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Analisi casi processuali. Motivi di ricorso contro avviso di accertamento catastale Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Di seguito riportiamo le argomentazioni sviluppate, con successo, al fine di ottenere l'annullamento di un avviso di accertamento catastale, ottenuto in esito al ricorso ed al processo tributario che ne è seguito.

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“In data XXX, è stato notificato agli odierni ricorrenti l'avviso di accertamento catastale n. XXX (all. XXX), con il quale viene attribuito un nuovo classamento ed una nuova rendita all'unità immobiliare sita in XXX, via XXX n. XXX, di cui gli stessi sono titolari,  ciascuno per una quota pari ad ½.

Nello specifico, l'unità abitativa (id est appartamento risalente agli 60 di dimensioni contenute) è stata riclassificata dall'Ufficio “abitazione signorile” da ricomprendere nella categoria A/1 (con modifica della precedente categoria A/2).

Tale appartamento è stato acquistato dai ricorrenti con atto del XXX (Atto XXX: all. XXX), per la somma omnicomprensiva di XXX euro, per ivi stabilire il proprio nucleo familiare, composto dagli stessi e dai loro 3 figli.

All'atto di acquisto, l'immobile risultava accatastato in categoria A/2, classe 2, con rendita catastale pari - dal 2013 - ad euro XXX.

A seguito dell'acquisto venivano eseguiti alcuni lavori di ristrutturazione sull'immobile di cui trattasi, che non determinavano nessuna modificazione strutturale.

Nel massimo rispetto della normativa, con la presentazione, da parte dei contribuenti, di variazione DOCFA (all. X), veniva quindi modificata in aumento, in conseguenza dei lavori, la classe dell'immobile, con innalzamento della rendita catastale ad euro XXX.

Nondimeno, con avviso di accertamento catastale n. XXX (all. XXX) la categoria catastale dell'immobile veniva variata, senza alcun accertamento in loco né sopralluogo, e l'immobile veniva arbitrariamente ritenuto dall'Ufficio “abitazione signorile” (categoria A/1), con ogni conseguenza (tra l'altro, oltre ai risvolti ai fini IRPEF, TARES ed IMU, inapplicabilità di normative fiscali di favore, anche in caso di successiva vendita, ed innalzamento della rendita ad euro XXX).

Anche la consistenza dell'immobile veniva inopinatamente elevata da 6,5 vani a 7,5 vani.

Tale rideterminazione, giustificata dall'Ufficio unicamente sulla base di ignote “metodologie comparative”, avveniva, come menzionato, in assenza di verifiche di alcun tipo ed in maniera del tutto arbitraria.

Essendo ictu oculi evidente l'infondatezza della rettifica, in considerazione delle caratteristiche dello stabile e dell'appartamento medesimo, nonché della classificazione di immobili ubicati in edifici adiacenti e/o limitrofi, i contribuenti presentavano istanza di autotutela allegando relazione tecnica (all. X) asseverante la mancata corrispondenza delle caratteristiche dell'immobile con la rendita catastale attribuita con l'avviso di accertamento de quo.

Nonostante la presentazione dell'istanza di autotutela l'Ufficio ometteva l'annullamento dell'atto medesimo

(…)

1 – MOTIVAZIONE ASSENTE E/O MERAMENTE APPARENTE.

In via preliminare, va rilevato il difetto assoluto di motivazione dell'atto impositivo.

Infatti, l'avviso – in parte motivazionale – si limita a riportare la seguente dicitura:Le verifiche effettuate, ai sensi dell'art. 1 del decreto del ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701, hanno comportato la modifica dei dati di classamento e di rendita proposti con la citata dichiarazione e la conseguente determinazione della rendita catastale definitiva, come indicato nel prospetto riportato nel presente avviso di accertamento. La determinazione del nuovo classamento e della relativa rendita catastale è stata effettuata sulla base di metodologie comparative in conformità alle seguenti disposizioni che regolano il Catasto Edilizio Urbano: regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successivamente variato con decreto legislativo 8 aprile 1948, n. 514); decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142; art. 11 del decreto legge 14 marzo 1988 n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 13 maggio 1988, n. 154 – Norme in materia tributaria nonché per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani”.

Pertanto, l'Agenzia giustifica la classificazione come abitazione signorile di un appartamento situato a XXX di dimensioni contenute (cfr. variazione DOCFA: all. X), composto da soggiorno, cucina, 3 piccole stanze, e due bagni, risalente agli anni 60, ubicato in edificio privo di caratteristiche signorili per contenuto tecnologico (ed in particolare neanche di quelle indicate dalla legge 10/91 e successive modificazioni in campo di risparmio energetico), senza giardino interno, né tanto meno piscina o altri servizi di pregio, e addirittura privo di un servizio di portineria, sulla sola base di presunte “metodologie comparative”.

Ora, rimane oscuro come tale dicitura possa spiegare (a) le ragioni che hanno giustificato la variazione e (b) la metodologia che ha portato a qualificare come abitazione signorile un immobile come quello di cui si discute.

In altri termini, è ictu oculi evidente che si tratta - non di motivazione - ma piuttosto di una dicitura generica e stereotipata adatta a qualsivoglia immobile (ma sul punto la Corte di Cassazione ha propriamente affermato che è illegittimo l’atto di attribuzione di nuova rendita catastale se l’Agenzia del Territorio nel motivarlo utilizza formule “generiche e stereotipate” adattabili a qualsivoglia immobile: ex pluribus Cass. n. 11370/2012; vedi anche Cass. n. 9113/2012).

In altri termini, dalla lettura dell'avviso non è dato comprendere quali siano i presupposti di fatto a giustificazione dello stesso, presupposti che debbono imprescindibilmente essere esplicitati nell'avviso di accertamento, anche catastale.

Del resto, l’articolo 7 della legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), rubricato: “chiarezza e motivazione degli atti”, stabilisce espressamente, al primo comma, che: “gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione …”.

L’articolo 7 della Legge n. 212/2000, pertanto, ha inteso assecondare e fare propria una nozione di motivazione, comprendente non solo le ragioni di diritto, ma anche i presupposti di fatto, e soprattutto, i passaggi logici che conducono dalle acquisizioni istruttorie alla decisione finale dell’Amministrazione.

L'avviso è, dunque, chiaramente illegittimo sulla base delle disposizioni di legge.

Infatti, nel caso de quo, l’Agenzia delle Entrate - Ufficio Provinciale di XXX, in spregio delle disposizioni che sanciscono l’obbligo di motivare gli atti tributari, non spiega: (a) perché l'unità immobiliare di cui trattasi debba essere considerata un'abitazione signorile, (b) per quale motivo sia stato aumentato il numero di vani, né, tanto meno, (c) come l'Ufficio abbia rideterminato la nuova categoria (oltre agli ulteriori dati catastali) dell'immobile degli odierni ricorrenti.

L'avviso, pertanto, deve essere dichiarato nullo per assenza di idonea motivazione, in grado di giustificare il modus operandi dell'Ufficio e le modificazioni imposte dall'avviso di accertamento catastale impugnato.

2 – CARENZA DI OGNI REALE ATTIVITA' ACCERTATIVA E SOPRALLUGO.

Con l'avviso l'Ufficio rinnega le risultante della variazione c.d. DOCFA e, senza procedere a verifica né sopralluogo di sorta, ritiene di qualificare l'immobile di cui trattasi “abitazione signorile” (con il passaggio dalla categoria A/2 alla categoria A/1).

L'Agenzia, quindi, ha operato tale modifica in via del tutto “automatica” senza procedere ad alcuna attività accertativa, la quale, ove compiuta, avrebbe senz'altro evidenziato la destituzione di fondamento di una simile riclassificazione, accertando le reali caratteristiche dell'unità immobiliare e dell'edificio in cui la stessa è situata (già attestate in sede di autotutela con la presentazione di “relazione tecnica descrittiva ed asseverante la mancata corrispondenza delle caratteristiche dell'immobile con la rendita catastale attribuita con atto n. XXX”: all. X).

Per come si vedrà (par. X) e per come attestato dalla relazione tecnica (all. X), infatti, sono ampiamente assenti le caratteristiche “minime” per considerare l'immobile di proprietà di codesti odierni ricorrenti un'abitazione di tipo signorile.

Orbene, un tale modus operandi, alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali delle Corti di merito si mostra illegittimo; illegittimità che inficia inequivocabilmente la validità dell'atto, rendendolo nullo (di tale avviso ex multis CTR Roma n. 191/01/10).

Sul punto, pertanto, l'accertamento si palesa ulteriormente viziato ed andrà dichiarato nullo e/o comunque illegittimo e privo di ogni effetto.

3 – INFONDATEZZA NEL MERITO DELL'AVVISO DI ACCERTAMENTO.

3.1. Mancanza dei requisiti per classificare l'appartamento come “abitazione signorile” (categoria A/1).

Con l'avviso di accertamento in questa sede impugnato, per come già menzionato, si è proceduto a modificare i dati di classamento e la rendita dell'unità immobiliare di proprietà di codesti odierni ricorrenti.

In particolare, è stata rideterminata la categoria del predetto immobile da “abitazione di tipo civile” ad “abitazione di tipo signorile”, nonché la consistenza dello stesso da 6,5 vani a 7,5 vani, e ciò senza alcun tipo di sopralluogo o verifica in loco.

Di conseguenza anche le imposte collegate alla stessa rendita sono aumentate considerevolmente. Si pensi all’IRPEF e relative addizionali, all’IMU, alla TARES; inoltre in caso di trasferimento della proprietà, si pensi all’imposta di registro, alle imposte ipo-catastali e all'imposta di successione/donazione.

Dunque, tale revisione catastale determina importanti effetti negativi per il nucleo familiare dei ricorrenti, composto dagli stessi e da 3 figli.

Invero, la categoria catastale indicata dall'Ufficio è prevista dal legislatore per categorie di immobili del tutto differenti.

L'analisi delle caratteristiche proprie delle abitazioni di tipo signorile renderà evidente che l'immobile di cui discutiamo non può sicuramente rientrare in tale categoria.

Le abitazioni di tipo signorile (categoria A/1) presentano, infatti, caratteristiche proprie di pregio (quanto a superficie, presenza di parchi, piscine e campi da tennis, decorazioni e quant'altro) senz'altro non presenti nell'immobile oggetto di analisi.

In particolare:

                     l'immobile degli odierni ricorrenti presenta superficie pari a 132 mq (cfr. variazione DOCFA: all. X), mentre la superficie minima per considerare un'unità immobiliare come “abitazione di tipo signorile” è di regola superiore a 230 mq. Per converso, sono nella prassi identificate quali abitazioni di tipo civile le abitazioni con superficie compresa tra 90 e 230 mq (e l'immobile di cui trattasi ricade ampiamente in tali dimensioni);

                     nelle abitazioni di tipo signorile sono presente almeno 3 o più servizi (con finiture di eccezionale pregio) mentre nell'immobile degli odierni ricorrenti ne sono presenti unicamente due, peraltro di dimensioni decisamente contenute;

                     le abitazioni di tipo signorile sono collocate in edifici che presentano ampi giardini comuni, ovvero piscine, campi da gioco, e quant'altro; tutto ciò non è presente nell'edificio in cui è situato l'appartamento di cui si discute.

Ancora, l'immobile dei ricorrenti non presenta alcuna caratteristica costruttiva, tecnologica o rifinitura di livello superiore al normale, né tanto meno di eccezionale pregio, come richiesto per le abitazioni di tipo signorile.

Anzi, come dimostrato dal materiale fotografico allegato (all. X), l'edificio stesso presenta numerosi difetti estetici ed un pessimo stato di manutenzione.

3.2. Ulteriori considerazioni sull'edificio in cui è situato l'immobile.

Si evidenzia, inoltre, che il condominio non ha alcuna delle caratteristiche delle abitazioni di tipo signorile. Anzi, l'esame del materiale fotografico (all. X) mostra che le condizioni dello stabile non sono certo ottimali.

Quanto ai limitati spazi esterni, non sono presenti né giardini, né campi da gioco o da tennis, né piscine o palestre a servizio dei condomini (che peraltro, sulla base del disposto di cui al D.M. 2 agosto 1969 rileverebbero, ove presenti, solo se a disposizione di meno di 15 unità immobiliari).

Ancora, non sono presenti decorazioni di pregio né tanto meno dipinti a mano nelle pareti o nei soffitti, né sono stati adoperati materiali di particolare pregio o valore nei soffitti, nelle pareti, nei pavimenti o negli infissi.

Tutti gli spazi esterni sono addirittura condivisi con un altro condominio di caratteristiche similari (peraltro, le unità immobiliari presenti in tale condominio sono tutte classificate in categoria A/2, per come si vedrà), e servono sostanzialmente solamente quali spazi di manovra per i box (spazi in cui sono ubicati anche i cassonetti per la raccolta dei rifiuti, non essendovi ulteriori spazi a questa dedicati).

Oltre a non esservi servizi signorili, è addirittura assente il servizio di portierato, un tempo presente, e vi è un solo montacarichi.

E' dunque chiaro che qualsiasi classificazione in categoria A/1 di unità immobiliari presenti in un simile edificio è erronea e inattuale.

3.3. Ulteriori considerazioni sull'appartamento dei ricorrenti.

L'appartamento degli odierni ricorrenti è utilizzato dal loro nucleo familiare, composto dagli stessi e dai loro 3 figli.

Malgrado le dimensioni ridotte (130 mq circa) si è cercato di sistemarlo in maniera tale da essere funzionale al nucleo familiare dei ricorrenti, che, per come si vedrà (cfr. par. X) non possiedono redditi di rilievo (vedi ISEE 2013: cfr. all. X, che evidenzia redditi rispettivamente di poco più di XXX e XXX euro).

L'immobile è composto da una zona soggiorno-cucina, da 3 piccole stanze, e due bagni di dimensioni alquanto contenute.

Non è presente alcun tipo di caratteristica tecnologica di rilievo (ed invero neanche quelle indicate dalla legge n. 10/1991 e successive modificazioni in campo di risparmio energetico).

L'immobile, d'altronde, risale agli anni 60, e quindi la vetustà e la mancanza di lavori di ristrutturazione straordinaria hanno compromesso lo stato di maggior pregio che, nei risalenti anni 60, poteva al limite avere l'immobile.

L'appartamento non ha neanche caratteristiche signorili per rifiniture, posto che: le porte sono in mdf laccato (cioè pannelli di fibra e quindi neanche legno, tanto meno pregiato), battiscopa in mdf, infissi in pvc, pavimenti in gres. Parimenti non vi sono tappezzerie né legni di decorazione nelle pareti, né rifiniture di pregio di alcun tipo.

Insomma, non vi è alcun elemento che possa supportare l'assunto che si tratti addirittura di un'abitazione signorile, da collocare all'interno della categoria A/1.

4.                 ANALISI COMPARATA – CLASSIFICAZIONE DEGLI IMMOBILI UBICATI NEGLI EDIFICI ADIACENTI.

L'infondatezza della nuova classificazione dell'appartamento dei ricorrenti è dimostrata anche dall'analisi comparata della classificazione catastale degli appartamenti situati all'interno di edifici limitrofi.

In particolare, si evidenzia sin d'ora che parliamo di immobili assolutamente vicini e/o adiacenti (ed ubicati ad una distanza di massimo 300 mt ca. dall'edificio di codesti odierni ricorrenti).

Le visure mostrano che tutti questi immobili sono classificati al massimo in categoria A/2 e non certamente in categoria A/1.

Pertanto, tali immobili ed edifici rappresentano, da un lato, un esempio della tipologia di unità immobiliari correttamente rientranti in categoria A/2 e, dall'altro lato, si pongono quale tertium comparationis nel giudizio di razionalità ed eguaglianza amministrativa, imposto anche ai fini della classificazione catastale degli immobili (come in generale in ogni attività amministrativa), dal combinato disposto degli artt. 3 e dell'art. 53 della Costituzione.

In altri termini, l'Amministrazione non può classificare diversamente edifici aventi analoghe caratteristiche né tanto meno imporre un più oneroso trattamento fiscale ai possessori di immobili aventi caratteristiche di pari o minor pregio rispetto a quello conseguente alla classificazione di immobili limitrofi, situati in edifici analoghi o di maggior pregio; pena, l'illegittima lesione del combinato disposto degli artt. 3 e 53 della Costituzione.

4.1. Edificio in via XXX n. X.

Gli immobili ubicati in tale edificio presentano caratteristiche tecnico-costruttive superiori rispetto a quello dei ricorrenti, e sono di recente costruzione (l'immobile dei ricorrenti, arbitrariamente considerato abitazione signorile, risale invece agli anni 60). Anche rifiniture e servizi sono di grado superiore. Inoltre l'edificio possiede ampie zone condominiali con parco privato, finte cascate e fontane, e spazi verdi estremamente curati. Ed infatti, in considerazione di tali caratteristiche, il PGT lo fa rientrare nel tipo b6/b (ambiti con presenze di interesse ambientale).

Il materiale fotografico che si allega (all. X) dimostra chiaramente il maggior pregio dell'edificio ove comparato a quello degli odierni ricorrenti (all. X).

Orbene, come dimostrato da visura (all. X), tutti i predetti appartamenti sono classificati in categoria A/2.

4.2. Edificio in via XXX n. XX.

L'edificio presenta pari caratteristiche tecnologico-costruttive e di rifinitura rispetto a quello dei ricorrenti; inoltre, in tale edificio sono addirittura presenti (come dimostra l'allegato materiale fotografico: all. X) ampie aree esterne con verde condominiale, porticato coperto, vano condominiale per bici e vano condominiale per immondizia chiuso.

L'esame della visura (all. XX) mostra che tutti gli appartamenti ivi ubicati sono classificati in categoria A/2 (anche quelli aventi una consistenza ben superiore rispetto a quello dei ricorrenti).

4.3. Edificio in via XXX n. X.

Gli immobili di tale edificio sono tutti classificati in categoria A/2 (all. XX), pur presentando pari caratteristiche tecnologico-costruttive e pari servizi rispetto a quello dei ricorrenti, con il quale l'edificio peraltro condivide tutte le zone esterne.

4.4. Edificio in via XXX n. X.

Gli immobili di tale edificio presentano caratteristiche tecnologiche costruttive superiori in quanto trattasi di complesso storico completamente ristrutturato. Inoltre, l'edificio possiede ampie aree esterne verdi condominiali, parco interno privato e porticati coperti (cfr. materiale fotografico: all. XX). La collocazione nel PGT all'interno del tipo B6/b (ambiti con presenze di interesse storico ambientali) rispecchia tali caratteristiche.

Anche in tal caso gli appartamenti sono tutti classificati al massimo in categoria A/2 (all. XX).

4.5. Edifici in via XXX nn. X e X.

Anche in tal caso tutti gli immobili, di pari caratteristiche tecnologico-costruttive e di rifinitura, sono classificati al massimo in categoria A/2 (all. XX). Inoltre i due condomini, a differenza di quello dei ricorrenti, presentano aree esterne con verde condominiale.

4.6. Edificio in XX n. XX.

Gli immobili ivi presenti mostrano caratteristiche tecnologiche e costruttive decisamente superiori trattandosi di un complesso storico, peraltro completamente ristrutturato. Sono inoltre presenti aree verdi esterne condominiali, parco interno privato e portici coperti (cfr. materiale fotografico: all. XX). Anche la collocazione all'interno del PGT è superiore, essendo di tipo B6/b (ambiti con presenze di interesse storico e ambientale).

Anche in tal caso tutti gli immobili sono classificati, nonostante il maggior pregio dell'edificio, al massimo in categoria A/2 (all. XX).

4.7. Edificio in viale XXX n. X.

L'edificio di cui trattasi presenta analoghe caratteristiche  tecnologico-costruttive e di rifinitura. Anche in tal caso tutti gli appartamenti situati in tale edificio sono classificati al massimo in categoria A/2 (all. XX).

4.8. Edifici in XXX nn. XX.

Gli edifici di cui trattasi presentano analoghe caratteristiche tecnologico-costruttive e di rifinitura rispetto a quello dei ricorrenti, ed inoltre possiedono spazi esterni, qualitativamente e quantitativamente, maggiori ovvero presentano particolari estetici ed architettonici superiori.

Anche in tal caso tutti gli appartamenti situati in tali edifici sono classificati al massimo in categoria A/2 (all. XX).

***

Anche alla luce dell'analisi comparata è dunque evidente che, in virtù dei principi di cui agli artt. 3 e 53, l'appartamento degli odierni ricorrenti non può essere classificato nella categoria A/1, quale abitazione signorile, in quanto non ne presenta alcuna delle caratteristiche minime.

Infatti, come dimostrano le visure allegate, non possono essere considerati tali – né lo sono stati – neanche appartamenti con caratteristiche ben più prestigiose.

In altri termini, l'Amministrazione Finanziaria non può classificare del tutto arbitrariamente un immobile come abitazione signorile; invero può procedere ad una simile rettifica solamente qualora lo stesso possegga le caratteristiche minime (cfr. par. X) per essere considerato tale. Parallelamente, non può classificare ad libitum un immobile come “abitazione signorile” ed immobili di maggior pregio come “abitazione ad uso civile”, perché ciò si tradurrebbe – oltre che nella negazione delle norme che distinguono le categorie urbanistiche -– nella violazione dell'art. 53 Cost. imponendo a chi manifesta minor capacità contributiva (perché proprietario di appartamenti più economici e di minor valore) un più gravoso trattamento fiscale rispetto a soggetti che manifestano una maggior capacità contributiva (in quanto proprietari di immobili più prestigiosi e di maggior valore).

5 – SULLA RESPONSABILITA RISARCITORIA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE.

L’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di XXX, pur in assenza di qualsiasi sopralluogo e verifica tecnica, malgrado fossero chiari gli elementi che chiarivano l'erroneità di una collocazione in categoria A/1 (abitazione di tipo signorile) dell'unità immobiliare degli odierni ricorrenti, malgrado tale erroneità fosse stata asseverata da apposita relazione tecnica, ha omesso di annullare, in accoglimento dell'istanza di autotutela proposta dai contribuenti, l'erroneo avviso di accertamento catastale, in questa sede impugnato.

L'omissione dell'Amministrazione, quindi, costringe ingiustamente i ricorrenti, a sostenere gli oneri, anche economici, connessi alla proposizione del presente ricorso.

In altri termini, nel caso di specie, l’Amministrazione Finanziaria mostra chiaramente di perseguire un interesse “egoisticamente fiscale”[1] omettendo arbitrariamente (si ricorda ancora una volta che non sono state eseguite verifiche di alcun tipo né tanto meno sopralluoghi specifici) di riconoscere l'insussistenza di una riclassificazione in categoria A/1 dell'immobile di cui si discute.

L’illegittimità del modus operandi dell’Amministrazione Finanziaria si mostra ancor più marcato se sol si consideri che sarebbe stato sufficiente un esame degli elementi offerti in sede di autotutela, e nel caso di ulteriori dubbi, un sopralluogo specifico, per accertare l'erroneità dell'avviso de quo.

L'omesso positivo riscontro, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, dell'istanza di autotutela presentata dai contribuenti, rappresenta, dunque, un caso scolastico di danno ingiusto arrecato ai ricorrenti.

Per completezza e precisione, inoltre, sembra opportuno menzionare che la Suprema Corte, ormai pacificamente, riconosce la responsabilità della Pubblica Amministrazione, e segnatamente dell’Amministrazione Finanziaria[2], per violazione del principio fondamentale del “neminem laedere”, previsto dall’art. 2043 c.c., e dei propri obblighi procedimentali, qualora il comportamento, anche omissivo, della stessa, abbia arrecato un danno al privato contribuente ovvero costituisca violazione dei principi dell’ordinamento (ex multis Cass. n. 5120/2011, Cass. n. 698/2010).

In via generale, pertanto, il contribuente ha titolo per richiedere ed ottenere il risarcimento di tutti gli oneri sostenuti e le perdite subite, comprese le spese processuali (cfr. Cass. n. 1191/2003), il danno da rivalutazione monetaria (cfr. Cass. n. 16871/2007), i danni ex art. 96 c.p.c.[3] (cfr. Cass. SS.UU. n. 1082/1997) ed ogni maggior danno (cfr. Cass. 14449/2010; n. 5120/2011; Cass. n. 5734/ 2004), anche morale (cfr. CTR Bari, sentenza 18.12.2009).

Inoltre, le più recenti pronunce della Suprema Corte appaiono estendere la giurisdizione del giudice tributario adito anche a tale domanda (cfr. Cass. n. 14449/2010, Cass. n. 5120/2011).

Non è inutile rammentare che l'omesso annullamento, a seguito di istanza in autotutela, di un atto illegittimo, rappresenta proprio l'ipotesi più frequente di danno risarcibile arrecato dall'Amministrazione Finanziaria al contribuente (ex pluribus Cass. n. 698 del 2010).

Pertanto, unitamente alla pronuncia di annullamento dell'illegittimo avviso di accertamento catastale, in questa sede impugnato, si demanda la liquidazione di una somma, ritenuta di giustizia, a titolo di risarcimento dei danni patiti dai ricorrenti. 

 

[1] La Corte di Cassazione ha precisato che “il vero interesse del fisco non è quello di costringere il contribuente a soddisfare pretese sostanzialmente ingiuste profittando di situazioni contingenti ad esso favorevoli sul piano amministrativo o processuale, bensì quello di curare che il prelievo fiscale sia sempre in armonia con l’effettiva capacità contributiva del soggetto passivo” (ex multis Cass. n. 2575/1990; nella giurisprudenza di merito si veda CTR Roma 16/05/2000).

[2] È possibile rinvenire espresso riconoscimento dell’applicabilità della clausola generale dell’art. 2043 del codice civile anche alla materia fiscale già in Cass. SS.UU. n. 722/1999.

[3] La facoltà di richiedere e ottenere, nel giudizio tributario, la condanna per lite temeraria è riconosciuta dalla stessa Amministrazione Finanziaria (Circolare 19 giugno 2000, n. 2 della Direzione Regionale delle Entrate per il Lazio). In giurisprudenza cfr. CTR del Lazio sentenza n. 179/2010, CTP di Reggio Emilia sentenza n. 90/2010, CTP di Torino sentenza n. 115/2009, CTP di Milano sentenza n. 314/2007, CTR del Lazio sentenza n. 291/2007.

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