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Estratto:Il secondo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione dell'art.36 ter dPR n.600/73, in combinato disposto con l'art.7 I. n.212/2000 e dell'art.25 del dPR n.602/1973, è infondato. Ed invero, la CTR ha correttamente ritenuto viziato l'atto impugnato (cartella) che, nell'indicare le ragioni della pretesa attraverso il rinvio ad una comunicazione d'irregolarità, aveva fatto rinvio ad un atto non allegato e non comunicato previamente al contribuente, in tal modo pienamente uniformandosi all'indirizzo di questa Corte”.

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Massima: “Non è possibile applicare da parte dell'Agenzia della Riscossione, gli interessi moratori sulle somme dovute a titolo di sanzioni, quando viene richiesta la rateizzazione fiscale. In altri termini, in caso di rateizzazione delle cartelle esattoriali, non si possono applicare gli interessi sulle sanzioni, ma solo sul capitale. Ai sensi dell'art. 19 del DPR n. 602/73, l'agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Per debiti superiori a 60 mila euro, o quando le richieste di rateazione superino le 72 rate (è prevista quella a 120 rate) l'Agente della Riscossione valuta se davvero esistono le condizioni di temporanea ed obiettiva difficoltà sulla base della documentazione fiscale fornita dal richiedente. Secondo l'art. 21 del citato DPR, sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso ai sensi dell'articolo 19, comma 1, si applicano gli interessi al tasso del sei per cento annuo. Sennonché, l'art. 2 comma 3 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997 n. 472 - che stabilisce che la somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi - trova applicazione anche nell'ipotesi di dilazione del pagamento, dove gli interessi di dilazione perseguono le medesime finalità proprie degli interessi comuni. L'art. 2 comma 3 del Decreto Legislativo 472/1997 deve considerarsi, difatti, norma "eccezionale" che prevale sulla regola generale "lex specialis derogat generali".

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Massima: Il reato di omesso versamento delle ritenute, prima delle modifiche in vigore dal 22 ottobre 2015, non può essere provato soltanto con la dichiarazione del sostituto di imposta, essendo necessarie le certificazioni rilasciate ai percipienti. Prima del 2015, l'accusa per provare la colpevolezza del reato di omesso versamento delle ritenute, previsto dall'articolo 10 bis del Decreto legislativo n. 74/2000, si basava esclusivamente sui dati "autodichiarati" dal contribuente nel 770, ritenendo soddisfatto l'onere probatorio con la mera allegazione del modello all'interno del quale sono elencate le ritenute. Successivamente, il reato è stato collegato all'omesso versamento non delle ritenute indicate nel 770, ma di quelle risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti e quindi la prova dell'illecito veniva rappresentata dalle certificazioni e non dalla dichiarazione. Il Decreto legislativo n. 158/2015 ha modificato questa fattispecie penale, facendo dipendere il nuovo delitto dalle omissioni risultanti anche dalla dichiarazione, non essendo più necessaria la prova delle certificazioni ai sostituiti”.

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Massima: In caso di convenzione di lottizzazione, nella quale la realizzazione di un'opera pubblica a scomputo degli oneri di urbanizzazione è assoggettata a Iva, qualora l'opera non rientri tra quelle destinate a esigenze di urbanizzazione primaria e secondaria, l'obbligo di fatturazione non insorge alla data di sottoscrizione della convenzione urbanistica, ma al compimento delle opere concordate con l'ente territoriale, e al loro collaudo. In effetti nell'appalto il diritto dell'appaltatore al corrispettivo sorge con l'accettazione dell'opera da parte del committente, ai sensi dell'art. 1665, ult. co. c.c., e non già al momento della stipulazione del contratto”. 

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Massima: “Nel caso di controllo di una vendita immobiliare con il criterio di comparazione collegato al valore di immobili sussistenti nella medesima zona, ai fini dell'imposta di registro, l'ufficio fiscale ha l'obbligo di allegare all'avviso l'atto utilizzato per la comparazione nel suo contenuto essenziale. Se quest'ultimo risulta carente, perché non vi sono quelle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, l'atto di controllo sarà invalido”.

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Massima: “Per la teoria del doppio binario, il giudice tributario non può acriticamente recepire le conclusioni alle quali è arrivato il giudice penale: ciò non vuol dire però che in ogni caso non debba valutare il materiale probatorio acquisito agli atti ed il contenuto della sentenza penale, che costituisce un elemento di prova da rapportare alle ulteriori risultanze istruttorie. Nella fattispecie, una Società riceveva avvisi di accertamento per tre annualità, con recupero a tassazione ai fini delle imposte dirette e dell'IVA. La contestazione riguardava la contabilizzazione di fatture considerate oggettivamente inesistenti, emesse da un'impresa ritenuta una mera cartiera dall'Ufficio. Nel corso del giudizio era stata considerata irrilevante la sentenza di assoluzione penale nel parallelo processo avente ad oggetto gli stessi fatti di causa, riguardando un altro giudizio diverso da quello tributario. Sebbene sul punto non esista alcuna efficacia vincolante del giudicato penale per il giudizio tributario, in ogni caso il giudice è tenuto nell'esercizio dei propri poteri ad una valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti. Deve pertanto procedere ad un apprezzamento anche del contenuto della decisione penale, ponendola a confronto con altri elementi di prova acquisiti”.

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Estratto: “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, la nullità consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente”.

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Estratto: “non ha errato il giudice regionale nel valorizzare tale tipo di documentazione (ndr elenchi delle società affidabili per il destinatario del prodotto finale), nell'autonomo esercizio del suo potere di valutazione della massa di elementi di prova a sua disposizione. D'altronde costituisce principio reiterato quello secondo cui la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è tenuto a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie, dovendo solo fornire un'esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti. In conclusione la sentenza è esente da critiche perchè non si rileva l'insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia”.

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Estratto: “il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto, con riferimento alle imposte dirette e all’Irap, non ha verificato se il contribuente avesse assolto all’onere di provare che i componenti positivi, in quanto correlati a componenti negativi ritenuti fittizi, fossero anch’essi fittizi, affinché detti componenti positivi andassero esclusi dalla base imponibile, fatta salva l’applicazione di una sanzione amministrativa”.

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Estratto: “L'omessa riproduzione dell'avviso di accertamento non consente, pertanto, di verificare la fondatezza dell'assunto dell'Agenzia in ordine alla avvenuta riproduzione degli elementi essenziali degli atti non allegati all'accertamento, postulata dall'Agenzia ed invece espressamente negata dalla CTR. Il ricorso principale va dichiarato inammissibile con assorbimento dell'esame del ricorso incidentale”.

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