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Le spese sostenute per ospitare la stampa rappresentano un costo deducibile ai fini II.DD. e detraibile ai fini IVA, in quanto vanno qualificate spese di pubblicità. Respinto il ricorso per Cassazione dell’Agenzia delle Entrate.

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MassimaSono detraibili come spese di pubblicità le spese di ospitalità per la stampa specializzata invitata ad eventi organizzati dal contribuente perché tendenti alla pubblicizzazione di prodotti dell'attività imprenditoriale. Nel caso di specie gli esborsi sopportati dalla società di moda evidenziano veri e propri costi funzionali del prodotto perché collegati a favore di coloro che provvedono alla diffusione mediatica dell'evento moda”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 1795 del 23 gennaio 2019

RILEVATO CHE

l'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva respinto l'appello dell'Ufficio avverso la sentenza n. 40/15/2008 della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento con cui erano state applicate maggiori imposte IVA (periodo 1.10.2005-30.9.2006) IRES (1.10.2004-30.9.2005) IRAP (medesimo periodo) a seguito della «qualificazione, alla stregua di comuni costi per le attività di impresa, degli esborsi sostenuti dalla società nell'organizzare il consueto evento celebrativo della moda dell'abbigliamento, anziché come spese di rappresentanza, qualificazione quest'ultima che drasticamente riduceva la relativa deducibilità agli effetti delle imposte dirette, restandone altresì escluso un loro computo in detrazione agli effetti IVA ai sensi dell'art. 19 bis del D.P.R. n. 633/1972»;

- l'Ufficio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell'art. 108 TUIR vigente ratione temporis nonché dell'art. 19bis, comma 1, lett. e) ed h) DPR 633/1972»; con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., «insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio»; la società contribuente si è costituita deducendo l'infondatezza del ricorso ed ha depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c.

CONSIDERATO CHE

1.1. i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati;

1.2. rileva il Collegio che sulle doglianze di analogo contenuto e proposte nell'ambito di un giudizio che ha visto come parti l'Agenzia delle Entrate e la società resistente, sebbene relativo a diverse annualità, ha già avuto modo di pronunziarsi questa Corte, rilevandone l'infondatezza;

1.3. infatti, con le pronunce nn. 8850/2016 e 8851/2016, alle cui conclusioni il Collegio reputa di dover prestare adesione, attesa l'assoluta conformità a diritto nonché la logicità e coerenza della argomentazioni, la Corte ha specificamente ritenuto corretta la soluzione di considerare quali spese di pubblicità gli esborsi sopportati da P. <per il viaggio e l'alloggio nei vari alberghi della città e di ristorazione dei giornalisti chiamati a presenziare alla mostra e delle personalità invitate a parteciparvi al fine di darle lustro o, comunque, per focalizzare su di essa la attenzione generale»;

1.4. la CTR Toscana con l'impugnata sentenza ha confermato la decisione che in primo grado, su ricorso di P., aveva ritenuto illegittimo il recupero a tassazione dell'IRES/IRAP e dell'IVA portata in detrazione dalla contribuente in relazione alle spese di intrattenimento sostenute per la partecipazione dei giornalisti alle manifestazioni gestite nel settore dell'abbigliamento, da essa organizzate nel periodo 2004/2005;

1.5. la CTR, richiamato l'oggetto dell'attività di impresa proprio della contribuente - <Diffusione valorizzazione del messaggio promozionale ... di così importante rassegna di moda in ogni ambito con risvolti economici innegabili, quale simbolo e cartello dello stile italiano nel settore dell'abbigliamento; ciò con il peculiare effetto che partecipi in prima persona di detti benefici economici sono destinati ad essere proprio gli espositori, ovvero i "marchi" della moda, grazie alla valorizzazione degli articoli da loro presentati, e la contestuale acquisizione di credibilità e prestigio dell'evento organizzato da P.» -, ha affermato che <quanto detto evidenzia la stretta attinenza, quali veri e propri costi funzionali al "prodotto" della società P., delle spese dianzi menzionate in favore di coloro ai quali è legata direttamente od indirettamente la visibilità della rassegna gestita dalla società contribuente e necessarie per la diffusione mediatica di tale evento fieristico della moda nel vestire»;

1.6. l'Agenzia ricorrente lamenta ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. errore di diritto nell'applicazione dell'art. 19 bis, comma 1, lett. e) ed h) DPR 633/1972, in quanto la CTR, contravvenendo ai noti insegnamenti in materia di distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, “ha ritenuto che le spese recuperate dall'ufficio avessero natura di spese di pubblicità e, quindi, fossero funzionalmente collegate a fatti generatori di ricavi deducibili ai finI delle II.DD. e dell'IVA» mancando invece di affermare che «in assenza di diretta finalità promozionale, attesa la gratuità del vantaggio e la terzietà dei fruitori del vantaggio stesso, concesso dalla società, le spese in parola dovessero essere inquadrate tra le spese di rappresentanza», nonché ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., carenze motivazionali per avere la CTR «omesso di illustrare e di precisare sulla base di quale collegamento logico sia stato ritenuto che le spese di ospitalità, i rimborsi, ecc. non siano spese di rappresentanza indeducibili, ma spese dì pubblicità funzionalmente collegate a fatti generatori di ricavi e, quindi, deducibili ai finì IVA”.

1.7. Orbene, da una parte, in linea di principio, va ribadito il criterio di distinzione richiamato dalla ricorrente, alla stregua del quale, come questa Corte ha più volte ribadito, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese di pubblicità o di propaganda quelle sostenute per iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta, e ciò sebbene, con riguardo alla speciale tipologia di spesa, qualche oscillazione del quadro giurisprudenziale non sia del tutto mancata, per esempio, in relazione alle spese sostenute per l'organizzazione di congressi e convegni di breve durata, che in passato erano state incluse tra le spese pubblicitarie (cfr. Cass. nn. 25053/2006; 15268/2000), mentre successivamente sono state ricondotte stabilmente alle spese di rappresentanza (cfr. Cass. nn. 24932/2013; 2276/2011; 21270/2008; o ancora rispetto alle spese per i pranzi offerti alla clientela, talora intese come spese di pubblicità se sussista una diretta finalità promozionale di incremento delle vendite (cfr. Cass. nn. 10959/2007; 7803/2000) e, più di recente, insieme alle spese di alloggio, considerate invece puramente e semplicemente come spese di rappresentanza (cfr. Cass. n. 9715/2015);

1.8. è d'uopo al contempo evidenziare — in questo sostanziandosi un aspetto della questione che anche questa Corte non ha mancato di ricordare sottolineando, con diretto riferimento al principio di inerenza che governa tanto nella disciplina dell'IVA che in quella delle imposte dirette il meccanismo della detraibilità/deducibilità “che entrambe le tipologie di costi debbono trovare giustificazione in iniziative coerenti con gli scopi dell'impresa» (cfr. Cass. n 9567/2007) — l'orientamento a suo tempo espresso dal soppresso Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, che, nel prendere posizione sull'argomento nel proprio parere n. 16 del 16.5.2006, è venuto significativamente ad affermare che «se tra i costi e i ricavi esiste uno stringente legame eziologico non si verte nell'ambito delle spese di rappresentanza o pubblicità, bensì in quello dei componenti negativi di reddito direttamente afferenti l'attività d'impresa, in quanto tali interamente deducibili dal reddito”.

1.9. né infine va taciuto, poiché si iscrive indirettamente in questo stesso ordine di idee, il fatto che anche la giurisprudenza comunitaria, attinta in ordine all'applicabilità dell'art. 6, par. 2, n 2 della Dir CEE 388/77, trasfuso ora nell'art. 26, par. 1, lett. b) della Dir CEE 112/06 — che assimila alle prestazioni di servizi a titolo oneroso le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa — ad una fattispecie in cui era in discussione la detraibilità dell'imposta sulla somministrazione gratuita di pasti effettuata nei rapporti d'affari durante le riunioni di lavoro, ha avuto modo di chiarire che onde venire a capo della questione occorra “in primo luogo, esaminare se la fornitura a titolo gratuito di pasti da parte delle mense d'imprese nei rapporti d'affari durante le riunioni di lavoro costituisca una prestazione di servizi effettuata dal soggetto passivo per scopi estranei alla sua impresa” (cfr. C. &List. 11.2.2008, C- 371/07, Danfoss);

1.10. procedendo lungo questa linea di pensiero è dunque convinzione del Collegio che la CTR, nell'occasione, all'atto di ritenere che le spese sostenute dalla contribuente per l'ospitalità dei giornalisti invitati a presenziare alle proprie iniziative fieristiche non siano spese di rappresentanza indeducibili, ma esborsi «direttamente correlati alla diffusione e promozione pubblicitaria della rassegna in parola>>, evidenziando la «stretta attinenza, quali veri e propri costi funzionali ai "prodotto" della società P., delle spese dianzi menzionate in favore di coloro ai quali è legata direttamente od indirettamente la visibilità della rassegna gestita dalla società contribuente e necessarie per la diffusione mediatica di tale evento fieristico della moda nel vestire», non sia incorsa in alcun errore di diritto sentenza impugnata, risultando la pronuncia al contempo anche congruamente motivata ed immune da vizi logico-giuridici;

1.11. diversamente da quanto ritiene l'Agenzia ricorrente, occorre invero muovere — onde aver contezza del sostanziale allineamento della decisione rispetto al ricordato quadro di riferimento — dalla constatazione che il Giudice d'appello ha inteso legare nella specie la propria determinazione all'oggetto dell'attività di impresa propria della P. s.r.I., incentrata «sulla diffusione e valorizzazione del messaggio promozionale.. di così importante rassegna di moda in ogni ambito con risvolti economici innegabili"; 1.12. è un dato di fatto riconosciuto dalla sentenza — e da cui non dissente la ricorrente Agenzia — che l'attività in concreto disimpegnata dalla contribuente consista nella produzione e nella realizzazione di eventi finalizzati alla valorizzazione del comparto attraverso un'ampia articolazione di standard operativi che culminano in genere nell'organizzazione di importanti rassegne fieristiche; 1.13. in questa cornice non può sfuggire che il successo delle iniziative realizzate da P. — e quindi fiscalmente parlando la vendibilità del bene offerto ovvero l'utilità del servizio prestato — dipendono in larga misura, oltre che dall'indubbio richiamo che tradizionalmente esercita la moda italiana, dalla risonanza che gli eventi da essa organizzati sono in grado di conquistarsi nella vasta platea degli interessati, risultando intuitivo che maggiore è la capacità dell'evento di catalizzare l'attenzione del pubblico, maggiore sarà l'interesse degli operatori del settore a prendervi parte;

1.14. in tutto questo, nella creazione, segnatamente, intorno alla singola manifestazione di un clima di diffusa sensibilizzazione mediatica un ruolo certo non secondario giocano la stampa e l'editoria specializzata, giacché è per mezzo dell'attenzione che esse riservano all'evento che si realizza profittevolmente la missione aziendale della contribuente, e dunque, se il bene o il servizio si vendono perché gli operatori del settore lo considerano utile al proprio business e se a suscitare l'interesse di costoro sono i resoconti che la stampa specializzata vi dedica, non è censurabile la conclusione a cui è pervenuta la CTR nel ritenere che le spese oggetto di ripresa non siano spese di rappresentanza indeducibili, ma spese di pubblicità;

1.15. non diversamente, del resto, dalle comune spese di pubblicità che sono dirette a promuovere la conoscenza tra i consumatori dei beni prodotti o dei servizi prestati dall'azienda in tal modo perseguendo finalità direttamente incrementative delle vendite, anche le spese per l'ospitalità della stampa specializzata che è chiamata a presenziare agli eventi fieristici organizzati dalla contribuente contribuiscono alla vendibilità del bene o del sevizio che essa produce e vanno conseguentemente inquadrate tra le spese pubblicitarie, onde del tutto legittima ne è la loro detrazione;

2. il ricorso va dunque respinto;

3. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l'Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 16.7.2018.

 

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Letto 2007 volte
DLP

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