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L’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci doveva essere disposta anche se appellante era la sola società. La Corte accoglie il ricorso di società e soci. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “l'omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l'inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d'ordinare l'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l'ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità (Cass. 30/10/2018, n. 27616; Cass., 27/05/2015, n. 10934). Dunque, non v'è chi non veda come sussisteva in secondo grado litisconsorzio processuale necessario, tra società e soci in relazione agli avvisi impugnati e, dunque, ha errato il giudice d'appello nel non disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci dell'appellante”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 34517 del 27 dicembre 2019

FATTI DI CAUSA

C. s.n.c. e i soci NT, GT, FT e CT impugnarono separatamente cinque avvisi di accertamento notificati dall'Agenzia delle Entrate, con i quali venne accertata una maggiore imposta IVA a carico della società, nonchè ripresi a tassazione maggiori redditi dei soci ai fini IRPEF, per l'anno 2010. Riuniti i ricorsi in primo grado, vennero parzialmente accolti quelli proposti dai soci, con una riduzione dei maggiori redditi accertati e respinto integralmente il ricorso della società; proposto appello dalla sola C. s.n.c., la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza depositata il giorno 8 aprile 2014, lo respinse. Avverso la detta sentenza, C. s.n.c., NT, GT, FT e CT hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre l'Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione nel giudizio. I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deducono i ricorrenti la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 102 e 331 c.p.c., nonché dell'art. 14 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, atteso che il giudice di merito non ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci della società appellante, pure litisconsorti processuali. 1.1. Il motivo è fondato.

Com'è noto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l'accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d'impugnazione, la necessità d'integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci. Tuttavia, qualora l'Agenzia delle Entrate abbia contestualmente proceduto, sia pur con distinti atti impositivi, all'accertamento dell'IVA e di altre imposte sui redditi, fondati su elementi anche solo in parte comuni, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l'inscindibilità delle due situazioni e l'esigenza, alla luce dell'art. 111 Cost., di evitare decisioni irragionevolmente contrastanti (Cass. 14/03/2018, n. 6303; Cass. 21/10/2015 n. 21340; Cass. 05/02/2015, n. 2094; Cass. 19/05/2010, n. 12236). Orbene, nella vicenda che ci occupa è incontroverso che, con il primo avviso di accertamento, l'Agenzia delle Entrate ha accertato un maggiore volume d'affari della società ricorrente, con conseguente rideterminazione dell'IVA dovuta, mentre con i successivi atti impositivi, notificati a tutti i soci della predetta società, sulla base del ridetto maggior volume d'affari, ha rideterminato il reddito da partecipazione sociale imputato per trasparenza ai soci. Del resto, è noto che nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l'inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l'omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l'inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d'ordinare l'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l'ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità (Cass. 30/10/2018, n. 27616; Cass., 27/05/2015, n. 10934). Dunque, non v'è chi non veda come sussisteva in secondo grado litisconsorzio processuale necessario, tra società e soci in relazione agli avvisi impugnati e, dunque, ha errato il giudice d'appello nel non disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci dell'appellante.

2. Con il secondo motivo lamentano violazione degli artt. 1 e 2 del d.p.r. 10 novembre 1997, n. 441, poiché il giudice dell'appello erroneamente non ha ritenuto provata l'avvenuta vendita a stock di talune merci, pure in difetto del relativo documento di trasporto.

2.1. Il motivo resta assorbito.

3. In definitiva, accolto il primo motivo del ricorso e assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, per disporre l'integrazione del contraddittorio e statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Assorbito il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per statuire sulle spese di legittimità. Così deciso in Roma, il giorno 14 novembre 2019.

 

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