Contribuente residente a Dubai chiede il rimborso delle imposte in conformità alla Convenzione contro le doppie imposizioni. Vince sia in primo grado che appello. L’Agenzia delle Entrate dovrà rimborsare
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L’Agenzia delle Entrate pretese il pagamento (di tasca propria) anche all’Amministratore di fatto della società utilizzatrice di asserite false fatture. Ma il contribuente riesce ad ottenere la vittoria in Cassazione: l’Agenzia doveva acquisire maggiori riscontri probatori anche per dimostrare l’assenza di vitalità della società, e che la stessa era mero schermo dell’Amministratore di fatto.
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Estratto: “la mancata produzione tempestiva della delega di firma pretesamente conferita al funzionario sottoscrittore dell'impugnato avviso di accertamento dal Capo dell'Ufficio costituisce, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, un profilo di nullità assoluta dell'atto oggetto d'impugnazione”.
Massima: “In tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, incombe sulla stessa l'onere di provare non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza nel destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione d'imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto. Inoltre, in riferimento al regime del reverse charge è stato chiarito che in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, la direttiva n. 2006/112/CE, letta in combinazione con il principio di neutralità fiscale, dev'essere interpretata nel senso che a un soggetto passivo va negato l'esercizio del diritto a detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di beni che gli sono stati ceduti, qualora tale soggetto passivo abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura che egli stesso ha emesso per tale operazione nell'ambito dell'applicazione del regime dell'inversione contabile, se, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti da tale soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva la qualità di soggetto passivo o se è sufficientemente dimostrato che tale soggetto passivo ha commesso un'evasione dell'IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'iscriveva in una simile evasione”.
L’avviso di accertamento conteneva pretese non provate dall’Agenzia delle Entrate. La stessa non ha provato la fittizietà del contratto. Accertamento integralmente annullato.
Anche senza fatture il contribuente può provare il diritto alla detrazione. Contribuente vince anche in Cassazione. Agenzia dovrà inoltre rimborsare le spese.
Spese di sponsorizzazione. Il costo non era sproporzionato rispetto al ritorno. La correlazione si verifica in riferimento non al ritorno ma all’attività imprenditoriale. Il contribuente ottiene l’annullamento dell’avviso.
Confermata anche in appello la nullità della richiesta IVA dell’Agenzia delle Entrate. L’interpretazione corretta sul momento in cui sorge la necessità del pagamento IVA è quella del contribuente.
Come funziona effettivamente il Common Reporting Standard (scambio di informazioni).