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Avviso dell’Agenzia con cui si contesta la fittizietà del trasferimento di residenza all'estero: 3 esempi di casi conclusi a favore dei contribuenti.

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Trasferirsi all’estero è una possibilità che in molti prendono in considerazione, specie come reazione alla crisi economica che ha riguardato per diverso tempo l’Italia.

Non sempre però, il trasferimento viene compiuto in maniera corretta.

Vediamo allora quando il trasferimento all’estero può comportare conseguenze, anche molto gravi, per il cittadino/contribuente e quando invece è l’Agenzia delle Entrate a sbagliarsi.

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1. Trasferirsi all’estero: cosa deve sapere il contribuente

2. Che cos’è la residenza fiscale dei contribuenti e perché è importante

3. Quando l’Amministrazione Finanziaria dubita del trasferimento

4. Casi in cui il contribuente trasferito all’estero ha ottenuto l’annullamento dell’avviso di accertamento

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Trasferirsi all’estero: cosa deve sapere il contribuente

Le motivazioni alla base di un trasferimento all’estero possono essere molto diverse. Certamente le ragioni di tipo economico e lavorativo riguardano la maggioranza dei casi. Le opportunità di lavoro nei paesi stranieri, specie del nord Europa o USA, sono decisamente superiori a quelle offerte dal Bel Paese. Ma una quota considerevole di persone si trasferisce all’estero per motivi personali, amorosi o addirittura fiscali.

È indubbio, infatti, che trasferirsi in alcuni Paesi comporta numerose agevolazioni fiscali per il contribuente o l’imprenditore che trasferisce all’estero la sede della sua azienda. Si parla, difatti, di Paesi a fiscalità privilegiata.

Proprio per questo il trasferimento all’estero di un cittadino italiano ha inevitabilmente delle implicazioni fiscali ed è oggetto di verifiche ed accertamenti.

Ed infatti, chi non si trasferisce all’estero seguendo un procedimento corretto può essere oggetto non solo di accertamenti fiscali ma anche, nei casi più gravi, di sanzioni penali. La contestazione è quella di residenza all’estero fittizia.

In tali casi l’Amministrazione Finanziaria contesta al contribuente, che ha stabilito la propria residenza all’estero in maniera fraudolenta, la mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi, con il conseguente recupero a tassazione dei redditi percepiti. Parte così l’avviso di accertamento.

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Che cos’è la residenza fiscale dei contribuenti e perché è importante

Risiedere all’interno di uno Stato comporta l’adempimento di alcuni doveri fiscali che rappresentano il modo attraverso il quale il sistema esercita il proprio potere impositivo.

Nel nostro ordinamento il TUIR, Testo Unico per le Imposte sui Redditi, prevede tre requisiti fondamentali per determinare la residenza fiscale di un individuo.

In particolare, si devono verificare questi tre presupposti:

·      essere iscritti nei registri anagrafici comunali della popolazione residente;

·      avere domicilio in Italia;

·      essere residenti nel territorio dello Stato;

Basta uno solo di questi requisiti per essere sottoposti a tassazione in Italia.

Ecco allora che quando il contribuente si trasferisce all’Estero deve quindi effettuare una corretta pianificazione fiscale per evitare di incorrere in gravi irregolarità.

Il primo fondamentale adempimento è l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiana Residenti all’Estero) da cui derivano i principali effetti fiscali del trasferimento.

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Quando l’Amministrazione Finanziaria dubita del trasferimento all’estero

L’Agenzia potrebbe anche contestare al contribuente di aver trasferito la propria residenza all’estero in maniera fraudolenta, ovvero con l’intento di godere dei privilegi fiscali di quel Paese pur continuando a vivere e lavorare in Italia.

Nei riguardi di questi soggetti l’Agenzia delle Entrate adopera controlli sempre più stringenti e contesta la fittizietà del trasferimento di residenza all'estero.

In particolare, vengono imputate al contribuente due condotte illecite: l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi (pur avendo percepito redditi imponibili in Italia) o la dichiarazione dei redditi infedele.

In tali casi l’Agenzia delle Entrate fonda i suoi accertamenti su diversi elementi ed indizi che portano a ritenere “certa” la permanenza del contribuente nel territorio italiano per un lungo periodo dell’anno. Tra questi, per esempio, i giorni trascorsi in Italia, la partecipazione ad aventi mondani, l’intestazione di autovetture, l’esercizio di un’attività di impresa, la frequentazione di circoli, la stabilità di rapporti affettivi, personali e sociali.

Le sanzioni amministrative previste per questi illeciti vanno dal 90% al 140% dell’imposta evasa.

Non mancano però casi in cui l’Agenzia delle Entrate non effettua approfonditi controlli notificando avvisi di accertamento privi di adeguate prove a sostegno.

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Casi in cui il contribuente trasferito all’estero ha ottenuto l’annullamento dell’avviso di accertamento

SENTENZA n. 138/29/2009 COMM. TRIB. REG. PER LA PUGLIA

Con questa pronuncia la Commissione Tributaria Regionale di Bari ha accolto il ricorso di contribuente che si era trasferito nel Principato di Monaco ritenendo che le prove fornite dall'Agenzia delle Entrate non fossero sufficienti. In particolare, non vi erano elementi da cui emergesse l’effettivo domicilio del contribuente in Italia nel periodo di imposta tassato. Ed infatti, era emerso che il contribuente risiedeva nel Principato ormai da più di 20 anni e tale circostanza risultava dalla certificazione anagrafica oltre che dalle numerose ricevute relative ai vari pagamenti di forniture di elettricità e gas concernenti la sua abitazione monegasca.

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SENTENZA DEL 16/01/2017 N. 64/7 - COMM. TRIB. REG. PER LA PUGLIA

Anche in questa pronuncia la Commissione ha dato ragione al contribuente trasferito all’estero precisando che la residenza fiscale in Italia non è dimostrabile sulla base di sole presunzioni.

In questo caso l'Agenzia delle Entrate ha notificato ad un contribuente, trasferitosi nel Regno Unito, due avvisi di accertamento non avendo presentato quest’ultimo la dichiarazione dei redditi Mod. Unico, pur in presenza di attività fiscalmente rilevante realizzata in Italia.

La Commissione ha accolto il ricorso ritenendo basate le accuse dell’Agenzia su deduzioni meramente presuntive. Il contribuente, dal canto suo, ha provato che negli anni d'imposta era effettivamente residente nel Regno Unito dove svolgeva costantemente la propria attività lavorativa, ivi dichiarava i propri redditi pagando le relative imposte.

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CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA n. 19410 del 20.07.2018

In quest’ultimo caso l’Agenzia delle Entrate ha notificato un avviso di accertamento ad un tennista per un presunto reddito imponibile ai fini Irpef relativo a compensi della Federazione Italiana Tennis non dichiarati nel mentre lui aveva trasferito la propria residenza a Montecarlo.

La Suprema Corte, dopo due rigetti, ha dato ragione al contribuente residente nel Principato da epoca antecedente. Infatti, gli ermellini hanno ritenuto che la C.T.R. non aveva considerato alcuni documenti importanti, attestanti la reale residenza dello sportivo nel Principato da epoca antecedente quali, ad esempio, un contratto di locazione antecedente al periodo di imposta, ricevute di pagamento del canone di locazione, fatture di utenza elettrica relative proprio a quegli anni ed infine, il rilascio di una carta di credito da parte di un istituto bancario monegasco.

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Le informazioni sopra riportate sono state scritte da un avvocato che collabora occasionalmente con professionisti del nostro studio ma la loro rispondenza al sistema vigente non è garantita da DLP Studio Tributario, né nessuno dei suoi avvocati, né nessun altro, non rispecchia la professionalità media di DLP Studio Tributario e non sono state sottoposte ad ulteriori controlli da parte del nostro studio.

Ulteriori approfondimenti sono comunque dovuti in dipendenza delle specificità dei singoli casi concreti.

 

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