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Accertamento dazi doganali. Per operare l’estensione dei termini, la notizia criminis deve intervenire entro 3 anni. Annullato l’avviso. La pretesa era prescritta.

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Estratto: “la giurisprudenza di legittimità si è ormai attestata nel senso che il termine triennale di prescrizione possa essere interrotto solo se la notitia criminis intervenga prima della scadenza, non rilevando di per sé la mera circostanza che la fattispecie sia penalmente rilevante. In tal senso, ex multis, Cass. n. 14016/2012”.

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***Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 18357 del 9 luglio 2019

FATTI DI CAUSA

T. s.r.l. propose ricorso avverso l'avviso di rettifica dell'accertamento di dazi doganali del XXX ex art. 11 d.lgs. n. 374/1990, con cui l'Ufficio delle Dogane di Genova, rilevata l'origine cinese - anziché malese, come dichiarato dallo spedizioniere per suo conto in data XXX - di n. 93 colli di fiocco di poliestere, aveva accertato diritti doganali pari ad € 13.898,33, a titolo di dazio antidumping pari al 49,7%. La C.T.P. di Genova respinse il ricorso con sentenza del XXX. Analoga sorte seguì l'appello avanzato dalla stessa T. s.r.l., respinto dalla C.T.R. della Liguria con sentenza del XXX. T. s.r.l. ricorre ora per cassazione, sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle Dogane. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 - Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 221 del Regolamento CEE n. 2913/1992 (Codice Doganale Comunitario - CDC), in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La ricorrente lamenta l'erroneità della sentenza impugnata, laddove ha escluso essere maturata la prescrizione triennale di cui al comma 3 dell'articolo in rubrica per essere intervenuta una notitia criminis entro lo stesso termine, corrente dalla data in cui è sorta l'obbligazione doganale. Rileva al contrario la ricorrente che a) quest'ultima è sorta in data 31.5.2005; b) la relazione finale dell'OLAF è stata redatta solo in data 11.8.2008, all'esito delle indagini svolte in Malesia circa l'importazione di

fiocco di poliestere; c) l'Agenzia delle Dogane ha comunicato la notizia di reato alla Procura delle Repubblica di Genova in data 26.3.2009; infine, d) l'Agenzia ha emesso e notificato l'avviso di rettifica solo in data 15.6.2009. Pertanto, conclude la ricorrente, poiché la notitia criminis è stata trasmessa solo dopo la scadenza del termine triennale, l'azione di recupero deve intendersi irrimediabilmente prescritta.

1.2 - Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 220, comma 2, lett. b), del Regolamento CEE n. 2913/1992 (CDC), in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Secondo la società ricorrente, avrebbe errato la C.T.R. nel ritenere inapplicabile la norma in rubrica - che fa divieto di contabilizzare a posteriori i dazi doganali allorquando ciò sia dipeso da un errore dell'autorità doganale ed inoltre il debitore sia in buona fede e abbia rispettato tutte le disposizioni doganali - difettando nella specie un contegno commissivo della stessa autorità doganale. Ritiene la ricorrente che, al contrario, l'errore ben possa consistere anche nella mera inerzia dell'autorità. 1.3 - Con il terzo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La ricorrente si duole del fatto la C.T.R. non ha motivato circa il luogo in cui è intervenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale della merce importata. Trattasi di fatto controverso e decisivo, in quanto, risultando - come da documentazione prodotta - che la fibra di poliestere (PSF) era stata lavorata "per taglio" in Malesia, così divenendo fiocco di poliestere, a quest'ultimo poteva attribuirsi l'origine non preferenziale malese, con conseguente applicazione dell'art. 24 del CDC, e quindi, esclusione dell'illecito contestato. Nulla risulta, in proposito, dalla lettura della decisione impugnata.

1.4 — Con il quarto motivo, si denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Il vizio motivazionale consisterebbe nella contraddittorietà tra l'affermazione secondo cui non è possibile applicare il dazio antidumping "individuale" del 24,6% (aliquota prevista dall'art. 1, comma 2, Reg. CEE n. 428/2005, per i prodotti fabbricati, tra le altre, dalla J. Ltd.) perché la merce è stata dichiarata di origine malese, con fattura emessa da società di Honk Kong non indicata tra quelle ammesse al dazio "individuale", e la affermata legittimità della rettifica originariamente impugnata, fondata sul fatto che la merce in questione è stata fabbricata in Cina.

2.1 — Il primo motivo è fondato. E' incontroverso che la sequenza temporale degli atti compiuti nella vicenda per cui è causa è esattamente quella riportata dalla ricorrente, ossia: a) l'obbligazione doganale è sorta in data 31.5.2005; b) la relazione finale dell'OLAF è stata redatta in data 11.8.2008, all'esito delle indagini svolte in Malesia circa l'importazione di fiocco di poliestere; c) l'Agenzia delle Dogane ha comunicato la notizia di reato alla Procura delle Repubblica di Genova in data 26.3.2009; infine, d) la stessa Agenzia ha emesso e notificato l'avviso di rettifica solo in data 15.6.2009.

Al riguardo, si osserva che la giurisprudenza di legittimità si è ormai attestata nel senso che il termine triennale di prescrizione possa essere interrotto solo se la notitia criminis intervenga prima della scadenza, non rilevando di per sé la mera circostanza che la fattispecie sia penalmente rilevante. In tal senso, ex multis, Cass. n. 14016/2012, secondo cui "In tema di tributi doganali, il decorso del termine triennale di prescrizione dell'azione di recupero 'a posteriori' dei dazi all'importazione, nel caso in cui il mancato pagamento totale o parziale dei diritti abbia causa da un reato, è prorogato alla data in cui l'accertamento di questo è divenuto irrevocabile, a norma dell'art. 84, terzo comma, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, come modificato dall'art. 29, comma primo, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, a condizione che, nel triennio decorrente dalla insorgenza dell'obbligazione doganale, l'Amministrazione emetta un atto nel quale venga formulata una 'notitia criminis' tale da individuare un fatto illecito, penalmente rilevante, ed idoneo ad incidere sul presupposto di imposta". Ancora, si veda la recente Cass. n. 615/2018, secondo cui "In tema di tributi doganali, ove il mancato pagamento derivi da un reato, sia il termine di prescrizione dell'azione di recupero dei dazi all'importazione, che quello di decadenza per la revisione dell'accertamento ex art. 11 del d.lgs n. 374 del 1990, sono prorogati sino ai tre anni successivi alla data d'irrevocabilità della decisione penale, a condizione che, nel triennio decorrente dall'insorgenza dell'obbligazione doganale, l'Amministrazione emetta un atto nel quale venga formulata una 'notitia criminis' ovvero lo stesso sia ricevuto dall'Autorità giudíziaria o da ufficiali di polizia giudiziaria, come i funzionari doganali: a tal fíne, la relazione redatta dall'OLAF configura un documento che integra detta 'notitia criminis', la cui formulazione e trasmissione è idonea a determinare il raddoppio dei termini di accertamento degli illeciti doganali". Da quanto precede, risulta palese che il primo atto interruttivo riscontrabile nella specie consiste nella trasmissione della relazione dell'OLAF alla Procura della Repubblica, avvenuta il 26.3.2009; peraltro, la stessa relazione conclusiva dell'OLAF reca la data del 11.8.2008, comunque successiva alla scadenza del termine di prescrizione (31.5.2008), sicché risulta tardiva - rispetto alla questione che qui interessa - la stessa data di ricezione di detta relazione da parte dell'Agenzia delle Dogane. Né, tantomeno, può considerarsi - ai fini che interessano - la data della "comunicazione OLAF del 29.4.2008", utilizzata dalla C.T.R.: si tratta, infatti, di una convocazione per l'apertura delle indagini in Malesia, da tenersi a Bruxelles (v. ricorso, p. 13). Ciò non può certo ritenersi sufficiente, perché per esserlo detta comunicazione dovrebbe quantomeno contenere un riferimento alla specifica posizione della società ricorrente. Ma ciò non risulta.

3.1 - L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento dei restanti. La sentenza impugnata è quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, può procedersi alla decisione del merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., con la declaratoria di intervenuta prescrizione del diritto di recupero a posteriori e con conseguente annullamento dell'avviso impugnato.

Le spese della fase di merito possono integralmente compensarsi, sussistendo giusti motivi, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, annulla l'avviso impugnato. Compensa integralmente le spese del giudizio di merito e condanna l'Agenzia alla rifusione di quelle del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario in misura del 15%, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno 22.1.2019.

 

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