Massima: “Il reato ex art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, prevede un dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti, i redditi o il volume degli affari. Si tratta di un reato a condotta vincolata commissiva con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva della documentazione contabile. Ne consegue che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo - il non avere tenuto le scritture in modo che sia stato obbiettivamente più difficoltosa la ricostruzione della situazione contabile - ma richiede, per l'integrazione della fattispecie penale, un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell'occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture”.
Massima: "E' detraibile l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile in cui si svolge l'attività d'impresa, anche se lo stesso non appartiene al contribuente. In linea generale il diritto alla detrazione spetta con riguardo a beni che sono all'attività d'impresa strumentali. Quest'ultimo requisito viene meno soltanto quando l'attività economica anche potenziale cui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente. Nel caso di specie il giudice di merito doveva verificare, con un accertamento di fatto, l'esistenza o meno della natura strumentale dell'immobile rispetto all'attività economica in concreto svolta o che avrebbe potuto svolgere dal contribuente, tralasciando il fatto che in concreto vi fosse in corso la ristrutturazione per l'immobile in cat. A/2 abitativa".
Massima: “La cessione della lista clienti e di dipendenti privi di poteri di rappresentanza, da parte della consociata, non costituisce una cessione di ramo d'azienda, ovvero di un compendio in grado di produrre in via autonoma un reddito d'impresa. Ne consegue che la deduzione del costo d'acquisto è nei limiti di un decimo anziché un diciottesimo”.
Massima: “1) La Corte interpreta l'art. 2, par. 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, sul sistema comune dell'IVA nel senso che le operazioni come quelle oggetto del procedimento principale rappresentano -in conformità alla stessa direttiva- prestazioni di servizi a titolo oneroso risultando nel cambio di valuta tradizionale contro la valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, un rapporto giuridico sinallagmatico ove "il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al beneficiario". “2) La Corte interpreta l'articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112 nel senso che, costituiscono operazioni esenti dall'IVA, ai sensi della succitata direttiva, le prestazioni di servizi, come quelle del procedimento principale, che constano nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, ancorché realizzate mediante il corrispettivo di una somma equivalente alla differenza tra, il prezzo al quale l'operatore interessato acquista le valute e, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti. Stante la ratio della norma intesa al superamento delle difficoltà che conducono alla determinazione della base imponibile, nonché dell'importo dell'IVA detraibile che sorgono nel contesto dell'imposizione delle operazioni finanziarie segnatamente previste, la Corte interpreta l'articolo 135, paragrafo 1, lettere d), della direttiva 2006/112 nel senso che tali prestazioni di servizi non rientrano nel campo di applicazione di tali disposizioni”.