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Per contestare in cassazione la ratio decidendi di una sentenza che non abbia accolto l’interpretazione dei fatti dell’Agenzia delle Entrate, quest’ultima deve riferirsi a fatti certi e non solo probabili. Respinto ricorso dell’Agenzia delle Entrate

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Estratto: “il motivo investe la mancata considerazione di fatti, individuati nei rapporti esistenti tra le due società e nell'antieconomicità dell'operazione, che non appaiono tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, e da rendere la ratio decidendi priva di base”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 4043 del 12 febbraio 2019

RILEVATO CHE:

- l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 3 maggio 2012, che, in accoglimento dell'appello proposto dalla P. s.p.a., ha ritenuto illegittimo l'avviso di accertamento con cui, relativamente all'anno 2005, erano stati rideterminate l'i.r.pe.g., l'i.ra.p. e l'i.v.a. dovute e recuperate le imposte non versate;

- dall'esame della sentenza impugnata si evince che la ripresa fiscale muove dal disconoscimento del diritto di dedurre costi dichiarati, in quanto costi non di competenza, interessi passivi non deducibili e spese non documentate, di detrarre l'i.v.a., in quanto relativa a costi non deducibili, e di dedurre, ai fini i.r.a.p., costi, in quanto ritenuti non di competenza e non deducibili;

- dall'esame della sentenza impugnata si evince che la Commissione provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso della società contribuente, limitatamente alla ripresa relativa alla deduzione delle spese e, in parte, agli interessi passivi, il cui recupero era ridotto ad euro 5.052,11, e all'i.v.a. detratta, il cui recupero era ridotto ad euro 14.400,00;

- il giudice di appello ha accolto il gravame della contribuente, ritenendo che la documentazione prodotta evidenziava non solo l'inerenza e la competenza dei costi ritenuti non deducibili, già accertata dal giudice di primo grado, ma anche la «oggettiva determinabilità» e la «idonea documentazione» degli stessi;

- il ricorso è affidato ad un unico motivo;

- la P. s.p.a. non svolge alcuna attività difensiva;

CONSIDERATO CHE:

- con l'unico motivo di ricorso proposto l'Agenzia delle Entrate denuncia (ndr errore format) motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, nella parte in cui ha ritenuto svolte le prestazioni di cui ai costi in giudizio, in esecuzione di un accordo che sarebbe intercorso tra la contribuente e la B. s.r.l., senza considerare la stretta interconnessione societaria intercorrente tra i due soggetti, l'antieconomicità dell'accordo negoziale, nonché la mancanza di documentazione certa sulle prestazioni rese dalla predetta Bais s.r.l.;

- il motivo è inammissibile, in quanto, da un lato, si risolve, in una censura della complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata in ordine alla sufficienza e idoneità della documentazione prodotta a dimostrare l'assunto della contribuente, cui è contrapposta una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti;

- tale censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);

- dall'altro, il motivo investe la mancata considerazione di fatti, individuati nei rapporti esistenti tra le due società e nell'antieconomicità dell'operazione, che non appaiono tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, e da rendere la ratio decidendi priva di base (cfr. Cass., ord., 26 giugno 2018, n. 16812; Cass., ord., 28 settembre 2016, n. 19150);

- infatti, la detenzione da parte della B. s.r.l. di una quota di partecipazione al capitale sociale della contribuente e i legami esistenti tra le due società, sia sotto il profilo proprietario e gestionale, sia sotto quello operativo, non conduce necessariamente ad un accertamento di non effettività delle prestazioni rese dalla prima in favore della seconda;

- quanto alla antieconomicità delle operazioni, che, secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbe stata trascurata dalla Commissione regionale, la circostanza risulta essere priva del carattere della controversialità, richiesto dall'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. ai fini dell'accesso sindacato sulla motivazione del fatto, in quanto il ricorso non specifica l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e in quale atto, né ne riproduce il contenuto, non consentendo a questo Collegio di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione (cfr., ord., 21 novembre 2017, n. 27568; Cass. 22 gennaio 2013, n. 1435);

- pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto; - in ordine al governo delle spese processuali, nulla va disposto in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 15 novembre 2018.

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