Massima: “È illegittimo, per violazione dell’obbligo al contraddittorio endoprocedimentale, l’avviso di accertamento emesso a seguito della risposta resa ad un questionario prima della notifica del processo verbale di constatazione. Tale principio trova fondamento nel diritto dell’Unione europea e nell’art. 97 della Costituzione a tutela del diritto di difesa del contribuente. In particolare, nel campo dei tributi armonizzati, tale obbligo assume rilievo generalizzato (Conf. Cass. nn. 24823/2015 e 19667/2014)”
Estratto: “secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 15010 del 2014; v. anche Cass. n. 5374 del 2014), «il termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo”.
Massima: “Anche nell’ipotesi di indagine istruttoria condotta per mezzo di questionario l’Amministrazione finanziaria non può emettere l’atto impositivo prima della decorrenza del termine dei 60 giorni fissato dall’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, poiché la ratio della norma muove nella direzione dell’ampliamento e del potenziamento del diritto al contraddittorio nella fase di indagine (nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate ha violato il principio del contraddittorio poiché ha emesso l’avviso di accertamento solo dopo tre giorni da quello in cui il contribuente aveva inviato la documentazione richiesta con questionario, conseguentemente l’avviso deve essere annullato)”.
Nel presente articolo analizziamo un caso giurisprudenziale sottoposto alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale ha annullato l’intimazione di pagamento notificata da Equitalia (oggi sarebbe stata notificata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione).
Procederemo ad esaminare la fattispecie, non dalla prospettiva del corpo letterale della sentenza (di cui citiamo gli estremi in calce per chi voglia analizzarne il contenuto), ma dalla prospettiva dei motivi di ricorso e delle argomentazioni difensive sviluppate in sede di memoria in vista dell’udienza di trattazione, che hanno condotto all’accoglimento.
Massima: “Nell'ambito degli accertamenti per fatture soggettivamente inesistenti, laddove il soggetto accertato applichi il reverse charge, l'Ufficio non può invocare, ai fini della ripresa a tassazione dell'IVA, l'art 21, comma 7, del d.P.R. 633/1972, secondo il quale, se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, "l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni in fattura". Nel caso dell'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile, infatti, nessuna imposta risulta indicata nella fattura”.
Nel presente articolo analizziamo un caso giurisprudenziale sottoposto alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale ha annullato gli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate a seguito di verifica fiscale a carico di un’attività di ristorazione.
Avvisi formati con metodologia induttiva (ossia desumendo i ricavi dall’entità degli acquisti effettuati a monte).
Tuttavia, la prospettiva sarà differente rispetto al consueto esame della sentenza.
Infatti, procederemo ad esaminare la fattispecie, non dalla prospettiva del corpo letterale della sentenza (di cui citiamo gli estremi in calce per chi voglia analizzarne il contenuto), ma dalla prospettiva dei motivi di ricorso.
Si nota, infine, che nel caso di specie la stessa Agenzia delle Entrate ha ritenuto di non appellare la sentenza di primo grado, che è divenuta definitiva senza necessità di difendere gli interessi dei contribuenti anche in appello.
In questo articolo, esaminiamo, in luogo di una sentenza, le argomentazioni processuali espresse in un caso di:
- rettifica del valore di una plusvalenza tramite avviso di accertamento;
- avviso di accertamento formato richiamando il precedente avviso di rettifica e liquidazione emesso ai fini dell'imposta di registro.
Argomentazioni processuali che, nel caso in discussione, hanno permesso di ottenere l'annullamento dell'avviso di accertamento, a seguito della mera proposizione del reclamo.
In questo articolo, esaminiamo, in luogo di una sentenza, le argomentazioni processuali espresse in un caso di:
- Vizio del procedimento;
- Utilizzo di procedura automatizzazione di liquidazione dell'imposta fuori dai casi consentiti;
- Errato disconoscimento di crediti IVA;
- Violazione e falsa applicazione dell'art. 54 del D.P.R. n. 633/1972;
Argomentazioni processuali che, nel caso in discussione, hanno permesso di ottenere l'annullamento dell'atto in via di autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate prima della fine del processo, senza necessità, quindi, di giungere alla sentenza di primo grado.
Raccolta di sentenze favorevoli alle ragioni del contribuente in casi in cui veniva contestato l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti
Estratto: “l'imprenditore può legittimamente scegliere gli strumenti ed i settori nei quali pubblicizzare la propria attività e detrarre i relativi costi, se – come nel caso in esame - non è contestata né l'esistenza, né I'ammontare di tali costi, qualora tali costi integrino spese di pubblicità. D'altra parte se i costi qui discussi non fossero inerenti all'attività svolta dalla società ricorrente, essi non potrebbero essere riconosciuti neppure come spese di rappresentanza: la tesi dell'ufficio resistente, che li reputa spese di rappresentanza (anziché di pubblicità), presuppone comunque la loro inerenza. Infine, va osservato che, se l'Agenzia delle entrate avesse voluto eccepire l'indeducibilità dei costi indicati nel contratto a prestazioni corrispettive, concluso tra (omissis) s.r.l. e DD M e C s.n.c.., avrebbe dovuto provare che il contratto era simulato, ma ciò non è avvenuto. Per le suestese ragioni i ricorsi riuniti vanno accolti e, specularmente, gli avvisi d'accertamento annullati, dovendosi ritenere che i costi qui controversi integrino spese di pubblicità”.
Estratto: “l’Ufficio indica solo: il numero dell’atto «sentenza civile n. 000001398/2009», la controparte «xxx spa» e una serie di tre codici, 109T, 806T, 964t, con a fianco la somma da corrispondere ad ogni titolo. Non viene indicata la base impositiva, né l’aliquota applicata per l’imposta. Non vengono neppure indicati gli articoli di riferimento del dpr 131/86. Ciò basta per rigettare l’appello. (…) La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio e condanna l’Ufficio al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 7.400,00 (settemilaquattrocento) oltre accessori di legge”.
Estratto: “Come recentemente stabilito dalla S.C. (sent. n. 4361/2017), che ha confermato un orientamento giurisprudenziale avviatosi nel 2014 e che anche questa Commissione ritiene di condividere, deve infatti escludersi che la vendita di un’area già edificata possa rientrare nelle ipotesi di cui all’articolo 81 comma 1 lett-B del Testo Unico sulle imposte dei redditi, che assoggetta a tassazione le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
Estratto: “Appare preliminare affrontare la fondatezza della sollevata prescrizione del credito azionato dall'Ufficio. Nel caso in esame devono essere applicati i seguenti principi di diritto, applicabili mutatis mutandis, al di là della fattispecie di riferimento , secondo i quali la scadenza del termine - pacificamente perentorio, nel caso di specie - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della 1. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.”