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Dopo la notifica di un avviso l’Agenzia delle Entrate non può “ripensarci” e sostituire il primo atto chiedendo di più. Infatti, la pretesa impositiva si è consumata con l’emissione del primo atto. Avviso annullato dalla Commissione Tributaria

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Estratto: “l'atto di annullamento in autotutela della Pubblica Amministrazione, con emissione di nuovo atto impositivo, per essere legittimo, non deve contenere una maggiore imposizione tributaria per il contribuente, in quanto la pretesa impositiva si è consumata con l'emissione del primo atto (poi annullato e sostituito)”.

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Comm. Trib. Reg. per l'Abruzzo Sezione/Collegio 7

Sentenza del 15/11/2018 n. 1094 -

Testo:

Con atto notificato in data 30 marzo 2018 M.P. riassumeva il giudizio di appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Chieti in data 13 gennaio 2014, nei confronti di Agenzia Entrate Chieti, a seguito di ordinanza della Corte di Cassazione. Esponeva che aveva errato la CTR nel ritenere infondato l'appello della parte privata avverso la sentenza della CTP che aveva rigettato il ricorso e che a seguito del provvedimento della Suprema Corte, che aveva annullato la sentenza della CTR, andava accolto l'appello della parte privata con riforma della sentenza di primo grado. Si costituiva l'Ufficio chiedendo il rigetto dell'appello. La Suprema Corte, nel giudicare sul ricorso proposto dalla parte privata avverso la sentenza della CTR con la quale era stato rigettato l'appello avverso la sentenza della CTP di Chieti che aveva rigettato il suo ricorso, ha respinto definitivamente il motivo di ricorso con il quale la parte privata contestata il metodo di calcolo della superficie computabile ai fini di stabilire le caratteristiche dell'abitazione di lusso, con conseguente esclusione del beneficio "prima casa". Ha, invece accolto il motivo di ricorso in merito alla motivazione in ordine ai presupposti per l'esercizio dell'autotutela sostitutiva da parte dell'Ufficio, ritenendo che il giudice di secondo grado ha omesso di pronunciarsi in merito alla legittimità dell'atto di autotutela contenente una maggiore imposizione tributaria. Il contribuente in via logicamente preliminare osserva che nel frattempo è entrata in vigore la legge n. 208 del 2015 la quale, nel rideterminare i requisiti per l'agevolazione prima casa, ha introdotto criteri diversi, come la classificazione catastale, rendendo inoperante il precedente criterio basato sulla superficie utile, che era stato oggetto di contestazione tra le parti. Senonchè, a prescindere dall'opinabilità dell'opinione relativa alla retroattività di tale criterio rispetto agli atti compiuti nel regime fiscale precedente (non trattandosi di abolitio criminis ma di modifica dei criteri per la concessione di una agevolazione fiscale), ciò che è decisivo nel caso di specie è che la questione è stata oggetto di contenzioso tra le parti che si è concluso, sul punto, con la sentenza della Suprema Corte che ha rigettato in modo definitivo il ricorso di parte, con valore di giudicato. Questo giudice di rinvio è stato incaricato di esaminare gli altri motivi, rispetto ai quali la sentenza di secondo grado è stata annullata, ma non può riesaminare un motivo di appello che è stato ormai definitivamente rigettato dalla Suprema Corte. Resta da esaminare il motivo di appello riguardante la pretesa illegittimità dell'esercizio del potere di autotutela della Pubblica Amministrazione. In fatto, l'Ufficio aveva emesso a carico del contribuente un avviso di liquidazione in data 7 dicembre 2011, con il quale l'Ufficio aveva revocato i benefici "prima casa" relativamente, per quanto riguarda il contribuente, alla quota di 1/3 di sua spettanza. Con successivo avviso di liquidazione notificato 1'8/2/2012 (oggetto della presente controversia), l'Ufficio ha annullato il precedente avviso di liquidazione, ed ha revocato il beneficio prima casa per l'intera quota di 3/3, senza modificare la base di calcolo, sostenendo che nel primo avviso vi era stato un errore materiale nell'imputazione al contribuente della quota di 1/3 invece del totale di 3/3. Sostiene il contribuente che tale secondo avviso di liquidazione è illegittimo, in quanto l'atto di annullamento in autotutela del primo avviso di liquidazione non poteva contenere una maggiore pretesa impositiva, ma solo la correzione di errori formali, essendosi ormai consolidata la pretesa esplicitata con il primo avviso di liquidazione. All'udienza del 19 luglio 2018 la controversia è stata decisa come da dispositivo che segue. L'appello è fondato. Infatti, l'atto di annullamento in autotutela della Pubblica Amministrazione, con emissione di nuovo atto impositivo, per essere legittimo, non deve contenere una maggiore imposizione tributaria per il contribuente, in quanto la pretesa impositiva si è consumata con l'emissione del primo atto (poi annullato e sostituito). Poiché nel caso di specie l'Amministrazione ha operato una modifica sostanziale dell'atto impositivo, affermando che la quota di pertinenza del contribuente da sottoporre a tassazione era l'intero, in vero che quella di un terzo indicata nel primo atto, non si è trattato di una semplice correzione di errore materiale, ma di un nuovo atto impositivo che si va sovrapporre a quello già emanato, in modo illegittimo. Pertanto, l'appello va accolto e l'atto impugnato va annullato. Data la particolarità della questione, le spese dell'intero giudizio, compreso il grado di cassazione, vanno compensate tra le parti. 

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, quale giudice di rinvio, sull'appello proposto da P.M. avverso la sentenza della Commissione Tributaria di Chieti in data 13 gennaio 2014, così provvede: accoglie l'appello e compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio

 

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