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A volte i contribuenti si vedono recapitare atti tributari attraverso i servizi postali privati. È questo un motivo per poter impugnare il relativo atto? In questo articolo, attraverso richiami oltre che legislativi anche giurisprudenziali, cercheremo di spiegare una questione che ha suscitato sempre molte perplessità, ovvero quella relativa alla notifica degli atti giudiziari.

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Estratto: “da quanto sin qui detto che il difetto di notifica dell'atto impoesattivo primario comporta il mancato perfezionamento dell'atto stesso e l'inesistenza giuridica dei relativi effetti. Nel caso in esame, costituisce un dato pacifico che l'atto impugnato è un atto impoesattivo primario che è stato spedito al destinatario direttamente dall'Ufficio con plico raccomandato con avviso di ricevimento senza una formale notificazione tramite l'intermediazione dell'organo notificatorio; in applicazione di principi giuridici sopra richiamati, si deve concludere affermando la giuridica inesistenza dell'atto e l'improduttività di ogni effetto”.

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Estratto: “qualora risulti applicabile il regime del margine, il cessionario italiano non sconterà all'acquisto nessuna imposta mentre in sede di successiva rivendita dell'autovettura, applicherà l'I.V.A. non già sull'intero corrispettivo derivante dalla cessione del bene, bensì sull'eventuale margine positivo tra il prezzo di vendita dell'operazione in oggetto ed il prezzo di acquisto del veicolo. Per le cessioni effettuate con il c.d. regime del margine è necessario che la fattura emessa dal cedente comunitario riporti la specifica annotazione che trattasi di detrazioni soggette a detto regime. Più precisamente, su tale fattura dovranno essere individuabili, oltre alle caratteristiche delle autovetture ed il loro stato di auto usate, anche la specificazione che si tratta di beni che il cedente commercializza con l'utilizzo del c.d. regime del margine”.

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Nel proseguo riportiamo la guida al ricorso tributario pubblicata nel luglio 2019 dalla stessa Agenzia delle Entrate. L’Agenzia espone, a sue parole, la procedura da seguire per incardinare processi tributari (non espone invece quali possono essere i potenziali motivi di ricorso). Riportiamola con qualche commento.

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Estratto: “nel processo tributario: la sanzione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall'art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all'art. 14 disp. prel. cod.civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l'accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell'atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l'effettività del sindacato sul merito dell'impugnazione (Cass., 15/01/2019, n. 707); e, comunque, la riproposizione a supporto dell'appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell'impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell'accertamento (per l'Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci”.

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Nel presente articolo analizziamo un caso giurisprudenziale sottoposto alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale ha accolto le tesi sviluppate nelle controdeduzioni e confermato l’annullamento integrale dell’atto, già da noi ottenuto in primo grado. Atto con cui illegittimamente si disconosceva un ravvedimento, regolarmente operato, demandando in pagamento oltre 600.000,00 euro di maggiori sanzioni (che, come statuito da entrambe le sentenze, non erano invece in nessun modo dovute).

La prospettiva sarà differente rispetto al consueto esame della sentenza.  Infatti, procederemo ad esaminare la fattispecie, non dalla prospettiva del corpo letterale della sentenza, ma dalla prospettiva delle argomentazioni processuali da noi sviluppate, accolte in sentenza, e che hanno condotto in secondo grado alla conferma dell’annullamento integrale dell’atto dell’Agenzia delle Entrate.

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Estratto: “in tema d'IVA, ove l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una "frode carosello", essa ha l'onere di provare, anche in via indiziaria, non solo l'inesistenza del fornitore, ma anche, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il cessionario sapeva (o avrebbe potuto sapere), con l'ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in un'evasione dell'imposta”.

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Estratto: “va riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso dell'eccedenza detraibile dell'i.v.a. anche con riferimento ad operazioni di leasing, laddove queste abbiano ad oggetti beni per i quali sia previsto il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza del contratto o prevedano l'attribuzione al conduttore delle caratteristiche essenziali della proprietà dei beni medesimi, e la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene”.

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Estratto: “l'art. 12, comma 7, I. n. 212 del 2000 prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio operata dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell'atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la 'prova di resistenza' e, volutamente, la norma dello Statuto del contribuente non distingue tra tributi armonizzati e non; 2) il principio di strumentalità delle forme ai fini del rispetto del contraddittorio, principio generale desumibile dall'ordinamento civile, amministrativo e tributario, viene meno in presenza di una sanzione di nullità comminata per la violazione, e questo vale anche ai fini del contraddittorio endoprocedimentale tributario; 3) per i "tributi armonizzati", quindi pure per l’IVA, la necessità della 'prova di resistenza', ai fini della verifica del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, scatta solo se la normativa interna non preveda già la sanzione della nullità.

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Estratto: “in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali”.

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