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Estratto: “per questa Corte, a sezioni unite, in materia di imposta regionale sulle attività produttive, la "medicina di gruppo", ai sensi dell'art. 40 del d.P.R. n. 270 del 2000, non è un'associazione tra professionisti, ma un organismo promosso dal servizio sanitario nazionale, sicché la relativa attività integra il presupposto impositivo non per la forma associativa del suo esercizio, ma solo per l'eventuale sussistenza di un'autonoma organizzazione; per quest'ultima, è insufficiente l'erogazione della quota di spesa del personale di segreteria o infermieristico comune, giacché essa costituisce il "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale”.

Estratto: “Si deve prendere atto del giudicato esterno e dei suoi riflessi sul presente giudizio, secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 13916/06 e n. 26482/07, con i limiti di cui S.U. 2735/17 (e ampi riferimenti successivi, tra cui Cass. V, n. 5943/07; n. 21170/16; n. 21395/17). Accolta l'eccezione pregiudiziale di rito, non debbono essere esaminati i motivi di merito. Il ricorso dev'essere accolto, la sentenza cassata e, non residuando ulteriori accertamenti in fatto da svolgere, il giudizio può essere definito nel merito con l'accoglimento del ricorso introduttivo della parte contribuente”.

Estratto: “il potere - dovere del giudice di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire il nomen iuris al rapporto dedotto in giudizio, anche in difformità rispetto alla qualificazione della fattispecie ad opera delle parti, trova un limite - la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione - nel divieto di sostituire la domanda proposta con una diversa, perché fondata su una diversa causa petendi o su una realtà fattuale non dedotta in giudizio dalle parti e sulla quale, pertanto, non si è realizzato il contraddittorio”.

Estratto: “il motivo è fondato; - la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232); - nel caso di specie, manca un'adeguata motivazione perché la pronuncia si limita a richiamare l'accertamento del reddito d'impresa ex art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, rinviando del tutto genericamente all'avviso di accertamento effettuato a fronte dell'omessa dichiarazione dei redditi del 2004, mentre è l'Agenzia delle entrate nel suo controricorso che finisce per integrare sul punto la motivazione”.

Estratto: “la Commissione tributaria regionale non ha effettuato una approfondita disamina logica e giuridica, come sarebbe stato necessario, rendendo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, a fronte di una pronuncia di prime cure che aveva al contrario accolto i ricorsi, ritenendo non provate le presunzioni indiziarie fornite dall'Agenzia delle entrate, tenuto conto dell'onere della prova che grava su quest'ultima in relazione al carattere fittizio dell'appalto intercorso tra le parti”.

Estratto: “l'esposizione di un credito d'imposta in dichiarazione fa sì che non occorra da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento atteggiandosi lo stesso quale sufficiente e bastevole formale esercizio del diritto e idoneo a far decorrere l'ordinario termine prescrizionale; - in tal senso quindi, il riferimento giurisprudenziale alla presentazione del modello «VR» quale «presupposto di esigibilità» deve intendersi nel senso che la stessa rappresenta un elemento meramente fattuale, rimesso nella disponibilità del contribuente interessato ed estraneo rispetto alla spettanza del diritto al rimborso avente quindi mera funzione sollecitatoria dell'attività di verifica dell'Amministrazione idonea a dare impulso e inizio al sub-procedimento amministrativo di esecuzione del rimborso stesso”.

Estratto: “la preclusione all'utilizzazione di tali documenti necessita: la non veridicità della dichiarazione del contribuente, resa nel corso di un accesso, di non possedere la documentazione richiestagli e, più in generale, il suo concretarsi in un sostanziale rifiuto di esibizione; la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento”.

Estratto: “il perfezionamento della notifica effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c. richiede il compimento di tutti gli adempimenti stabiliti da tale norma sicché è nulla se ne sia stato omesso taluno di essi (nella specie, l'affissione dell'avviso di avvenuto deposito del piego alla porta dell'abitazione di residenza del destinatario), salvo non sia intervenuta sanatoria per raggiungimento dello scopo per aver il destinatario comunque regolarmente ricevuto la raccomandata di conferma del deposito del piego nell'ufficio postale. (cfr., oltre alle pronunce citate in precedenza, da ultimo, Cass., ord., 9 gennaio 2019, n. 265); - è stato, in proposito, evidenziato che la raccomandata con la quale viene data notizia del deposito, avendo finalità informativa e non tenendo luogo dell'atto da notificare, non è soggetta alle disposizioni in materia di notificazione a mezzo posta ma solo al regolamento postale, sicché è sufficiente che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall'ufficiale postale, non dovendo risultare da esso la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario; - orbene, la Commissione regionale, nel ritenere sufficiente, al fine della sanatoria del vizio, il mero invio della raccomandata informativa, non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, omettendo di verificare se la stessa sia stata o meno ricevuta dal destinatario”.

Estratto: “il giudice di appello ha ritenuto che le prestazioni di servizi effettuate dalla contribuente in favore della controllata I. s.p.a. fossero assoggettate ad imposizione sui redditi, in relazione al valore normale alle stesse attribuibile, e che le stesse costituissero operazioni imponibili ai fini dell'applicazione dell'i.v.a.; - così operando, ha omesso di considerare, da un lato, che la rilevanza di tali operazioni ai fini della determinazione del reddito è subordinata alla dimostrazione - eventualmente anche in via presuntiva - del conseguimento da parte della contribuente del relativo corrispettivo; - dall'altro, che le prestazioni di servizio effettuate a titolo gratuito possono non costituire operazioni imponibili ai fini i.v.a. in presenza di determinate circostanze e, in particolare, qualora, come invocato dalla contribuente, siano rese per altre finalità inerenti l'esercizio dell'impresa”.

Estratto: “il giudice di appello, avendo ricostruito la fattispecie concreta in tal senso, ha ritenuto che la stessa non fosse riconducibile all'art. 7 d.l. 323/1996, poichè la fideiussione, cui ineriva il deposito, non era ricollegabile ad un'operazione di finanziamento del depositante o di un terzo, ma veniva a garantire l'adempimento di una prestazione inserita nell'ambito di una complessa fattispecie contrattuale”.