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Presunzione di cessioni in nero sulla base dei controlli delle rimanenze di magazzino. Al processo non aveva partecipato uno dei soci. Cancellata la sentenza sfavorevole al contribuente. Il processo si rifà da capo. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “Pertanto, constatato il difetto d'integrità del contraddittorio, va dichiarata la nullità dei giudizi di merito e disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla competente Commissione tributaria provinciale per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, provvedendo il giudice del rinvio a disporre l'integrazione del contraddittorio, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 14”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 34485 del 27 dicembre 2019

FATTI DI CAUSA

1. L'Agenzia delle entrate, Ufficio di C., nel 2008, effettuò nei confronti di L. & C. s.a.s. un accesso mirato finalizzato al controllo del trend delle rimanenze finali di merci che la contribuente aveva dichiarato in costante crescita per gli anni 2005-2006. In quella sede i verificatori, avvalendosi delle distinte esibite dalla società che documentavano la quantità e il valore delle merci presenti nel magazzino (pari a euro 1.148.632,00), in base a riscontri effettuati con l'inventario fisico a campione, determinarono una differenza di merce non presente in magazzino per un valore di euro 71.738,81, presumendola ceduta in nero. Da qui la notifica alla società di due avvisi di accertamento (XXX/2009 per il 2005; XXX/2009 per il 2006) con i quali l'Ufficio contestò, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, un maggiore reddito di impresa ai fini imposte dirette, Irap e Iva, anni 2005-2006. Ugualmente furono notificati ad ognuno dei soci avvisi di accertamento (n. XXX/2009 per il 2005 e n. XXX/2009 per il 2006 a LA; n. XXX/2009 per il 2005 e n. XXX/2009 per il 2006 a MS, n. XXX/2009, per il 2006 a MG, n. XXX/2009, per il 2005 e n. XXX/2009 per il 2006 a GS), ai fini Irpef, per i medesimi anni, in relazione alla rispettive quote di partecipazione ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986.

1.2. Gli avvisi vennero impugnati con separati ricorsi dalla società e dai singoli soci dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento che, con sentenze (n. 163/7/11; n. 155/7/11; n. 140/7/11; n. 141/7/11 del 7 febbraio 2011, depositate il 7 marzo 2011 e n. 252/7/11 del 4 aprile 2011 depositata il 2 maggio 2011), li rigettò.

1.3.Avverso le sentenze di primo grado la società e i soci proposero separati appelli dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia che, previa riunione, con sentenza n. 1632/24/14, depositata in data 13 maggio 2014, li rigettò osservando, in punto di diritto, che: 1) la rideterminazione del reddito di impresa operata dall'Ufficio era legittima atteso che le differenze di merce mancanti (per un valore di euro 71.738,81)- presunte cedute, senza fattura- erano state calcolate analiticamente in base al confronto tra le distinte delle merci presenti in magazzino (schede di contabilità di magazzino) e l'inventario fisico a campione (composto da circa 400 articoli e selezionato in contraddittorio); 2) tale differenza di valore di merce non presente in magazzino non era stata contestata dalla contribuente né in sede di accesso né in sede di adesione; 3) la contribuente non aveva offerto elementi di prova idonei a vincere le presunzioni gravi, precise e concordanti su cui si fondava l'accertamento; 4) infondati erano dunque anche gli altri motivi di gravame- proposti solo in sede di gravame - concernenti la vendita per corrispettivi - di cui non era stato dato alcun riscontro di collegamento con le merci mancanti- e la presenza di merce difettosa.

1.4. Avverso la suddetta sentenza della CTR, la società contribuente e i soci propongono ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui resiste, con controricorso, l'Agenzia delle entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997 per avere la CTR ritenuto validi gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società e dei soci, pur avendo l'Ufficio applicato illegittimamente la presunzione di cessione a un valore di merce mancante (euro 71.738,81) calcolato induttivamente rapportando la percentuale di merce mancante (euro 8.892,66) sul campione esaminato al valore totale delle giacenze nel magazzino (pari a euro 1.148.632,00)- anziché sul valore di merce fisicamente non rinvenuta nei locali dell'impresa.

2. Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 441 del 1997 per non avere la CTR rilevato che essendo la verifica avvenuta nel 2008 la presunzione di cessione non poteva essere estesa alle annualità 2005 e 2006.

3. Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 441 del 1997, per avere la CTR ritenuto erroneamente validi gli avvisi di pagamento anche se la disciplina di cui all'art. 1 del d.P.R. n. 441/97 sia riferibile esclusivamente all'Iva e non già alle imposte dirette.

4. Con il quarto motivo è denunciata, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c per avere la CTR omesso di pronunciarsi in ordine alle eccezioni sollevate dalla società contribuente e dai soci - sia in primo che in secondo grado - in ordine alla violazione del D.P.R. n. 441/97.

5. Con il quinto motivo è denunciata la violazione dell'art. 279 c.p.c. per avere la CTR illegittimamente ritenuto assorbite le questioni sollevate dalla società e dai soci relativamente alla corretta applicazione del D.P.R. n. 441/97.

6. Con il sesto motivo è denunciata la violazione dell'art. 24 Cost. per avere la CTR ritenuto erroneamente che la mancata partecipazione della società e dei soci al contraddittorio con l'Ufficio, sia in sede di accesso che di adesione, avesse significato acquiescenza all'operato illegittimo dell'Amministrazione.

7. Con settimo motivo è denunciata, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere la CTR valutato la documentazione prodotta dai contribuenti e atta a giustificare l'assenza della merce risultante dall'inventario fisico del magazzino rispetto all'ammontare delle giacenze riportate in contabilità.

8. La causa non può accedere all'esame dei motivi dedotti, dovendo la Corte rilevare "ex officio", in via pregiudiziale, la nullità insanabile dei giudizi di merito in quanto affetti dal vizio di violazione del contraddittorio. Infatti, la controversia trae origine dalla separata impugnazione 1) di due avvisi di accertamento con i quali l'Ufficio aveva contestato nei confronti della L. & C. s.a.s, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 e art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, per gli anni 2005-2006, un maggiore reddito di impresa ai fini delle imposte dirette, Irap e Iva, decisa in primo grado con sentenza della CTP di Agrigento n. 163/7/11 del 7 febbraio 2011 e depositata il 7 marzo 2011; 2) di due avvisi di pagamento notificati a LA, quale socio, ai fini Irpef, per i medesimi anni, in relazione alla sua quota di partecipazione ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, decisa in primo grado con sentenza della CTP di Agrigento n. 155/7/11 del 7 febbraio 2011 depositata il 7 marzo 2011; 3) di due avvisi di pagamento notificati a SM, quale socio, ai fini Irpef, per i medesimi anni, in relazione alla sua quota di partecipazione ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, decisa in primo grado con sentenza della CTP di Agrigento n. 140/7/11 del 7 febbraio 2011 depositata il 7 marzo 2011; 4) di un avviso di pagamento notificato a GM, quale socio, ai fini Irpef, per i medesimi anni, in relazione alla sua quota di partecipazione ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, decisa in primo grado con sentenza della CTP di Agrigento n. 141/7/11 del 7 febbraio 2011 depositata il 7 marzo 2011; 5) di due avvisi di pagamento notificati a SG, quale socio, ai fini Irpef, per i medesimi anni, in relazione alla sua quota di partecipazione ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, decisa in primo grado con sentenza della CTP di Agrigento n. 252/7/11 del 4 aprile 2011 depositata il 2 maggio 2011. Avverso ognuna delle sentenze emesse dalla CTP di Agrigento la società e i soci presentavano separati appelli che, previa riunione, venivano decisi dalla CTR della Sicilia con la sentenza impugnata n. 1632/24/14. Secondo orientamento consolidato, a partire dall'arresto di Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815, «in materia tributaria l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci — salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali — sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario». Siffatto principio è applicabile anche nel caso di specie ove l'operata rettifica — che, come detto, riguarda il valore della produzione e il volume d'affari della società L. & C. s.a.s. e, di riflesso, i redditi di partecipazione dei singoli soci — è posta a fondamento, per gli anni 2005-2006, di maggiori pretese impositive per Irpef, Irap e Iva. Peraltro, come già precisato da questa Corte, «l'Irap è imposta assimilabile all'Ilor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l'Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del d.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell'Irap dovuta dalla società» (Cass., sez. un., n. 10145 del 2012). E' vero, inoltre, che, come statuito da questa Corte, «l'accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, comma 2, e d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci» (Cass. n. 12236 del 2010); tuttavia, qualora l'Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, come nel caso in questione, ad accertamenti Irpef, Irap ed Iva a carico di una società di persone, fondati su elementi comuni, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile Iva, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici (come nella specie), non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l'inscindibilità delle due situazioni (in senso conforme, v. Cass. n. 16607 del 2015 e, sia pur con riferimento ad avviso di accertamento per Iva ed Ilor, Cass. n. 12236 del 2010). Ricorrendo l'ipotesi descritta, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 546 del 1992, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile — anche d'ufficio — in ogni stato e grado del procedimento (Cass., sez. un., n. 14815 del 2008; e pluribus, Cass., n. 1047 del 2013, n. 13073 e n. 23096 del 2012). Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l'integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del D.Igs. n. 546 del 1992, art. 29), né dal collegio d'appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell'integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d'ufficio, l'annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., sez. un., n. 3678 del 2009; Cass. n. 12547 e n. 7212 del 2015, n. 18127 del 2013, n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007). In tal senso deve disporsi per la controversia in oggetto, concernente appunto gli elementi comuni delle fattispecie costitutive delle obbligazioni dedotte negli atti autoritativi impugnati, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità di integrazione. L'esigenza sostanziale del simultaneus processus non può invero ritenersi soddisfatta nel caso in esame, nemmeno nella prospettiva affermata da Cass. 18 febbraio 2010, n. 3830 secondo cui «nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell'esistenza e del contenuto dell'atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici; in tal caso, la ricomposizione dell'unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall'art. 111, secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l'osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio» (Cass. 29 gennaio 2014, n. 2014; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22122; Cass. 9 luglio 2010, n. 16223; v. anche, Cass. 10 febbraio 2010, n. 2907).

8.2. Nella specie, dal ricorso e dall'esame degli atti, si evince la mancata simultanea trattazione dei processi in primo grado (per essere stati celebrati quelli nei confronti della società e di tre soci il 7 febbraio 2011 e quello nei confronti dell'altro socio SG il 4 aprile 2011), riuniti solo in grado di appello, senza che ciò sanasse la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario. Pertanto, constatato il difetto d'integrità del contraddittorio, va dichiarata la nullità dei giudizi di merito e disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla competente Commissione tributaria provinciale per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, provvedendo il giudice del rinvio a disporre l'integrazione del contraddittorio, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 14, e a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara la nullità dei giudizi di merito, cassa la sentenza impugnata e dispone la rimessione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento, perché provveda, previa integrazione del contraddittorio, a nuovo giudizio e a regolamentare le spese del giudizio di legittimità; Cosi deciso il 13 novembre 2019

 

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