuazione del termine entro cui, anche nel processo tributario, deve essere proposto il ricorso per revocazione, e, sotto tale profilo, lo stesso è stato correttamente proposto dalla ricorrente. Il motivo è fondato. Si evince dalla pronuncia censurata che l'Agenzia delle dogane aveva proposto, con atto notificato il 6 luglio 2010, ricorso per revocazione ordinaria, ai sensi dell'art. 395, n. 4), cod. proc. civ., avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 11/24/2009, depositata in data 28 gennaio 2009. Quindi, richiesto di pronunciare sulla eccezione di tardività della proposizione del ricorso per revocazione, il giudice del gravame ha ritenuto che la stessa era stata erroneamente prospettata, in quanto doveva farsi riferimento a quanto previsto nell'art. 64, comma 1, del decreto legislativo n. 546/1992, che prevede che «contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell'art. 395 del codice di procedura civile». Il riferimento a tale previsione normativa ha indotto il giudice del gravame a fare discendere la considerazione che la proponibilità del ricorso per revocazione nel processo tributario è ipotizzabile non solo quando la sentenza di cui si chiede la revocazione sia divenuta inoppugnabile coi rimedi ordinari, ma anche quando non sia stata impugnata, sicchè, sotto tale profilo, la questione del termine di un anno e quarantacinque giorni, pertanto, è erroneamente posta. Ciò posto, le considerazioni espresse dal giudice del gravame non sono corrette, in quanto le stesse postulano che il ricorso per revocazione ordinaria sarebbe svincolato dal rispetto di termini di decadenza. In realtà, la previsione contenuta nell'art. 64, comma 1, del decreto legislativo n. 546/1992, nel testo vigente ratione temporis, ha unicamente la finalità di stabilire in quali casi è consentita la proposizione del ricorso per revocazione, ma non ha la funzione di definire i termini di decadenza ai fini della tempestiva proposizione, profilo disciplinato, piuttosto, dall'art. 327, comma primo, cod. proc. civ., applicabile anche al processo tributario in forza del richiamo di cui all'art. 49, del decreto legislativo n. 546/1992. In particolare, l'art. 327, cod. proc. civ, prevede, nel testo applicabile ratione temporis, che la revocazione per i motivi di cui all'art. 395, nn. 4) e 5), cod. proc. civ., non può proporsi decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza, a meno che non sussistano i presupposti contemplati dal successivo comma secondo. L'applicazione della previsione in esame anche al processo tributario, oltre che in forza della norma di richiamo sopra indicata, trova conferma nella previsione di cui all'art. 38, comma 3, del decreto legislativo, secondo cui «se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l'art. 327, comma primo, del codice di procedura civile». Va peraltro aggiunto che anche per la decorrenza del termine di cui all'art. 327, comma primo, cod. proc. civ., trova applicazione il periodo di sospensione feriale di cui all'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742. Ciò posto, la pronuncia in esame risulta viziata da violazione di legge per avere erroneamente ritenuto non applicabile alla fattispecie il termine di decadenza di cui all'art. 327, comma primo, cod. proc. civ.. Sicchè, va tenuto conto del fatto che dalla pronuncia censurata si evince che l'Agenzia delle dogane aveva proposto il ricorso per revocazione ordinaria, di cui all'art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., con atto notificato il 6 luglio 2010, e che la sentenza impugnata della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 11/24/2009, era stata depositata in data 28 gennaio 2009. Pertanto, il ricorso per revocazione è stato proposto oltre il termine di cui all'art. 327, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., anche tenuto conto del periodo di sospensione feriale di cui all'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742.

L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l'assorbimento degli altri motivi proposti, in particolare del secondo, con il quale si censura la sentenza per avere ritenuta valida la notifica del ricorso, in violazione dell'art. 330, cod. proc. civ., e dell'art. 17 del decreto legislativo n. 546/1992, del terzo, con il quale si censura la sentenza per avere erroneamente fatta applicazione della previsione di cui all'art. 402, cod. proc. civ., nonché del quarto, per avere non correttamente ritenuto configurabile, nella fattispecie, un errore rescissorio. Ne consegue l'accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, e la cassazione senza rinvio, ai sensi dell'art. 382, comma terzo, ultimo periodo cod. proc. civ., con conseguente condanna della controricorrente al pagamento delle spese di lite del giudizio di revocazione e del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Condanna la controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite del giudizio di revocazione, che si liquidano in complessive euro 4.000,00, nonché del presente giudizio, che si liquidano in complessive euro 7.000,00 oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento, ed accessori di legge. Così deciso in Roma, addì 26 marzo 2019.

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