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Estratto: “la società contribuente non aveva svolto alcuna attività di organizzazione di eventi in Italia o altre prestazioni e che, in questo contesto, assumeva invero rilevanza fondamentale la sussistenza, a monte, di un rapporto negoziale di promozione del marchio in favore della società spagnola, sicchè la società aveva acquistato, al solo fine di adempiere al suddetto rapporto negoziale, alcuni prodotti in Italia. È proprio in funzione della necessaria attuazione dell'obbligo negoziale di promozione del marchio che la sentenza impugnata colloca l'attività di vendita del prodotto pubblicitario acquisito dalla ricorrente, e tale profilo ha costituito il punto centrale della considerazione, espressa dal giudice del gravame, che non vi era stata nessuna prestazione attiva svolta dalla ricorrente in Italia. Questo profilo non è stato colto dal motivo di censura in esame”.

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Estratto: “la cessione, da parte di un imprenditore agricolo, di un terreno divenuto edificabile non rientra - avendo il suddetto terreno perduto la qualità di bene strumentale all'esercizio dell'impresa - tra le operazioni imponibili ex art. 1, d.P.R. n.633 del 1972, sicché deve assoggettarsi all'imposta proporzionale di registro e non all'I.V.A. (cfr. Cass., ord., 24 gennaio 2019, n. 2017; Cass. 9 aprile 2014, n. 8327); - una siffatta tesi interpretativa è coerente con la giurisprudenza unionale”.

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Estratto: “dalla lettura della motivazione della impugnata sentenza ("sono proprio le modalità - la cui illustrazione, si badi, è del tutto assente nel corpo della decisione - attraverso le quali si sono realizzate le operazioni commerciali, che palesano la carenza di buona fede da parte del contribuente"), infatti, non è dato cogliere quali siano gli elementi (anche, per quanto detto, di carattere presuntivo) valorizzati dalla C.T.R. onde giungere alla conclusione della consapevolezza, ad opera della S., di partecipare ad una frode carosello; - che l'impugnata decisione debba essere, pertanto, cassata”.

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Estratto: “questa Corte ha già chiarito che, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, per i tributi armonizzati, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto, purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa”.

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Estratto: “ove l'Ufficio, come nel presente caso, contesti - adottando l'accertamento induttivo - la ricostruzione globale del reddito e delle operazioni rilevanti a fini IVA in capo al contribuente, disconoscendo in toto, attraverso l'accertamento di un debito d'imposta inevaso, la sussistenza del credito da questi esposto, l'effetto interruttivo/ sospensivo della prescrizione derivante dalla proposizione della domanda giudiziale si produce; - è evidente, poi, come subordinare il mancato decorso della prescrizione del diritto al rimborso all'instaurazione di un autonomo, ulteriore giudizio (indubitabilmente connesso al primo o quantomeno da questo pregiudicato) implicherebbe l'imposizione a carico del contribuente di un onere processuale ingiustificatamente gravoso, in violazione anche dei principi del c.d. "giusto processo”.

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Estratto: “il giudizio di congruità non investe il giudizio di inerenza, ma la contestazione dell'Ufficio e, in particolare, i contenuti della prova posta a suo carico, che non può essere soddisfatta adducendo la mera antieconomicità dell'operazione, di per sé priva di rilievo. Ciò significa che, in materia di I.V.A., «l'inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l'Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell'assenza di connessione tra costo e l'attività d'impresa»”.

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Estratto: “il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito di impresa, ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta, in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (…) in tema di IVA, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa”.

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Estratto: “rappresenta principio ormai consolidato (…) quello per cui l'I.V.A. conseguente all'importazione costituisce un tributo interno non assimilabile ai dazi, sebbene con essi condivida il fatto di trarre origine dall'importazione nell'Unione e dall'introduzione nel circuito economico degli Stati membri, sicché può essere assolta mediante il meccanismo contabile del reverse charge, che non configura di per sé un congegno elusivo o frodatorio”.

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Estratto: “in materia di depositi fiscali questa Corte ha affermato il principio secondo il quale «l'Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all'art. 50-bis, comma 4, lett. b), del d.l. n. 331 del 1993, conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all'adempimento, sebbene tardivo, dell'obbligazione tributaria nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile mediante un'autofatturazione”.

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Estratto: “lo stesso art. 10, comma 1, num. 27- ter, del d.P.R. n. 633 del 1972 non detta alcun criterio ulteriore che valga a selezionare tra gli «enti aventi finalità di assistenza sociale» quelli che sarebbero riconosciuti come tali ai fini dell'esenzione dall'IVA; dall'altro la giurisprudenza comunitaria (sia pur con riferimento all'art. 13, parte A, lett. b) della predetta Direttiva U.E. n.77/388/CEE) ha affermato che nessuna disposizione della sesta direttiva richiede che il riconoscimento venga concesso in seguito ad un procedimento formale, né che esso sia espressamente previsto da disposizioni nazionali in materia fiscale (Corte Giustizia, 6 novembre 2003, Dornier, C-45/01), potendo pertanto il relativo accertamento essere rimesso al giudice del caso concreto”.

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