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Imposta sugli intrattenimenti. L’esercente non era responsabile in solido. La Corte accoglie il ricorso e decidendo nel merito annulla l’avviso di accertamento impugnato. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “dalla interpretazione delle leggi che si sono succedute nel tempo emerge in modo inequivocabile come il legislatore -nell'intervenire in ordine alla individuazione dei soggetti responsabili in via principale o solidale del tributo in questione- abbia, di volta in volta, ampliato ovvero ridotto l'ambito della responsabilità attraverso disposizioni alle non è dato in alcun modo di potere assegnare carattere retroattivo ovvero natura di interpretazione autentica con portata retroattiva, peraltro esclusa da questa Corte”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 32616 del 12 dicembre 2019

Rilevato, in fatto, che - La predetta sentenza - nel rigettare l'appello proposto da S. confermava la sentenza della commissione tributaria provinciale di Perugia di rigetto del ricorso proposto dal S. quale titolare di un esercizio commerciale avverso avviso di accertamento per l'anno d'imposta 2006 - relativamente ad un apparecchio di intrattenimento con danaro non collegato alla rete e non munito del prescritto nulla osta, mai rilasciato dall'Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, cui è succeduta ex lege l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, odierna intimata- con il quale era stato richiesto alla contribuente il pagamento di euro 10.475,52 comprensivi di interessi e sanzione irrogata;

- Si dà atto nella sentenza della CTR che il contribuente ha instaurato il presente giudizio per sentire che fosse esclusa la propria responsabilità - in solido con la società installatrice dell'apparecchio nell'esercizio di cui era titolare - in quanto non era ancora vigente (l'anno d'imposta che interessa è il 2006) l'art. 39 quater del d.l. 269/2003 (entrato in vigore 1'1.1.2007) che prevede la responsabilità solidale del titolare dell'esercizio, che risultava esclusa dalla normativa precedente (art. 39 comma 13 d.l. 269/2003 nel testo vigente fino al 31.12.2006) e rivendicando la propria buona fede -fondata sulla circostanza che l'apparecchio fosse munito di nulla osta, sia pure falso - tale da fare venire meno comunque la sua responsabilità;

- Nel confermare la sentenza di primo grado, la CTR ha fatto propri, condividendoli (al pari dei primi giudici), gli argomenti esposti dall'Amministrazione, in virtù dei quali la responsabilità solidale del S. è stata ritenuta in base alla legge vigente all'epoca dell'accertamento (e non di quella che sarebbe entrata in vigore solo successivamente), tanto che la sanzione irrogata è stata del 30% e non quella compresa tra il 120% e il 240% della nuova normativa e la invocata buona fede è risultata sfornita di prova atteso che il fatto che sull'apparecchio installato figurasse il nulla osta (evidentemente falso) apposto dall'installatore avrebbe dovuto comunque indurre il S. - solo usando l'ordinaria diligenza - ad accertarsi presso l'Amministrazione circa l'effettivo rilascio del nulla osta. La CTR ha altresì richiamato i principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 334 del 19.10.2006, secondo la quale soggetto passivo del tributo, ai sensi dell'art. 2 DPR 640/72 — che disciplina l'imposta sugli intrattenimenti - è chiunque organizza le attività soggette all'imposta e tale è (anche) il titolare dell'esercizio che ha concorso ad organizzare le attività soggette alla imposizione. La sentenza gravata si è quindi soffermata sulla normativa per ultimo citata per confermare come alla contribuente dovesse riconoscersi la qualità di soggetto concorrente nella organizzazione della attività di intrattenimento, quale titolare dell'esercizio (in tal senso dovendosi interpretare la modalità di determinazione del corrispettivo costituito dalla partecipazione percentuale agli introiti: circostanza non contestata) e dunque - per quanto di interesse nella presente sede - di "soggetto d'imposta" ex art. 2 predetto DPR, norma contenente "i principi generali in materia di imposta sugli intrattenimenti", non derogata in alcun modo - è la conclusione della sentenza dei secondi giudici - dalla normativa specifica (art. 39 comma 13 d.l. 269/2003 nel testo vigente fino al 31.12.2006) come testimoniato dal fatto che l'Amministrazione ha calcolato le sanzioni nella misura del 30%; Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso il S., affidato a sei motivi;

- L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, non costituita nei termini con controricorso, si costituisce al solo fine della eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa ai sensi dell'art. 370 comma 1 c.p.c.;

Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dall'art. 1 bis del d.l. 31.8.2016 n. 168 convertito con modificazioni dalla legge 25.10.2016 n. 197.

Considerato che

- Il ricorso si compone dei seguenti motivi, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. 1) "Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del DPR 26.10.1972 n. 640 come modificato dal d. Igs. 26.2.1999 n. 60 in attuazione L. 288/98" 2) "Violazione e falsa applicazione dell'art. 39 quater comma 2 d.l. n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003" 3) "Violazione e mancata applicazione dell'art. 39 comma 13 del d.l. n. 269/2003 convertito dalla legge n. 263/2003" 4) "Violazione del principio di irretroattività" 5) "Violazione art. 3 L. 689/1981" 6) "Incertezza riguardo al quantum dell'imposta riferibile all'anno 2006".

- I motivi sub 1), 2), 3) possono essere trattati congiuntamente perché connessi: essi appaiono fondati. La CTR ha deciso sulla base di una "interpretazione sistematica della normativa vigente alla data dell'accertamento"; prendendo le mosse dal DPR 640/1972 (istitutivo della imposta sugli intrattenimenti, genericamente intesa) -in forza del quale l'esercente, come è S., in quanto soggetto che organizza gli intrattenimenti è soggetto d'imposta - finisce con il rigettare il ricorso della contribuente (confermando la sentenza di primo grado) escludendo che la normativa specifica vigente all'epoca dell'atto impositivo (anno 2006) "deroghi ai suddetti principi" per così concludere "La introduzione decorrere dall'1.1.2007 di una previsione espressa di solidarietà per il titolare dell'esercizio non vale dunque a sostenere, tramite ragionamento a contrario, la tesi della insussistenza della solidarietà sotto la normativa antecedente, apparendo piuttosto una mera e più esplicita reiterazione della previsione di responsabilità già ricavabile anche in precedenza dalla interpretazione sistematica di tutta la normativa. Il fatto che la sanzione sia stata irrogata in misura del 30% conferma che l'A. ha operato in base alla normativa vigente al momento dell'accertamento ed esclude qualsiasi questione circa una applicazione retroattiva della normativa attuale". Così motivando -osserva il collegio- la stessa CTR smentisce la precedente affermazione circa l'assenza di deroghe da parte della normativa specifica rispetto ai "principi di carattere generale" di cui al DPR 640/72, dal momento che ritiene applicabile alla fattispecie la normativa vigente al tempo dell'accertamento escludendo espressamente l'applicabilità di una norma entrata in vigore successivamente, la quale ha istituito la responsabilità solidale di più soggetti (art. 39 quater, comma 2 d.l. 269/2003 convertito dalla legge 326/2003), che rappresenta l'unico titolo giuridico legittimante (in via puramente teorica, dal momento che tale norma è vigente dall'1.1.2007, mentre l'atto in contestazione è del 2006) la pretesa fiscale nei confronti del S., la cui responsabilità deve pertanto essere esclusa "ratione temporis".

Inoltre -contrariamente a quanto ritenuto sul punto dai giudici del merito- la circostanza per cui la sanzione inflitta sia stata del 30%, e non quella maggiore prevista dall'art. 39 quater, conferma appieno come la fattispecie in contestazione ricada sotto la vigenza della originaria formulazione normativa e cioè l'art. 39 comma 13 del più volte citato d.l. 269/2003 (che non prevede -si ripete responsabilità di sorta in capo all'esercente, quale è il S.) alla cui previsione, appunto, è riconducibile la misura della sanzione in concreto inflitta. La materia ha costituito oggetto di plurimi interventi legislativi succedutesi nel tempo: all'art. 39 comma 13 d.l. 269/2003 (in vigore nel 2006, anno dell'atto per cui è causa) ha fatto seguito l'art. 39 quater stesso d.l. introdotto dall'art. 1, commi 83 e 84 legge 296/2006 (in vigore dall'1.1.2007) e, per ultimo, l'art. 15 comma 8 quaterdecies d.l. 78/2009 convertito dalla legge 102/2009 (per la quale responsabile principale è l'autore dell'illecito, contemplandosi la responsabilità solidale di installatore, possessore o detentore degli apparecchi, esercente dei locali, concessionario -purchè non già debitori a titolo principale- ed a condizione che "non sia possibile l'identificazione " dell'autore principale). Ebbene, dalla interpretazione delle leggi che si sono succedute nel tempo emerge in modo inequivocabile come il legislatore -nell'intervenire in ordine alla individuazione dei soggetti responsabili in via principale o solidale del tributo in questione- abbia, di volta in volta, ampliato ovvero ridotto l'ambito della responsabilità attraverso disposizioni alle non è dato in alcun modo di potere assegnare carattere retroattivo ovvero natura di interpretazione autentica con portata retroattiva, peraltro esclusa da questa Corte -va detto per completezza- con specifico riguardo al d.l. 78/2009 (cass. n. 14563 del 6.6.2018). Né sembra conferente il riferimento, operato dalla CTR, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 334 del 19.10.2006, trattandosi di decisione che -pronunciata in sede di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione circa la individuazione dell'Ente cui competevano gli introiti del nuovo prelievo (PREU)- era incentrata sulla soluzione del problema presupposto concernente la individuazione della natura del prelievo (se erariale o meno). Per concludere si segnala che la presente decisione non si discosta in nulla dalla recente sentenza n. 5093/2019 vertente sul medesimo oggetto. I restanti motivi restano assorbiti. - La sentenza va dunque cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito ed accogliere l'originario ricorso della contribuente. - La novità della questione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di merito e di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso del contribuente ed annulla l'atto impugnato. Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di merito e di questo giudizio di legittimità. Roma, 19 febbraio 2019.

 

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