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Per considerare i documenti non esibiti come “inutilizzabili” in giudizio, deve essere provato anche il dolo del contribuente. Accolto il ricorso della società contribuente che era stata accusata di utilizzo di false fatture Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la preclusione all'utilizzazione di tali documenti necessita: la non veridicità della dichiarazione del contribuente, resa nel corso di un accesso, di non possedere la documentazione richiestagli e, più in generale, il suo concretarsi in un sostanziale rifiuto di esibizione; la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5 

Ordinanza n. 27660 del 29 ottobre 2019

RILEVATO CHE:

- la H. s.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 30 dicembre 2013, che, in accoglimento dell'appello dell'Ufficio, ha respinto il suo ricorso per l'annullamento di un avviso di accertamento con cui, relativamente all'anno 2006, era stata contestata l'indebita deduzione di costi e detrazione della relativa i.v.a., in quanto relative ad operazioni inesistenti; - dall'esame della sentenza impugnata si evince che l'atto impositivo aveva ad oggetto alcune operazioni asseritamente intrattenute dalla contribuente con l'impresa del sig. P. e traeva origine dal mancato rinvenimento presso quest'ultime delle relative fatture, nonché dall'assenza di elementi documentali idonei a dimostrare l'effettivo pagamento degli importi ivi indicati e dalle anomalie risultanti dal confronto delle fatture esibite dalla contribuente con quelle rinvenute presso l'impresa P.;

- il giudice di appello dà atto che la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente osservando che, nonostante l'evidente irregolarità commessa dal fornitore, la documentazione acquisita evidenziava l'effettività del rapporto intercorso;

- quindi, dopo aver premesso l'inutilizzabilità della documentazione offerta in giudizio dalla contribuente, per violazione degli artt. 32 e 52, quinto comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ha ritenuto non sufficientemente dimostrata l'esistenza delle operazioni indicate nelle fatture rilevate, avuto riguardo all'assenza di mezzi di pagamento delle stesse, alla discrepanza tra le fatture esibite della contribuente quelle acquisite dall'ufficio accertatore in relazione alla posizione dell'impresa P., alla mancata esibizione del contratto esecuzione quale le prestazioni indicate nelle fatture delle fatture sarebbero state rese, nonché alla in coerenza tra importi delle fatture contestate e la struttura della predetta impresa P., caratterizzata presenza di una modesta forza lavoro e da un non elevato valore dei ricavi;

- il ricorso è affidato a tre motivi;

- resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate;

CONSIDERATO CHE:

- con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 52, quinto comma, d.P.R. n. 633 del 1972, per aver la sentenza impugnata ritenuto inammissibile la sua produzione documentale, benché la stessa fosse già stata presentata l'Ufficio in data anteriore alla notifica dell'atto impositivo impugnato e, comunque, in assenza di una condotta dolosa o colposa della contribuente;

- il motivo è fondato; - in tema di accertamento, l'omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l'amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall'avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l'esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica (così, da ultimo, Cass. n. 7011 del 21/03/2018); - ciò in quanto la preclusione all'utilizzazione di tali documenti necessita: la non veridicità della dichiarazione del contribuente, resa nel corso di un accesso, di non possedere la documentazione richiestagli e, più in generale, il suo concretarsi in un sostanziale rifiuto di esibizione; la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento (così, Cass. Sez. Un., 25 febbraio 2000, n. 45);

- la Commissione regionale, nel ritenere inammissibile la produzione documentale effettuata nel corso del giudizio di primo grado dalla contribuente in quanto non esibita nel corso dell'accesso e benché la richiesta fosse stata accompagnata dall'avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, in quanto ha omesso di verificare la ricorrenza anche dell'ulteriore requisito caratterizzato dal dolo della contribuente;

- all'accoglimento del primo motivo di ricorso segue l'assorbimento dei motivi residui, con cui si deduce, rispettivamente, l'insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, nella parte in cui la sentenza di appello non ha esaminato il contenuto dei documenti prodotti (secondo motivo), e la violazione dell'art. 2697 c.c., in ordine al ritenuto assolvimento dell'onere della prova da parte dell'Ufficio in ordine alla pretesa creditoria vantata con l'atto impositivo (terzo motivo);

- la sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 3 luglio 2019.

 

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