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Estratto: “Va al proposito ribadito che, componendo il contrasto summenzionato, le sezioni unite di questa Corte hanno statuito come «L'esercente attività d'impresa o professionale ha diritto alla detrazione IVA anche per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta, anche se potenziale o di prospettiva e pur se, per cause estranee al contribuente, detta attività non possa poi in concreto essere esercitata.» (Cass. 11 maggio 2018 n. 11533)”.

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Estratto: “il principio di non discriminazione in materia fiscale di cui all'art. 6 del Trattato FUE, che, pur riferita testualmente alle sole persone fisiche, deve ritenersi estendibile - alla luce della giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, del 16 aprile 2015, in C. 591/13) - anche alle società”.

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Estratto: “secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass 08/03/2007, n.5351, id.n. 29191 del 06/12/2017; id n.20718 del 13/08/2018), non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo e, nella specie, non appare revocabile in dubbio che la C.T.R. decidendo, direttamente nel merito, la controversia, abbia rigettato, implicitamente e correttamente per quanto si dirà in fra, la preliminare eccezione di giudicato esterno”.

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Estratto: “La CTR non ha fatto corretta applicazione della norma in questione laddove, pur avendo accertato che il contratto prevedeva il trasferimento al cessionario non solo della clientela, con i connessi obblighi di fare, non fare o permettere, ma anche il complesso di beni idonei allo svolgimento dell'attività (quali organizzazione, conoscenze, procedure, contratti, personale e comunque il know-how della struttura ceduta) ha ritenuto tassabile l'intero importo ricevuto dalla cedente in corrispettivo, anziché unicamente quello imputabile al trasferimento della clientela”.

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Estratto: “la medesima citata pronuncia della Corte di giustizia ha peraltro sancito che esso deve rispettare il principio di "proporzionalità" (punti 34 ss.), affermando altresì che la previsione interna (30% dell'importo dell'imposta: art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997) può, almeno in astratto, considerarsi "sproporzionata" e che quindi deve essere il giudice nazionale a determinarla in concreto al fine di renderla "proporzionata"”.

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Estratto: “è legittima l'emissione di un provvedimento di accertamento anche quando lo stesso non importi la pretesa di esazione di maggiori tributi, ma non comporta affatto, come vorrebbe la ricorrente, l'affermazione che, a tutela di futuri accertamenti, sia possibile contestare sine die le elusioni, o altra forma di irregolarità, presente nella dichiarazione dei redditi. Il termine per la contestazione, infatti, è fissato dall'art. 43 (Termine per l'accertamento), del Dpr n. 600 del 1973”.

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Estratto: “la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

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Estratto: secondo il ricorrente, l'inadempimento da parte del curatore fallimentare dell'obbligo ex art. 10 cit. di presentazione della dichiarazione dei redditi della società fallita relativa al periodo compreso fra l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento, comporta il pagamento delle sovrattasse e delle pene pecuniarie previste per la violazioni relative all'accertamento delle imposte sui redditi contenute nel d.P.R. n. 600/73, previsto dall'art. 98, comma 6, cit. in capo al legale rappresentante della società di capitali. 5. Il motivo risulta infondato. Invero, costituisce principio consolidato quello secondo cui, «in tema di solidarietà tributaria, l'amministratore o legale rappresentante di società di capitali non è solidalmente responsabile per il pagamento di soprattasse o pene pecuniarie irrogate alla società per violazioni, ad essa direttamente imputabili, di norme relative all'accertamento delle imposte sui redditi contenute nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicandosi il principio di solidarietà sancito dall'art. 98, sesto comma, del d.P.R 29 settembre 1973 n. 602 alle sole sanzioni civili previste dal titolo III di quest'ultimo decreto». (Cass. Sez. 5, n. 26042 del 16/12/2016, Rv. 641950 - 01; Sez. 5, n. 22464 del 05/09/2008, Rv. 604454 - 01)”.

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Estratto: “la CTR ha correttamente ritenuto che la sentenza ex art. 18 dello Statuto dei lavoratori ha l'effetto di annullare il licenziamento illegittimo con effetto ex tunc, onde il venir meno del licenziamento comporta la continuità del rapporto di lavoro, mai interrotto, rendendo le somme percepite a seguito della sentenza del giudice del lavoro equiparabili ad emolumenti arretrati, i quali (in tale prospettiva, la decisione opera un richiamo a quanto si evince dalla Risoluzione dell'A.d.E. n. 356/E del 23.12.1997) devono essere assoggettati alla stessa tassazione dei redditi sostituiti o perduti. Non appare condivisibile, per converso, la tesi dell'A.d.E., secondo la quale l'indennità liquidata dal giudice del Tribunale di Trento ex art. 18, comma 4, Statuto lav., avendo natura risarcitoria, non potrebbe comunque assimilarsi agli emolumenti arretrati di cui alla lett. b) dell'art. 17, ma dovrebbe rientrare fra le somme "a titolo risarcitorio a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria”.

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Estratto: “Affermando il cumulo di sanzione e "indennità di mora", il ritardo di pagamento delle accise, al di là del nomen iuris dei vari sovrapprezzi imposti al contribuente, comporterebbe un onere maggiore rispetto al ritardo di pagamento di altre imposte senza ragioni per giustificare tale diversità. Vi sarebbe, quindi, un serio dubbio sul rispetto di condizioni di uguaglianza e proporzionalità”.

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