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Inammissibile il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate che non espone il contenuto del provvedimento impugnato dal contribuente nei gradi di merito.

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Estratto: “l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza resa in appello, che ha confermato l'annullamento di un atto di recupero concernente un credito IVA della XXX s.r.l. maturato negli anni 2000 e 2001, senza esporre neppure sommariamente il contenuto del detto provvedimento e soffermandosi diffusamente, invece, sulle motivazioni rese da altra sentenza della commissione tributaria regionale”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 13754 del 22 maggio 2019

FATTI DI CAUSA

La C. s.r.l., in liquidazione, impugnò l'atto di recupero notificato dall'Agenzia delle Entrate, relativo ad un credito IVA, maturato negli anni - 2000 e 2001 - in cui la contribuente non aveva presentato dichiarazioni ed utilizzato dalla medesima società nella dichiarazione presentata nell'anno 2003. Accolta l'impugnazione in primo grado, l'Agenzia delle Entrate propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza depositata il 20 settembre 2011 lo respinse. Avverso la detta sentenza, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro mezzi; C. s.r.l. non ha spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce la ricorrente la violazione dell'art. 41 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, dell'art. 55 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c., avendo il giudice di merito respinto il gravame dell'amministrazione, nonostante la mancata presentazione delle dichiarazioni annuali da parte della contribuente giustificasse il ricorso ad un accertamento di tipo induttivo dei redditi percepiti. Con il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza, ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., palesandosi come apparente la motivazione del giudice di merito, il quale non ha indicato le ragioni che inducevano a superare l'accertamento induttivo operato dall'amministrazione. Con il terzo motivo eccepisce vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., avendo la commissione tributaria regionale omesso di motivare in ordine alle ragioni che inducevano a ritenere insussistenti i maggiori ricavi accertati dall'amministrazione. Con il quarto motivo deduce ulteriore vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., in quanto la commissione tributaria regionale non ha spiegato su quale fondamento abbia tratto la conclusione che la contribuente avrebbe visto ridursi drasticamente, negli anni oggetto di accertamento, il proprio attivo patrimoniale.

2. I detti motivi, meritevoli di esame congiunto stante la comunanza di oggetto, sono tutti parimenti inammissibili per quanto si dirà. Com'è noto, nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall'art. 366, n. 3), c.p.c., dell'esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l'inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonché alla verifica dell'ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. 24/04/2018, n. 10072; vedi anche Cass. s.u. 22/05/2014, n. 11308). Orbene, nella vicenda all'esame, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza resa in appello, che ha confermato l'annullamento di un atto di recupero concernente un credito IVA della C. s.r.l. maturato negli anni 2000 e 2001, senza esporre neppure sommariamente il contenuto del detto provvedimento e soffermandosi diffusamente, invece, sulle motivazioni rese da altra sentenza della commissione tributaria regionale - addirittura integralmente riprodotta nel corpo del ricorso -, pronunciata nell'ambito di un diverso giudizio, avente per oggetto un avviso di accertamento spiccato nei confronti della medesima contribuente, in forza del quale, sempre per gli anni 2000 e 2001, l'Amministrazione aveva accertato un rilevante debito IVA della medesima C. s.r.l.

L'impossibilità, dunque, di inferire quale fosse l'esatto contenuto dell'atto di recupero impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano e, di conseguenza, quale rilevanza, ai fini della decisione resa dal giudice di appello, abbia avuto il diverso giudizio definito con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che è poi quella oggetto di tutte le censure esposte con i motivi in esame, rende gli stessi tutti parimenti inammissibili. 3. Nulla sulle spese in difetto di costituzione in giudizio dell'intimata; essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso l'obbligo di versare dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 17789).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il giorno 24 ottobre 2018.

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