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Estratto: “premesso che, nella specie, tra l'ultimo "processo verbale giornaliero di verifica" presso gli uffici amministrativi della società contribuente (datato 14 novembre 2007) e la notifica dell'atto impositivo (in data 17 dicembre 2007) erano intercorsi meno dei sessanta giorni prescritti dall'art. 12, comma 7, L. 212/00, non rilevando, a tal fine, il successivo "rapporto investigativo", allegato all'avviso di accertamento - sia con riguardo all'Iva che con riguardo all'imposta diretta (Irpeg)- non trattandosi di accertamenti "a tavolino"- è evidente la violazione ex art. 12, comma 7, cit., del contraddittorio endoprocedimentale”.

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Estratto: “la garanzia di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione”.

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Estratto: “per giurisprudenza di legittimità consolidata, confortata anche da una decisione delle sezioni unite, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. (…) la scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 (…) Pertanto, anche la predisposizione di una memoria difensiva da parte della contribuente nel minore termine concesso, non può eliminare l'illegittimità del provvedimento”.

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Estratto: “l'assenza di un riferimento alle ragioni di "urgenza" negli avvisi di accertamento abbia precluso al contribuente di dispiegare un'adeguata difesa, in contraddittorio con l'Ufficio, in merito alla fondatezza delle asserite ragioni di natura procedimentale (scadenza dell'azione e decadenza) ma anche di carattere personale in quanto riferite a qualità personali del contribuente (evasore totale), con conseguente pregiudizio di ogni diritto di difesa e dell'obbligo di motivazione da valere anche per i provvedimenti tributari”.

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Estratto: "ritiene il Collegio di dare continuità all'insegnamento giurisprudenziale ormai prevalente (v. Cass. Sez. U., n. 24823 del 2015) ed ampiamente illustrato in Cass. n. 22786 del 2015, secondo cui «In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa» (conf., tra le più recenti, Cass. n. 5149 del 2016 e 17202 del 2017)"

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Estratto: “secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 15010 del 2014; v. anche Cass. n. 5374 del 2014), «il termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo”.

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La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 28700 del 2017, ha accolto il ricorso di un ristoratore avverso la sentenza dei Giudici di merito.

Questi ultimi, confermando la sentenza di primo grado, avevano ritenuto legittimo l'avviso di accertamento formato con metodo analitico-induttivo, in seguito a ispezioni presso i locali del ristorante-pizzeria.

Di diverso avviso invece la Corte di Cassazione che ha annullato l'avviso ritenendo condivisibili le doglianze del ristoratore che lamentava l'irregolarità dell'avviso di accertamento emesso prima dello scadere del termine dei 60 giorni dalla notifica del PVC.

In altri termini, l'Amministrazione avrebbe dovuto aspettare prima di notificare l'avviso di accertamento, e dare per l'effetto un termine congruo al contribuente per replicare.

La richiesta di pagamento è stata annullata per aver l'Agenzia delle Entrate negato al contribuente questo diritto inviolabile, e dunque il ristoratore non dovrà pagare a prescindere dell'esistenza di eventuali irregolarità.

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