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I controlli fiscali stanno diventando sempre più serrati ed è per questo che spesso i contribuenti hanno dubbi riguardanti la conformità o meno del loro operato rispetto alla disciplina fiscale.

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Capita che arrivino nel nostro studio clienti cui è stato contestato un non corretto trasferimento all'estero.

Spesso alcuni di loro hanno, a suo tempo, sottovalutato le procedure corrette da seguire per trasferirsi all'estero e soprattutto le implicazioni fiscali che il trasferimento comporta.

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Estratto: “il trattamento di fine rapporto costituisce un diritto di credito a pagamento differito, il quale matura anno per anno in relazione al lavoro prestato ed all'ammontare della retribuzione, costituendo in sostanza retribuzione differita (Cass. Sez. U, n. 8625 del 23/11/1987; Cass. n. 4261 del 23/3/2001). Il diritto all'indennità in questione, infatti, non nasce con la cessazione del rapporto di lavoro, ma costituisce un diritto che si concretizza quantitativamente anno per anno in modo progressivo, secondo il meccanismo di determinazione previsto dall'art. 2120 cod. civ., così come modificato dall'art. 1 della legge n. 297/1982, con la conseguenza che, in tema di imposte sui redditi, il trattamento di fine rapporto relativo ad annualità di retribuzione corrisposte per lavoro prestato all'estero deve beneficiare dello stesso regime fiscale di non assoggettamento ad IRPEF previsto dal citato art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 917/1986 per i redditi di lavoro dipendente prestato all'estero”.

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Estratto: “Tale orientamento consolidato, è stato confermato in altre pronunce successive (Cass., 10 ottobre 2018, n. 26377), basate anche sulla sentenza della Corte di Giustizia UE 19 novembre 2009, n. 540, sempre in tema di dividendi, con cui si è affermato che l'art. 10 della Convenzione Italia-Svizzera va interpretato nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell'altro Stato, indipendentemente dall'effettivo pagamento dell'imposta”.

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Estratto: “questa Corte ha chiarito che la presunzione di evasione sancita da tale norma (ndr art. 12, secondo comma, del d.l. n. 78 del 2009), in vigore dal 1° luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile. Inoltre una differente interpretazione finirebbe per pregiudicare - in contrasto con gli artt. 3 e 24 cost. - l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione probatoriamente rilevante (v. Cass. n. 2662-18)”.

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