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Estratto: “per giurisprudenza di legittimità consolidata, confortata anche da una decisione delle sezioni unite, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. (…) la scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 (…) Pertanto, anche la predisposizione di una memoria difensiva da parte della contribuente nel minore termine concesso, non può eliminare l'illegittimità del provvedimento”.

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Estratto: “Il giudice del rinvio avrebbe dovuto attendere a questa valutazione, sulla base degli elementi allegati dalle parti nel processo, sino alla totale conferma dei valori attribuiti dall'Ufficio - qualora da questo allegati ulteriori elementi oltre i valori OMI - oppure sino al riconoscimento integrale dei valori dichiarati dai contribuenti. Era comunque necessario che la rideterminazione dei valori, diversi da quelli dichiarati, fosse fondata su elementi presuntivi gravi precisi e concordanti ex art. 2697 c.c.”.

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Estratto: “i giudici di appello, dopo avere affermato che il contribuente aveva prodotto documentazione a giustificazione delle modalità con cui era venuto in possesso delle somme utilizzate per l'acquisto dell'immobile, per avere fatto espresso riferimento ad un atto di liberalità ad opera del padre G.P. ed avere allegato copia degli assegni circolari emessi da quest'ultimo in favore dei venditori e della Banca anche ai fini della cancellazione dell'ipoteca iscritta sull'immobile, non hanno adeguatamente valutato la idoneità degli elementi offerti dal contribuente e non hanno, in particolare, spiegato le ragioni per cui la donazione non risulterebbe idoneamente documentata, né i motivi per cui la dedotta liberalità non sarebbe sufficiente a superare gli elementi presuntivi su cui si fondano gli avvisi impugnati, considerato che le circostanze addotte dal contribuente non appaiono generiche, ma supportate da riscontro documentale, e non si discostano dall'obiettivo dimostrativo richiesto dall'art. 38 del d.P.R. n. 600/1973”.

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Estratto: “la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

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Estratto: “il ricorso trova accoglimento dovendo applicarsi al caso di specie la novella, successivamente intervenuta e introdotta dal d.l. n. 16 del 2012 in merito ai costi sostenuti ai fini della produzione del reddito, pur riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti, per effetto della applicazione retroattiva della disciplina. A tal fine la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14 co. 4 bis della I. n. 537 del 1993 -nella formulazione introdotta dall'art. 8 co. 1 del d.l. n. 16 del 2012, convertito in I. n. 44 del 2012-, che opera, in ragione del co. 3 della stessa disposizione, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, inserite in una "frode carosello", per il solo fatto che siano stati sostenuti. Ciò anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni”.

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Estratto: “l'avviso di accertamento impugnato è stato emesso sull'assunto che il corrispettivo, rilevante ai fini Irpef, ritratto dal contribuente dalla vendita del terreno fosse pari al valore accertato ai fini dell'imposta di registro; 3.2. l'assunto è stato condiviso dalla commissione tributaria regionale della Campania nella sentenza impugnata; 3.3. come già sottolineato da questa Corte nella sentenza n.13569/2017, tale assunto contrasta con la previsione dell'art.5, comma 3, del d.lgs. 14 settembre 2015, n.147 (applicabile anche ai giudizi in corso, come ricordato nella medesima sentenza con richiamo a conformi precedenti)”.

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Estratto: “il Collegio ritiene che la qualificazione catastale del bene non può non tener conto della destinazione urbanistica ed edilizia del bene. Da tanto discende il legittimo accoglimento da parte del giudice di prime cure delle ragioni dell'odierno appellato”.

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Estratto: “la giurisprudenza della Corte è però ferma nel ritenere che le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l'imminente spirare del termine di decadenza per l'accertamento (cfr., ex multis Cass. nn. 16707/2015; 16602/2015; 14803/2015; 7315/2014; 2592/2014; 2279/2014; 2281/2014; 1869/2014), giacché è dovere dell'amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale; in caso contrario, si è rimarcato, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell'urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso, fermo restando, hanno ribadito le Sezioni Unite, che spetta all'ufficio l'onere di provare in giudizio la sussistenza della situazione urgente”.

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Estratto: “il contribuente aveva operato sulla base di corrette forme contrattuali, fra cui le procure a vendere, il cui contenuto è stato poi riportato ed annotato in contabilità, sicchè ha ritenuto che non poteva ritenersi sussistente un comportamento elusivo; la pronuncia in esame, quindi, ha tenuto conto delle procure a vendere e, sulla base delle stesse ha ritenuto che, implicitamente, non potesse accogliersi la tesi difensiva della ricorrente, implicante una diversa qualificazione giuridica all'operazione posta in essere”.

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Estratto: “- il motivo è inammissibile perché inosservante del principio di autosufficienza: l'Ufficio, infatti, si limita a dedurre l'esistenza di elementi idonei a provare la qualità di cartiere da parte delle società venditrici ma non riproduce (quantomeno per le parti essenziali) né l'avviso di accertamento, né il pvc; né può ritenersi sufficiente, a tal fine, la mera riproduzione di alcuni stralci dell'atto di appello, poiché anche da esso risulta solamente la mera deduzione di siffatti elementi e non anche la chiara e testuale riproduzione degli atti rilevanti, sicché non è neppure in grado di incidere sulla statuizione della CTR secondo la quale «non è stata fornita prova alcuna di vendite a prezzi inferiori a quelli di mercato o dimostrato che potessero intercorrere operazioni non reali»”.

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