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Estratto: le doglianze della contribuente circa la valenza probatoria attribuita dal giudice di appello alla perizia di stima dell'Agenzia del Territorio sono fondate, stante l'orientamento di questa Corte per cui "In tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell'UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perché proveniente da un'articolazione dell'Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sè sufficiente a supportare l'atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi ed essendo, altresì, tenuto ad esplicitare le ragioni del proprio convincimento”.

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Accertamento fiscale lavanderie: quando le metodologie di controllo non portano a risultati realistici. Esempi di casi in cui il contribuente ha vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate

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Estratto: “l'automatica trasposizione del valore dato al cespite ai fini dell'imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza per la tassazione IRPEF, non trova più ingresso in sede di valutazione della prova, nel senso che non è possibile ricondurre a quel solo dato il fondamento dell'accertamento, dovendo invece provvedere l'Ufficio a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente (Cass. n. 2610/2019), pertanto allegate le prove presuntive da parte dell'Agenzia, spetterà a quest'ultimo opporre prova contraria”.

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Estratto: “la censura coglie nel segno, posto che la CR ha errato nell'accertare la controversa percorrenza media della corsa in taxi nel contesto territoriale interessato, facendo ricorso ad un ragionamento presuntivo che ha omesso ogni verifica della gravità e della concordanza degli elementi indiziari con riferimento alla circostanza da accertare, limitandosi invece a riferire l'attendibilità dei dati utilizzati riferendola alla fonte del dato ed alla sua diffusione ed utilizzazione”.

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Estratto: “Ha (...) errato il giudice a quo nel ritenere, implicitamente ma inequivocabilmente, valida la notifica del questionario, tanto da ritenere che la mancata risposta allo stesso avrebbe determinato le conseguenze dell'inutilizzabilità dei documenti e dei dati non forniti dal contribuente, nella fase preventiva all'emissione dell'accertamento, ai sensi dell'art. 25 della legge 18 febbraio 1999, n. 25. (...)Tuttavia, ai fini della prova dei presupposti dell'imposizione erariale, ha errato il giudice a quo, laddove ha tratto dalla mancata risposta del contribuente al questionario, in realtà non notificatogli, valutazioni istruttorie e l'inutilizzabilità della documentazione e dei dati solo successivamente, in sede contenziosa, prodotti dal contribuente”.

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Estratto: “La ricorrente ha dato conto della motivazione della sentenza -sopra riassunta- riportandola per esteso nel ricorso; tuttavia, per come risulta confezionato il motivo di cui consta il ricorso, non è possibile rinvenire la censura indirizzata alla sentenza: è denunciata la violazione la falsa applicazione di norme di legge, non sono però indicate le affermazioni in diritto presenti nella sentenza della CTR che si assumono in contrasto con predette norme”.

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Estratto: “le condizioni di operatività della contribuente risultano dalla documentazione fiscale emessa per i canoni di affitto e dalla dichiarazione IVA per l'anno 2003", osserva il collegio che una sentenza siffatta non può  essere censurata -come fa l'ufficio con l'odierno ricorso- ai sensi del n. 3 comma 1 art. 360 c.p.c., che contempla la violazione di legge e/o la falsa applicazione di legge; cioè, quanto al primo vizio, erronea individuazione (configurabile sia in positivo -come esistenza- sia in negativo -come inesistenza) della norma e, quanto al secondo vizio, riferimento improprio della fattispecie concreta a quella astratta e, dunque, applicazione erronea della norma al caso concreto”.

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Estratto: “Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza: il motivo infatti si esaurisce nelle considerazioni sopra trascritte e nel mero richiamo delle argomentazioni svolte nella fase del merito in forza delle quali la cartella di pagamento atteneva ad imposte dichiarate e non versate, liquidate a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis DPR 600/73”.

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Estratto: “Premesso che la eccezione della insussistenza del credito con correlata richiesta di produzione della documentazione idonea a provarne la sussistenza è stata avanzata per la prima volta in appello, l'assunto di parte ricorrente è tutto incentrato sul fatto che -in fattispecie quale quella in esame di diniego di rimborso tributo- il contribuente assume il ruolo di attore e su di lui incombe l'onere della prova non assolto con la mera esposizione della propria pretesa restitutoria nella dichiarazione presentata con riguardo all'IVA: si tratta di deduzioni, che lungi dal paralizzare il carattere di novità che accompagna l'eccezione in parola, incorrendo nel presente difetto di autosufficienza, che impone di dichiarare inammissibile il ricorso”.

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Estratto: “l'esercente attività d'impresa o professionale può dedurre dai redditi d'impresa i costi occorsi per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di un immobile condotto in locazione, anche se si tratta di un bene di proprietà di terzi, purché sussista il requisito dell'inerenza, avente valenza qualitativa, e quindi da intendersi come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l'attività svolta».

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