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Estratto: “la garanzia di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione”.

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Estratto: “CTR ha in effetti semplicemente accertato «in fatto» che il prezzo di vendita finale delle scarpe cinesi, seppur quasi raddoppiato rispetto al valore dichiarato in dogana, «non era indicativo di per sé di alcun illecito fiscale (…) questo accertamento «in fatto» circa la mancanza di prova che i valori dichiarati in dogana fossero davvero inferiori a quelli reali, non può essere aggredito con il «nuovo» art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., atteso che quest'ultimo garantisce la motivazione soltanto «nel minimo costituzionale»; e considerando inoltre che la Regionale ha preso in esame sia l'aggiramento del «contingentamento» all'importazione, reputandolo sì illecito, ma ininfluente, sia il più elevato prezzo di cessione finale delle scarpe oggetto di trading, ritenendolo tuttavia irrilevante (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014)”.

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Estratto: “il motivo è fondato alla luce della giurisprudenza domestica che da un paio d'anni, sulla scorta di quella unionale, si è ormai consolidata nel senso che in caso di deposito fiscale cosiddetto «virtuale», in assenza di frodi, qui non in discussione, l'amministrazione non può pretendere l’IVA all'importazione relativa alla merce immessa in libera pratica, concretandosi il «fisico» deposito in un semplice adempimento «formale» che non può incidere sul fondamentale principio di neutralità del tributo”; Secondo estratto: “questa Corte ha avuto occasione di ribadire il principio per cui: «l'amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all'art. 50 bis, comma 4, lett. b), d.l. n. 331 cit., qualora costui abbia già provveduto all'adempimento, sebbene tardivo, dell'obbligazione tributaria nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile mediante un'autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite”.

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Estratto: “la medesima citata pronuncia della Corte di giustizia ha peraltro sancito che esso deve rispettare il principio di "proporzionalità" (punti 34 ss.), affermando altresì che la previsione interna (30% dell'importo dell'imposta: art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997) può, almeno in astratto, considerarsi "sproporzionata" e che quindi deve essere il giudice nazionale a determinarla in concreto al fine di renderla "proporzionata"”.

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Estratto: “sopravvenuto annullamento dell'avviso di rettifica in esame per effetto della citata sentenza (…), passata in giudicato. Sebbene tale annullamento sia stato pronunciato nei confronti dell'altra parte contraente (acquirente), non vi è dubbio che di esso possa giovarsi, ex art. 1306 2^ co.cod.civ., anche l'odierna ricorrente, attinta da un titolo di responsabilità solidale; ciò sul presupposto che le cartelle a quest'ultima notificate prendono anch'esse origine e fondamento proprio dall'atto impositivo annullato, riferito allo stesso atto di compravendita ed emesso all'esito, come già osservato, di un'attività accertativa unitaria”.

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Estratto: “per giurisprudenza di legittimità consolidata, confortata anche da una decisione delle sezioni unite, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. (…) la scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 (…) Pertanto, anche la predisposizione di una memoria difensiva da parte della contribuente nel minore termine concesso, non può eliminare l'illegittimità del provvedimento”.

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Estratto: “è legittima l'emissione di un provvedimento di accertamento anche quando lo stesso non importi la pretesa di esazione di maggiori tributi, ma non comporta affatto, come vorrebbe la ricorrente, l'affermazione che, a tutela di futuri accertamenti, sia possibile contestare sine die le elusioni, o altra forma di irregolarità, presente nella dichiarazione dei redditi. Il termine per la contestazione, infatti, è fissato dall'art. 43 (Termine per l'accertamento), del Dpr n. 600 del 1973”.

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Estratto: “qualora la decisione abbia annullato la pretesa, ancorchè non definitivamente perché non passata in giudicato, ugualmente di quella pretesa non può più tenersene conto ai fini della misura cautelare già adottata dalla Agenzia, caducandosi dunque le ragioni per il permanere della sospensione”.

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Estratto: “Il giudice del rinvio avrebbe dovuto attendere a questa valutazione, sulla base degli elementi allegati dalle parti nel processo, sino alla totale conferma dei valori attribuiti dall'Ufficio - qualora da questo allegati ulteriori elementi oltre i valori OMI - oppure sino al riconoscimento integrale dei valori dichiarati dai contribuenti. Era comunque necessario che la rideterminazione dei valori, diversi da quelli dichiarati, fosse fondata su elementi presuntivi gravi precisi e concordanti ex art. 2697 c.c.”.

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Estratto: “essendosi pacificamente trattato - a fronte del mancato superamento da parte della Amministrazione dei dubbi circa la non corrispondenza del valore dichiarato in dogana a quello del prezzo pagato o da pagare - di una successiva rideterminazione da parte dell'Amministrazione del valore in dogana della merce importata elevando il valore unitario dichiarato di euro 0,50 a euro 1,75 - mediante il ricorso al valore medio di merce similare risultante dalla banca dati MERCE - l'Agenzia ha impiegato un metodo di determinazione non immediatamente sussidiario (ossia quello fondato in base all'art. 30 sul valore di transazione di merci identiche ...) rispetto a quello ancorato al valore di transazione, senza allegare le ragioni che escludevano la possibilità di rispettare la precisa sequenza dei metodi di cui agli articoli 30 e 31 del codice doganale”.

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