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Presunta frode carosello: l’identificabilità tramite VIES dei fornitori intracomunitari depone a favore del contribuente. L’Agenzia non ha provato la frode e l’insussistenza delle operazioni. Avviso nullo. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Massima: “Deve essere riformata la sentenza di 1° Grado che si sia limitata a condividere le argomentazioni dell'Ufficio senza spiegare i motivi di tale adesione e non indichi il percorso logico-giuridico seguito per avvalorare le affermazioni dell'Ufficio. Non risulta provata la frode carosello e la insussistenza delle operazioni intervenute ove le partite iva degli operatori intracomunitari siano state identificate con il sistema VIES”.

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Comm. Trib. Reg. per il Lazio Sezione/Collegio 13

Sentenza del 06/06/2018 n. 3796 -

FATTO

La presente controversia ha come oggetto l'avviso di accertamento n. TK503M101528/2014, emesso, nei confronti della XXX s.r.l., dall'Agenzia delle Entrate - Dir. Prov. Il di Roma notificato a mezzo posta il 04/06/2010, per il periodo d'imposta 2009, ai fini IVA per Euro 1.207.466/00, oltre ad interessi e sanzioni.

La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 15901/22/16, rigettava il ricorso e compensava le spese di giudizio, così motivando:

"L'Agenzia delle entrate ha depositato all'udienza dibattimentale la sentenza n. 159/15 della Sezione XX, la quale ha rigettato il ricorso della contribuente concernente il periodo d'imposta 2010.

Il Collegio condividendo tutte le motivazioni svolte dalla sopra ricordata decisione, le quali' si attengono alla fattispecie in discussione, rigetta il ricorso compensando integralmente le spese di lite.

Avverso detta sentenza propone appello la XXX s.r.l. per chiederne la riforma sulla base dei seguenti motivi:

·         vizio di motivazione della sentenza;

·         effettività imprenditoriale dei fornitori della società - insostenibilità della tesi dell'inesistenza soggettiva di questi ultimi;

·         pretestuosa definizione dei fornitori come "società filtro, senza prove a supporto e in spregio dell'evidenza fattuale;

·         omessa motivazione circa l'incongruenza e la duplicazione dei rilievi con le "contestazioni sulla stessa IVA" per responsabilità solidale ex art. 60 bis con riferimento ai fornitori WWW e YYY.

Si è costituita in giudizio la società XXX per chiedere, con le proprie controdeduzioni, il rigetto del gravame.

La causa viene trattata in pubblica udienza, essendo stata presentata regolare istanza in tal senso.

All'udienza odierna sono presenti il difensore del contribuente e il rappresentante dell'Ufficio.

DIRITTO

Questa Commissione ritiene che l'appello della società XXX s.r.l. sia fondato e vada, pertanto, accolto.

E, invero, non può condividersi la sentenza della CTP, che, nel merito, si è limitata ad approvare l'operato dell'Ufficio, senza spiegare il motivo di tale adesione. Non vi è alcuna indicazione del percorso logico-giudico seguito dai Giudici di prime cure per avvalorare le affermazioni dell'Ufficio.

Si tratta di una evidente carenza motivazionale: l'Organo Giudicante non si può limitare a condividere le argomentazioni di una Parte, ma è tenuto a spiegare il motivo di tale adesione. Altrimenti si tratterebbe di una scelta del tutto irrazionale o - come nel caso di specie - immotivata, come ha avuto modo di precisare anche la Cassazione in più occasioni (da ultimo: sent. Cass. n. 8850/2014).

La sentenza impugnata, senza alcuna specifica motivazione, fa propria la tesi dell'Ufficio - ribadita nelle controdeduzioni in appello - secondo cui le società fornitrici della XXX sarebbero tutte interposte e prive di reale organizzazione, malgrado la contribuente abbia potuto provare, con dovizia di particolari, l'effettivo trasporto e successiva consegna di varie migliaia di prodotti telefonici venduti alla appellante.

Per spiegare la sussistenza di operazioni inesistenti, l'Amministrazione ha allegato degli schemi esemplificativi, in cui si echeggia un fantomatico "fornitore comunitario" quale reale fornitore della merce, mai identificato o almeno tratteggiato, teorizzando quindi delle "triangolazioni prive di un terzo lato"Dal momento che tutte le società fornitrici della società appellante venivano considerate interposte, l'Ufficio avrebbe allora dovuto quantomeno individuare il fornitore reale dei cellulari arrivati sul mercato. Fatto mai realizzatosi nella presente fattispecie.

L'Ufficio non ha individuato, e nemmeno ipotizzato, alcun altro fornitore "occulto", rendendo quindi inconsistente la contestazione di triangolazione fittizia.

L'Agenzia delle entrate, escluse alcune stereotipate difese di stile sul concetto di frode carosello, non è stata in grado di individuare tale fornitore, proprio perché - nel caso di specie - il fornitore apparente è anche il fornitore reale, poiché nessuna operazione è invero risultata inesistente.

A conferma di ciò giova osservare che l'effettività delle transazioni è confermata dai resoconti delle società di logistica, J e la H, che hanno fornito prova certa dell'origine e della provenienza della merce. A tale riguardo, basterà fare riferimento ai numerosi documenti di trasporto che dimostrano la provenienza dei beni (documenti già allegati al ricorso, contenenti i documenti di carico e scarico della società di logistica). Al fine di dimostrare l'esistenza dei citati fornitori, come ancora operativi, la società ha fatto riferimento al sistema VIES.

Tale riferimento appare opportuno e va condiviso, trattandosi, il sistema VIES, di un servizio che consente agli operatori commerciali, titolari di una partita IVA che effettuano cessioni intracomunitarie, di verificare la validità del numero di identificazione IVA dei loro clienti, attraverso il collegamento con i sistemi fiscali degli Stati membri dell'Unione Europea.

Orbene, ancora nel mese di marzo 2016 (come attesta la data di certificazione 2016/03/01), tutte le società asseritamente inesistenti erano perfettamente autorizzate dall'Amministrazione fiscale ad effettuare cessioni intracomunitarie per il VIES, ottenendo un risultato positivo (P. IVA valida) dal sistema dell'Agenzia delle entrate, come dimostrano le interrogazioni prodotte in allegato agli atti del fascicolo di causa.

In conclusione, seguendo i principi più volte affermati dalla Cassazione, si può dedurre che l'appellante ha assolto l'onere di dimostrare "di essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di non conoscibilità delle operazioni pregresse intercorse tra il cedente ed il fatturante in ordine al bene ceduto. Pertanto, "nonostante il possesso della capacità cognitiva adeguata all'attività professionale svolta in occasione dell'operazione contestata, di non essere stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti collegati all'operazione" (cfr. Cass. 8132/11, 23074/12).

Sulla base delle dedotte considerazioni, l'appello della società XXX. deve essere accolto e, per l'effetto, deve essere annullato l'avviso di accertamento impugnato.

L'accoglimento dell'appello della società contribuente, sotto i profili di fatto e di diritto anzidetti, rende inutile l'esame delle altre questioni sollevate dalle parti, che rimangono, pertanto, assorbite e superate, perché irrilevanti alla luce dell'esito del giudizio.

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, tenuto conto della peculiarità della presente controversia e delle alterne vicende che ne hanno caratterizzato l'iter processuale.

P.Q.M

La Commissione tributaria regionale del Lazio - Sezione 13a,

definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, così dispone:

"Accoglie l'appello del contribuente. Spese compensate".

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