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Estratto: “S'intende dare continuità all'indirizzo della Corte in virtù del quale: «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, [...] l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 - che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva - esclude che l'Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro (Cass.17 maggio 2017, n. 12265; Cass. 6 giugno 2016, n. 11543).». La decisione della CTR ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto”.

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Estratto: “Le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell'Agenzia delle entrate, non costituiscono una fonte tipica di prova del valore venale in comune commercio del bene oggetto di accertamento, ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale, essendo idonee a condurre ad indicazioni di valore di larga massima (Cass. n. 25707 del 2015). Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI, per aree edificabili del medesimo comune, non è quindi idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell'immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l'ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonché lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016; Cass. n. 11439 del 2018). 10.2. Ne consegue che un avviso di liquidazione fondato esclusivamente sui valori OMI non può ritenersi fondato sotto il profilo motivazionale ed, in difetto di ulteriori elementi forniti dall'Agenzia delle entrate, non può indicare congruamente il valore venale in comune commercio del bene”.

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Massima: “L'effettiva ratio dell'art. 51 del d.P.R. 131/1986 e quella di garantire che l'imposta di registro sia applicata su una base imponibile il più possibile conforme al valore effettivo dell'azienda in condizioni di libero mercato. Ciò comporta l'esigenza di dare rilevanza al valore dell'avviamento anche se di segno negativo senza che possa considerarsi dirimente la circostanza che la norma preveda la decurtazione delle sole passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa (Conf. Cass. 978/2018).

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Estratto:la sentenza impugnata (del tutto correttamente ha fatto applicazione della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera, recepita con I. n. 948 del 1978, la quale, conformemente al Modello OCSE, prevede, all'art. 7, che "gli utili di un'impresa si uno Stato contraente sono imponibili solo in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata", ed, all'art. 14, che "i redditi che un residente di uno stato contraente ritrae dall'esercizio di una libera professione o di altre attività indipendenti di carattere analogo sono imponibili solo in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio della sua attività."

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Estratto: “La CTR ha correttamente interpretato l'art. 6, comma 3, del d.p.r. n.633 del 1972 al fine di stabilire il momento in cui una data operazione di prestazione di servizi si deve considerare "effettuata" ai fini dell'imponibilità del tributo. Ai sensi della norma ora citata, infatti, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo ...", sicché solo da tale momento insorge l'obbligo di fatturazione e si realizza il presupposto impositivo. Lo stesso comma 3 dell'art. 6 del d.P.R. n.633 del 1972, tuttavia, contiene una deroga, introdotta ad integrazione del testo originario, dall'art. 16 bis d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, conv. in I. 22 marzo 1995 n. 85 ed entrato in vigore il 24 febbraio 1995, poi sostituito dall'art. 4 d.l. 2 ottobre 1995 n. 415, conv. con modificazioni in I. 29 novembre 1995 n. 507. Tale deroga recita testualmente «Quelle [le prestazioni di servizi] indicate nell'articolo 3, terzo comma, primo periodo, si considerano effettuate al momento in cui sono rese, ovvero, se di carattere periodico o continuativo, nel mese successivo a quello in cui sono rese». 3.2 La ricorrente sostiene che la suddetta deroga debba essere interpretata nel senso che tutte le prestazioni di servizi devono considerarsi effettuate al momento in cui sono rese ovvero, se di carattere periodico o continuativo, nel mese successivo. Una tale interpretazione è manifestamente infondata in quanto porterebbe a trasformare l'eccezione in regola generale con una sostanziale abrogazione del principio secondo cui le prestazioni di servizi si intendono effettuate al momento del pagamento del corrispettivo. Risulta palese, invece, che il rimando effettuato dal legislatore al primo periodo del comma 3 dell'articolo .3 del d.P.R. n.633 del 1972 serve ad identificare e delimitare l'ambito di operatività dell'eccezione, che riguarda esclusivamente le prestazioni di servizi effettuate per l'uso personale o familiare dell'imprenditore, ovvero a titolo gratuito per altre finalità estranee all'esercizio dell'impresa ad esclusione delle somministrazioni nelle mense aziendali e delle prestazioni di trasporto, didattiche, educative e ricreative di assistenza sociale e sanitaria, a favore del personale dipendente, nonché delle operazioni di divulgazione pubblicitaria svolte a beneficio delle attività istituzionali di enti del Terzo settore di natura non commerciale, e delle diffusioni di messaggi, rappresentazioni, immagini o comunicazioni di pubblico interesse richieste o patrocinate dallo Stato o da enti pubblici. Solo in relazioni a tali casi le prestazioni di servizi si intendono effettuate al momento in cui sono rese o, se periodiche, nel mese successivo.

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Estratto: “dalla documentazione prodotta dalla controricorrente, in particolare dalle visure relative alle società in esame, si evince che la A. s.p.a. ha iniziato la propria attività nel 1978, mentre la A. Vita s.p.a. ha iniziato la propria attività nel 1991, e che le stesse hanno diverso numero di codice fiscale e partita IVA; parte ricorrente, dinanzi alla eccezione proposta dalla controricorrente, non ha addotto alcuna argomentazione diretta a contrastare le risultanze documentali sopra indicate; ne consegue che la controricorrente è soggetto diverso da quello nei confronti del quale è stata fatta valere la pretesa impositiva e che ha preso parte ai giudizi tributari di primo e secondo grado, sicché la notifica del presente ricorso è da considerarsi inammissibile in quanto effettuata nei confronti di soggetto che non è il legittimo contraddittore”.

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Estratto: “Non è dunque, corretto, calcolare la percentuale di ricarico media in relazione alla media ponderata, facendo riferimento esclusivamente ai diversi valori di ricarico medio secondo la mera media aritmetica, in tal modo non considerando le diverse percentuali di ricarico, in relazione ai singoli prodotti disomogenei, in ragione anche della diversa quantità di vendita di ciascuno di essi”.

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Estratto: “sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, che siano o meno inserite in una "frode carosello", per il solo fatto che sono stati sostenuti; che, pertanto, va ribadito il principio secondo cui devono tenersi distinti gli effetti della condotta del contribuente in relazione alla disciplina dell'IVA, ed a quella delle imposte dirette, in quanto, nel primo caso, la condotta dolosa o consapevole del cessionario, a cui è parificata l'ignoranza colpevole, impedisce l'insorgenza del diritto alla detrazione per mancato perfezionamento dello scambio, non essendo l'apparente cedente l'effettivo fornitore, mentre, nel caso delle imposte dirette, l'illecito o la mera consapevolezza di esso non incide sulla realtà dell'operazione economica e sul pagamento del corrispettivo in cambio della consegna della merce, per cui il costo dell'operazione, ove imputato al conto economico, può concorrere nella determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette nella misura in cui il bene o servizio acquistato venga reimpiegato nell'esercizio dell'attività d'impresa”.

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Massima: In tema di omesso versamento dei contributi previdenziali, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale, può trovare applicazione quando la soglia di rilevanza penale è stata superata di poco. L'art. 131-bis codice penale stabilisce che non sono punibili i reati per cui è prevista una pena detentiva non superiore a 5 anni, oppure la pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena detentiva, quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, codice penale, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Pertanto, la causa di non punibilità della "particolare tenuità del fatto" è di certo applicabile ai reati di omissione di versamenti contributivi, per i quali il legislatore abbia fissato una soglia di punibilità, solo se gli importi omessi superano di poco l'ammontare di tale soglia, in considerazione del fatto che il grado di offensività che integra il reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale”.

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Estratto: “la CTR ha fatto corretta applicazione delle norme e dei principi testè indicati poichè ha ritenuto, con giudizio in fatto che può essere sindacato solamente sotto il profilo del vizio di motivazione, che l'accertamento dell'amministrazione non era basato su presunzioni gravi, precise e concordanti che rivelassero l'annotazione di fatture per operazioni inesistenti”.

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