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Se i giudici hanno ritenuto insufficienti le prove offerte dall’Agenzia delle Entrate in ordine all’inesistenza soggettiva delle vendite trattasi di accertamenti di fatto non censurabili in cassazione. Rigettato il ricorso dell’Agenzia.

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Estratto: “sotto forma delle violazioni di legge dedotte nei due mezzi di impugnazione, vengono di fatto censurati gli accertamenti in fatto operati dalla CTR senza che sussistano i presupposti che rendono possibile il controllo di legittimità, ossia questa sia caratterizzata da un "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e da "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Ordinanza n. 1990 del 24 gennaio 2019

Rilevato che:

-Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania (in seguito, CTR), veniva rigettato l'appello proposto dalla AGENZIA DELLE ENTRATE, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli (in seguito, CTP) n.21/28/2013, a sua volta avente ad oggetto un avviso di accertamento per Iva, Ires e Irap per l'anno di imposta 2006, emesso nei confronti della I. S.P.A. (in seguito, la contribuente) per operazioni soggettivamente inesistenti di vendita poste in essere con società avente sede in Francia al fine di far figurare, mediante l'interposizione fittizia della società francese, che determinate operazioni di vendita di merci avessero natura intracomunitaria, e fossero quindi non soggette ad IVA, mentre le merci in concreto risultavano non essere mai state consegnate alla società francese e riportate, senza essere scaricate nel territorio italiano ove venivano rimesse in commercio e cedute a società diverse; in particolare, la ripresa riguardava sia costi non deducibili relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti per l'importo di C 6.948.683,35 ai fini IRES e IRAP, sia il recupero ai fini IVA dell'imposta indetraibile su costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti per € 1.389.736,37, sia, sempre ai fini IVA, il recupero ad imposta su operazioni di vendita non imponibili ritenute dai verificatori soggettivamente inesistenti per € 552.812,54;

- Avverso la sentenza della CTR propone ricorso l'Agenzia affidato a due motivi, mentre la contribuente resiste con controricorso;

Considerato che:

- Premesso che l'Agenzia propone ricorso solo per le riprese afferenti all'IVA, con il primo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione dell'art.2697 e degli artt.2727-2729 c.c., nonché dell'art.19 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, in relazione all'art.360 primo comma n.3 c.p.c. e all'art.62 primo comma d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546, per aver la CTR ritenuto fosse inesigibile dalla contribuente, che intendeva esercitare il diritto alla detrazione IVA, la verifica che l'emittente della fattura avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui alla fattura, che fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e pagamento dell'IVA, essendo sufficiente la regolarità formale della documentazione utilizzata;

- Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art.2697, degli artt.2727-2729 c.c. e dell'art.21 D.P.R. 26 ottobre 1972 in relazione agli artt.40 comma 9 e 41 del d.l. 30 agosto 1993 n.331, convertito in legge con modificazioni, dall'art. 1 comma 1 legge 29 ottobre 1993 n.427, ai fini dell'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. e all'art. 62 primo comma d.lgs 31 dicembre 1992 n. 546; in particolare, il motivo è centrato sull'emissione di fatture senza applicazione dell'IVA per le contestate cessioni intracomunitarie di beni rivenduti sul territorio nazionale, e censura l'illogica negazione da parte della CTR dell'effettivo ritorno della merce in Italia e della configurabilità dì un'operazione triangolare nel caso di specie, a causa dell'asserita insufficienza probatoria fornita dall'Agenzia, basata sulle dichiarazioni rese dal terzo trasportatore per la mancanza di elementi di riscontro;

-I motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili. A ben vedere, sotto forma delle violazioni di legge dedotte nei due mezzi di impugnazione, vengono di fatto censurati gli accertamenti in fatto operati dalla CTR senza che sussistano i presupposti che rendono possibile il controllo di legittimità, ossia questa sia caratterizzata da un "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e da "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053); infatti, La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, ha precisato la Corte nella sentenza da ultimo citata e sempre successivamente confermata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, "come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione" (Cass. 20 novembre 2015 n.23828; Cass. 12 ottobre 2017 n. 23940); - La natura meramente processuale della decisione, il fatto che l'inammissibilità dei motivi non sia stata eccepita dalla contribuente; ma rilevata d'ufficio, la relativa novità dell'interpretazione dell'art.360 primo comma n.5 c.p.c. fornita dalla giurisprudenza di legittimità al momento del radicamento del ricorso, e l'assenza di atti difensivi dell'Agenzia e della contribuente successivi agli atti introduttivi, unitamente ad altri elementi valutabili in questa sede, consentono la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso e compensa le spese di lite. (Lo Così deciso 1'11.9.2018

 

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