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Estratto: “la Commissione non condivide l’interpretazione dell’art. 8, comma 4, della legge 212/2000 fornita dall’Ufficio appellante, secondo la quale “la previsione del rimborso dei costi di fideiussioni sarebbe subordinata al definitivo accertamento della debenza del tributo o della debenza in misura inferiore rispetto a quella accertata” atteso che tale interpretazione verrebbe a limitare l’operatività del comma 4 dell’art. 8 ai soli costi di “accertamento d’imposte” ed a escludere così, contra voluntatem legis, la sua applicazione al “rimborso dei tributi”- La norma in commento, infatti, non si limita affatto alle sole due ipotesi prospettate dall’Ufficio, ma include espressamente il caso di rimborso dei tributi. La tesi dell’Ufficio, pertanto, non è assolutamente condivisibile, non solo in quanto infondata, ma anche perché del tutto contraria alla lettera e alla ratio dell’art. 8, comma 4, dello Statuto del contribuente”.

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Massima: “Il contribuente che, al fine di ottenere il rimborso trimestrale dell'IVA, abbia prestato fideiussione, ha diritto alla restituzione del costo della garanzia perché l'art. 8, comma 4, l. 212/2000 si riferisce a ogni ipotesi di fideiussione richiesta dal contribuente per ottenere il rimborso di un credito d'imposta. Tale disposizione, che ha carattere precettivo ed è immediatamente applicabile senza alcun decreto di attuazione, mira alla tutela dell'integrità patrimoniale del contribuente e include anche la fattispecie in cui la fideiussione si sia dovuta richiedere al fine di ottenere il rimborso Iva accelerato”.

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Estratto: “costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta

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Estratto: “Questa Corte, in controversie similari, ha avuto modo di affermare il principio secondo il quale «Nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dall'art. 7 del d. lgs. n. 546 del 1992 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l'impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell'amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorre a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice» (cfr. Cass. sez. 5, 7 aprile 2017, n. 9080; Cass. sez. 5, 5 aprile 2013, n. 8639). Ciò, analogamente, vale per il contribuente (cfr. Cass. sez. 5, 21 gennaio 2015, n. 960), il quale, nella fattispecie in esame - per resistere ad accertamento di maggiori ricavi e dunque di maggior reddito d'impresa per l'anno di riferimento, nascente da accordo intervenuto tra l'Amministrazione finanziaria ed il Consorzio XXX, del quale il XXX, esercente impresa di servizi funebri, è consorziato, in virtù del quale l'Amministrazione aveva stimato induttivamente un prezzo medio ponderato di € 2500,00 a funerale - aveva prodotto, già in sede di accertamento con adesione, quarantadue dichiarazioni di terzi che confermavano i costi inferiori fatturati riguardo alle esequie alle quali le suddette fatture si riferivano.

L'attribuzione di valenza indiziaria delle dichiarazioni di terzi anche in favore del contribuente è peraltro funzionale al dispiegarsi del giusto processo ex art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva dalla 1. 4 agosto 1955, n. 848, per quanto attiene all'irrogazione nel processo tributario di sanzioni assimilabili a quelle penali (cfr. Cass. sez. 6- 5 ord. 28 aprile, 2015, n. 8606 e la giurisprudenza della Corte EDU ivi richiamata, tra cui Corte EDU 23 novembre 2006, Jussilla contro Finlandia, e 12 luglio 2001, Ferrazzini contro Italia)”.

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Il filone giurisprudenziale che sarà esaminato all'interno di questo breve commento riconosce che l’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente si applica anche ai costi sostenuti per fideiussioni richieste per ottenere i rimborsi IVA in via accelerata. Il contribuente, specificano le pronunce in esame, anche in tal caso ha il diritto di ottenere il rimborso dei costi.

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