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Fatture soggettivamente false: costi deducibili per il solo fatto di essere stati sostenuti. Respinto il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate.

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Massima: “Il regime transitorio, stabilito dall'art.8 del D.L. n. 16/ 2012, è applicabile anche al periodo di imposta precedente alla sua entrata in vigore essendo più favorevole al contribuente. Pertanto nel caso di specie sono deducibili i costi, delle operazioni soggettivamente inesistenti, per il solo fatto che siano stati sostenuti salvo che si tratti di costi in contrasto con il principio di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza e determinabilità ovvero di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un reato non colposo”.

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Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Ordinanza del 10/10/2018 n. 25027 -

Ritenuto che:

L'Agenzia delle entrate notificava alla società (------) S.r.l. un avviso di accertamento, relativo all'anno di imposta 2002, emesso sul presupposto di un P.V.C. della G.d.F. con cui veniva contestato la partecipazione ad operazioni commerciali soggettivamente inesistenti, relativamente all'acquisto di autoveicoli dal mercato estero, tramite i propri fornitori "cartolari" (imprese individuali) C.R. Import Export di R.C. di (------) e L.M. di (------). Alla società contribuente veniva rettificate le relative dichiarazioni fiscali, escludendo le corrispondenti detrazioni IVA e la deducibilità ai fini IRPEG ed IRAP dei costi di acquisto, riferibili alle anzidette operazioni soggettivamente inesistenti. L'atto veniva impugnato innanzi alla CTP di Macerata che, con sentenza n. 51/04/07, accoglieva parzialmente il ricorso, riconoscendo il comportamento fiscalmente illecito della (------) S.r.l. ma limitandosi a confermare la indetraibilità dell'IVA e non anche la indeducibilità (ai fini IRPEG ed IRAP) dei costi di acquisto delle autovetture. L'Ufficio spiegava appello innanzi alla CTR delle Marche, che rigettava il gravame, con sentenza n. 153/4/10, affermando che era pacifico che la società contribuente avesse svolto commercio di autovetture generando ricavi a fronte dei quali occorreva considerare, nella determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, i costi di acquisto delle suddette autovetture. L'Ufficio ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo un unico motivo. La parte intimata non ha svolto difese.

Considerato che:

1. Con l'unico motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 e dell'art. 53 Cost., nonchè della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che la CTR ha affermato che la L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis sarebbe operativo solo nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, allorchè l'operazione commerciale che il contribuente abbia inteso dedurre non fosse stata effettivamente realizzata neppure nella sua oggettività. Si lamenta, inoltre, che oltre alla erronea affermazione in diritto, l'impostazione fatta propria dalla CTR si pone in conflitto con la giurisprudenza di legittimità, tenuto conto che l'inserimento dell'attività commerciale della società contribuente nel delineato meccanismo fraudolento in danno dell'Erario (relativamente alle richiamate operazioni) ha interrotto il rapporto di inerenza tra i costi e l'attività aziendale, escludendolo. Si conclude chiedendo alla Corte di pronunciarsi sul seguente quesito di diritto: "In materia di imposte sul reddito di impresa, nell'ipotesi di fatture emesse in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti, il diritto alla deduzione dei costi sostenuti da parte del contribuente committente/cessionario è necessariamente subordinato all'assenza dei presupposti dell'illecito penale (anche alla luce della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis, pur non direttamente applicabili alla fattispecie), venendo in tal caso a mancare l'indefettibile requisito della relativa inerenza all'impresa dei relativi costi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 vecchio TUIR, intesa come rapporto tra un costo e lo svolgimento della specifica attività che costituisce ragion d'essere stessa dell'impresa, e che è onere del contribuente comprovare".

2. Va preliminarmente precisato che questa Corte non terrà conto della formulazione del quesito di diritto, atteso che la sentenza impugnata è stata depositata in data 19.10.2010 e l'art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica "ratione temporis" ai ricorsi proposti avverso le sentenze o provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2.3.2006 (data di entrata in vigore del menzionato decreto), e fino al 4.7.2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47.

3. Con l'unico motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta che i giudici di appello non avrebbero considerato che l'inserimento dell'attività commerciale della società contribuente nel delineato meccanismo fraudolento in danno dell'Erario, relativamente alle denunciate operazioni soggettivamente inesistenti, ha interrotto il rapporto di "inerenza" fra i costi e l'attività aziendale.

3.1. L'esame della censura esige una preliminare precisazione.

La L. n. 547 del 1993, art. 14, comma 4 bis prima delle recenti modifiche disponeva che: "nella determinazione dei redditi di cui all'art. 6, comma 1 testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato (...)".

Secondo l'interpretazione prevalente la norma ricomprendeva ogni costo relativo a qualsiasi bene o servizio collegato anche indirettamente a fattispecie criminose.

Il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1 ha sostituito integralmente il comma 4 bis disponendo che: "non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni e delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo (...)".

3.2. Ne consegue che, riguardo alle imposte sui redditi, a norma della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 -bis (nella formulazione introdotto con il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, conv. in L. n. 44 del 2012) sono deducibili per l'acquirente dei beni i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una frode carosello), per il solo fatto che essi sono sostenuti, anche per l'ipotesi che l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che a norma del TUIR siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (Cass. n. 10167 del 2012; Cass. n. 3258 del 2013; Cass. n. 12503 del 2013; Cass. n. 21992 del 2013; Cass. n. 24429 del 2013; Cass. n. 1565 del 2014; Cass. n. 26461 del 2014). Inoltre, in base a tale disposizione, non sono deducibili i costi e le spese dei beni o le prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo (Cass. n. 5342 del 2013). Infine, sempre con riguardo alle imposte sui redditi ma riferito ad operazioni oggettivamente inesistenti, la fittizietà dei componenti positivi che, ai sensi del D.L. 16 cit., art. 8, comma 2, ove direttamente afferenti a spese o ad altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (Cass. n. 25967 del 2013).

3.3. L'art. 8, comma 3 D.Lgs. cit. stabilisce, per quanto qui interessa, che le disposizioni di cui al citato comma 1 "si applicano, in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell'entrata in vigore" dello stesso comma 1, "ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo i provvedimenti emessi in base al citato comma 4 bis previgente non si siano resi definitivi".

Pertanto, in forza del regime transitorio dettato dal D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 3, la disposizione risulta applicabile alla fattispecie in esame, benchè riguardante un periodo di imposta antecedente a quello della sua entrata in vigore, risultando più favorevole rispetto a quella previgente, in quanto legittima una pretesa impositiva di importo inferiore a quella avanzata.

3.4. Ciò premesso, va precisato che sul tema questa Corte ha già avuto modo di rilevare, anche sulla scorta della relazione al disegno di legge di conversione del D.L. n. 16 del 2012, che la nuova normativa comporta che, poichè nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, i beni acquistati non sono stati utilizzati direttamente per commettere reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati (come nella specie è avvenuto), non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell'acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall'effettivo venditore perchè non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi a dette operazioni; ferma restando, tuttavia, la verifica della concreta deducibilità dei costi stessi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.

Ne consegue che il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, ha reso più stringenti i presupposti applicabilità del divieto di deducibilità dei cc.dd. "costi da reato", sancito dalla L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis.

Deve essere, pertanto, ribadito il principio di diritto in virtù del quale, in tema di imposte sui redditi, a norma della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1 (conv. in L. n. 44 del 2012), sono deducibili per l'acquirente dei beni i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere reato), anche per l'ipotesi che l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (Cass. n. 10167 del 2012, Cass. n. 3258 del 2013).

4. Da siffatti rilievi consegue il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

 

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