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Spese di pubblicità: l’Agenzia delle Entrate ha errato nel considerarle spese di rappresentanza. La Commissione Tributaria specifica le differenze tra i due tipi di spesa ed accoglie la tesi del contribuente.

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Estratto: “costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta

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Comm. Trib. Reg. per l'Abruzzo Sezione/Collegio 7

Sentenza del 15/11/2018 n. 1086 -

Testo:

1. Con sentenza n. 693 del 5/05/2016, depositata in data 6/10/2016, la Commissione tributaria provinciale di Pescara rigettava il ricorso proposto dalla B.G.O. SA (quale società incorporante la B.C.I. SA) avverso il diniego parziale della richiesta avanzata ai sensi dell'art. 38-ter d.P.R. n. 633 del 1972, di rimborso dell'IVA di cui alla fattura emessa da B. s.p.a. per il riaddebito alla società istante del costo sostenuto per l'organizzazione dell'evento denominato «F. A. G. 2008», sostenendo che quelle riaddebitate alla società non potevano considerarsi spese di pubblicità ex art. 108, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986, come tali integralmente rimborsabili alla società estera, ma spese di rappresentanza, invece rimborsabili nella minore misura prevista dall'art. 19-bis l, comma l, lett. h), d.P.R. citato. 1.1. A sostegno della decisione assunta la CTP affermava che le spese in questione erano da considerarsi di rappresentanza in quanto «affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa e a potenziare le possibilità di sviluppo come stabilito dalla Corte di Cassazione con Ordinanza n. 15193/2014 e CTR Abruzzo con sentenza n. 288/7/2016 del 29/02/16».

2. Avverso detta statuizione ha proposto impugnazione la società contribuente ribadendo la natura pubblicitaria delle spese sostenute.

3. Si è costituita l'Agenzia delle entrate che ha chiesto il rigetto dell'appello.

4. L'appellante ha depositato memorie ex artt. 32 e 61 d.lgs. n. 546 del 1992.

MOTIVI DELLA DECISIONE

l. Con il primo motivo d'appello la società contribuente assume la nullità della decisione di primo grado per difetto assoluto di motivazione.

2. Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in combinato disposto dagli artt. 111 e 24 Cost., sostenendo che il vizio motivazionale della sentenza impugnata integrerebbe anche un'omessa pronuncia sulle questioni di merito poste nel giudizio e riverbererebbe i suoi effetti anche sul diritto di difesa e di un giusto processo, tutelati costituzionalmente.

3. I motivi sono inammissibili ed infondati.

3.1. Sono inammissibili perché contrastano con il principio secondo il quale il vizio di motivazione della sentenza di primo grado, anche ove esistente (ma non è il caso di specie, per come si dirà appresso), non può comportare la riforma dell'impugnata sentenza, spettando al giudice di secondo grado colmare eventuali lacune motivazionali, essendo noto che il giudizio di appello costituisce, anche nel processo tributario, un gravame generale a carattere sostitutivo che impone al giudice dell'impugnazione di pronunciarsi e decidere sul merito della controversia (cfr. Cass. n. 3559 del 2010; n. 17127 del 2007), non essendo peraltro previsto, per tali casi, la rimessione alla commissione provinciale ex art. 59 d.lgs. n. 546 del 1992.

3.2. I motivi, come sopra anticipato, sono anche infondati in quanto la motivazione della sentenza, pur nella sua estrema concisione, rende possibile l'individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo adottato.

4. Con il terzo motivo l'appellante assume che la CTP ha violato le disposizioni in materia di spese di rappresentanza e spese di pubblicità, erroneamente qualificando come di rappresentanza quelle sostenute nel vaso di specie dalla società contribuente.

5. Il motivo è fondato e va accolto.

6. Preliminarmente si rende necessario sgombrare il campo dalla 'invasione' della sentenza di questa Commissione n. 288/7/2016 del 29/02116, che, su rinvio operato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 15193 del 2014, ha rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un precedente diniego di rimborso dell'IVA relativa a fatture per spese qualificate da questa CTR come di rappresentanza. Orbene, premesso preliminarmente che tale ultima statuizione non ha acquistato autorità di cosa giudicata, essendo stata impugnata dinanzi la Suprema Corte, osserva il Collegio che in quel caso non solo era completamente diverso l'evento promo-pubblicitario (svoltosi a Venezia) alle cui spese aveva contribuito la società, ma le spese erano finalizzate al "restauro della Scala d'Oro", ovvero a fatto completamente diverso da quello oggetto del presente giudizio.

7. Ciò posto, non può che ribadirsi, sotto il profilo di diritto, il principio già espresso dalla Corte di cassazione nella sopra indicata ordinanza n. 15193 del 2014, ovvero che «il criterio distintivo tra spese di pubblicità o propaganda e spese di rappresentanza, va individuato nella diversità, anche strategica, dei rispettivi obiettivi, svincolati nel secondo caso da una diretta aspettativa di ritorno commerciale, e collegati nel primo ad un incremento più o meno immediato della vendita di quanto realizzato nei vari cicli produttivi ed in determinati contesti, anche temporali; pertanto, fermo restando che entrambe le tipologie di costi debbono trovare giustificazione in iniziative coerenti con gli scopi dell'impresa, e che le une e le altre ne realizzano, in definitiva, gli interessi, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta» (in termini, più recentemente, Cass. n. 10910 del 27/05/2015 e n. 8121 del22 aprile 2016, nonché Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12676 del 23/05/2018, Rv. 648618, secondo cui «In tema di redditi d'impresa, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obbiettivi, anche strategici, perseguiti mediante le stesse, che, nella prima ipotesi, coincidono con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio, nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società, mentre, nell'altra, consistono in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto»).

8. In punto di fatto, osserva il Collegio che dalla documentazione prodotta in giudizio (e neppure contestata dall'Agenzia delle entrate nella sua portata dimostrativa), si evince che nel caso di specie l'evento organizzato dal noto marchio era riservato ad un ristretto numero di clienti «di fascia alta o altissima», selezionati principalmente in base alla capacità economica, perché destinato alla promozione e vendita di prodotti di alta gioielleria, cioè di quei prodotti alla cui gestione, sviluppo e vendita all'epoca provvedeva la B.C.I. SA, incorporata dall'odierna società appellante. Quanto sopra si desume dal contenuto del documento n. 7 allegato al ricorso originario, in cui si fa espresso riferimento agli «eventi dedicati all'Alta gioielleria, di cui BCI è il produttore e distributore, al fine di dimostrare e presentare con finalità di promozione e di vendita a Best Clients di tutto il mondo nuovi prodotti e collezioni di Alta Gioielleria», ovvero «di altissimo valore economico e di prestigiosa esclusività», ai «potenziali clienti [ ... ] invitati ed ospitati». E la conferma che si trattasse di iniziativa tendente esclusivamente alla pubblicizzazione di prodotti di alta gioielleria venduti dalla società contribuente a clienti selezionatissimi, e di certo non ad «accrescere il prestigio e l'immagine dell'azienda ed a potenziarne le possibilità di sviluppo» (nel senso prospettato dalla sopra citata giurisprudenza di legittimità), la si ricava inequivocabilmente dalla documentazione fotografica dell'evento in discorso prodotta in primo grado ed in relazione alla quale l'amministrazione finanziaria non ha sollevato alcun tipo di contestazione.

9. Conclusivamente, dal complesso delle argomentazioni sopra svolte, deve accogliersi l'appello con compensazione delle spese processuali in considerazione del rigetto di due dei motivi di appello ed in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale di L'Aquila, Sezione distaccata di Pescara, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. xxx/2017 r.g.a., ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e rigettata, così provvede: -accoglie l'appello e compensa le spese.

 

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