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Corte di Cassazione, Sez. V
Ordinanza n. 22353 del 13/09/2018
FATTI DI CAUSA
L'Agenzia delle entrate ricorre, sulla base di un motivo, nei confronti di G., avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (hinc: CTR) della Lombardia in epigrafe che - in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento che recuperava a tassazione, a fini IRPEF, per l'anno d'imposta 2005, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di una farmacia, sulla base di un accertamento con adesione che aveva rettificato il valore di mercato dell'azienda ai fini dell'imposta di registro - confermava la sentenza di primo grado, favorevole alla contribuente.
Il giudice d'appello ha negato che la rettifica del valore di cessione dell'azienda, dichiarato ai fini dell'imposta di registro, in assenza di ulteriori elementi di riscontro, sia prova sufficiente di una plusvalenza non dichiarata, derivante dalla cessione a titolo oneroso del bene, ai fini dell'imposizione diretta. La contribuente resiste con controricorso. Il Procuratore Generale P.M. ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, con le conseguenze di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Unico motivo di ricorso: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 c. 1 lett. a) e 2 primo e secondo periodo dpr 22.12.1986 n. 917, 51 commi 1 e 2 dpr 26.4.1986 n. 131, 2697 e 2729 c. 1 c.c.; 39 c. 1 lett. d) dpr 29.9.1973 n. 600, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.». Si deduce l'error iuris della sentenza impugnata che avrebbe ritenuto che la motivazione della ripresa, ai fini IRPEF, della plusvalenza da cessione a titolo oneroso dell'azienda (farmacia) non possa poggiare esclusivamente sulla considerazione che il valore dell'universitas sia stato rettificato ai fini dell'imposta del registro, laddove, invece, la Cassazione ha espresso un principio di diritto diametralmente opposto, vale a dire che l'Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere, in via induttiva, all'accertamento della plusvalenza di cessione di un bene sulla base dell'accertamento del suo valore ai fini dell'imposta di registro; in tale caso, secondo la Corte, è onere probatorio del contribuente superare la presunzione della corrispondenza tra il prezzo di cessione e il valore di mercato del bene ai fini dell'imposta di registro.
2.1. Il motivo è infondato. S'intende dare continuità all'indirizzo della Corte in virtù del quale: «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, [...] l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 - che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva - esclude che l'Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro (Cass.17 maggio 2017, n. 12265; Cass. 6 giugno 2016, n. 11543).». La decisione della CTR ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto.
3. Ne consegue il rigetto del ricorso.
4. Poiché la soluzione della controversia è dipesa dallo ius superveniens, posteriore alla sentenza impugnata, è congruo compensare, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, 1'11 luglio 2018
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