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Criteri di calcolo non congrui? Esercente ottiene l’annullamento totale dell’avviso di accertamento Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Nel caso deciso dalla CTR della Lombardia un esercente si era visto notificare un avviso di accertamento all’interno del quale si procedeva a rideterminare il margine di ricarico del bar. Il contribuente tuttavia è riuscito a dimostrare che i criteri utilizzati dall’Ufficio non rispondevano a canoni di coerenza logica e congruità. I Giudici con la sentenza in discussone hanno quindi totalmente annullato l’avviso di accertamento. L’esercente non sarà tenuto al pagamento di alcuna somma. 

Massima“L'Amministrazione finanziaria può, attraverso la determinazione delle percentuali di ricarico, ricostruire gli effettivi margini di guadagno applicati dai contribuenti sulle merci vendute, ma la scelta del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve rispondere a canoni di coerenza logica e congruità, essendo consentito il ricorso al criterio della media aritmetica semplice, in luogo della media ponderata, soltanto quando risulti l'omogeneità della merce e non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole differenza di valore e quelle più vendute presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio.” 

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Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 15 

Sentenza del 22/03/2017 n. 1242 -  

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con sentenza n. 7234.08.15 pronunciata il 14.10.2014 e depositata il 15.09.2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano rigettava il ricorso avanzato da G. C. M., in qualità di titolare della ditta Bar V. di G. C. M., avverso l'avviso di accertamento T9XXXXXXXX46-2013 per il periodo di imposta 2008, con il quale le venivano contestate ricavi non dichiarati per euro 58.137,00 e costi non deducibili per euro 20.000. Proponeva appello la contribuente lamentando l'erroneità della sentenza impugnata e richiamandosi ai motivi di ricorso di primo grado, in particolare eccependo: 

-l'illegittimità della procedura accertativa, allorché i ricavi complessivi erano stati desunti dalle percentuali di ricarico, calcolate considerando solamente 9 articoli a fronte degli oltre 100 commercializzati, utilizzando il sistema della media semplice tra i pochi prodotti presi a modello (salvo il caffè), anziché quello della media ponderale (cfr. Cass. 21464-15 ); 

-la violazione del principio del contraddittorio, in quanto la notifica dell'avviso di accertamento era avvenuta prima del termine di 60 giorni dalla chiusura della verifica e che tale violazione era inficiante la parte dell'accertamento che concerneva l'IVA ( cfr. S.U. Sent. 24823-15; CTR Firenze ord. 636.01.15); 

-l'inesistenza dei presupposti per procedere all'applicazione del metodo induttivo puro, non sussistendo elementi atti a delegittimare le risultanze di una contabilità formalmente regolare a fronte di un contribuente che risulti congruo e coerente agli studi di settore, potendo dunque la contribuente beneficiare del regime premiale dell'art. 10 l. 146-98 che inibisce in questi casi l'emissione di accertamenti basati su metodologie induttive; 

rilevava, altresì, il difetto di sottoscrizione dell'avviso di accertamento impugnato. 

L'appellante chiedeva, in via principale, di riformare la sentenza impugnata e di annullare l 'avviso di accertamento in oggetto; in via subordinata, di annullare parzialmente l'avviso di accertamento in ragione dei motivi sopra esposti; condannare l'Amministrazione al pagamento delle spese di lite. Si costituiva in giudizio l'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Milano II, eccependo l'inammissibilità del motivo circa il difetto di sottoscrizione dell'atto impugnato, non sollevato nel corso del giudizio di primo grado, ed in ogni caso l'infondatezza di un vizio di sottoscrizione dell'avviso di accertamento in esame; l'insussistenza di una violazione del principio del contraddittorio, poiché era stata validamente instaurata la procedura di accertamento con adesione nel corso della quale vi era stato un incontro preliminare con la contribuente; rilevava altresì la regolarità dell'accertamento induttivo alla luce della numerose anomalie ed irregolarità riscontrate nella tenuta della contabilità e della mancata risposta della contribuente alle richieste dell'Ufficio, che fondavano presunzioni gravi, precise e concordanti per l'accertamento ex art. 39 c. 2 lett D) e D bis DPR 600-73; ribadiva l'applicabilità dell'accertamento induttivo anche nei confronti dei contribuenti che risultassero congrui e coerenti con gli studi di settore, richiamando la circolare dell'Agenzia delle Entrate 58-2002 e Cass sent. 25001-2006; chiedeva, pertanto, di dichiarare l 'inammissibilità dei motivi aggiunti, il rigetto dell'appello con vittoria delle spese di giudizio. L'appello è parzialmente fondato. Merita accoglimento il primo motivo di appello: ferma restando, infatti, la inattendibilità complessiva della contabilità della contribuente e la legittimità del ricorso alla procedura di accertamento analitico induttivo di cui all'art. 39 c. 2 lett D) e D bis ), per le condivisibili motivazioni di cui alla sentenza impugnata e per tutte le argomentazioni riproposte dall'Ufficio nelle controdeduzioni in appello (pagg. 11- 12), deve osservarsi che la determinazione in via presunti va della percentuale di ricarico effettuata sul prezzo della merce venduta, in sede di accertamento induttivo, deve avvenire adottando un criterio che sia: (a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; (b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; (c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni ; tale modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell'imprenditore risulti formalmente regolare (cfr. Cass 3197-13). Secondo la Giurisprudenza di Legittimità, nel caso in cui l'Ufficio ricorra all'accertamento analitico induttivo, non può rideterminare i l ricarico senza aver fatto l 'inventario di magazzino, ossia senza aver materialmente verificato la consistenza di magazzino dichiarata. È illegittima la presunzione di ricavi basata su una percentuale di ricarico desunta dalle medie di settore, maggiore rispetto a quella applicata dall'azienda, quando la determinazione dell'Ufficio sia fondata solamente su alcuni articoli commercializzati, anziché sull'inventario generale delle merci, e quando il calcolo venga effettuato col sistema della media semplice anziché con quello della media ponderale. Un siffatto calcolo, infatti, non è idoneo a rappresentare in maniera puntuale e veritiera i ricavi dell'azienda e risulta, dunque, inadatto a supportare una rettifica fiscale eseguita col metodo analitico-induttivo (cfr. Corte di Cassazione 21464/15). L'Amministrazione Finanziaria può attraverso la determinazione delle percentuali di ricarico ricostruire gli effettivi margini di guadagno applicati dai contribuenti sulle merci vendute, ma la scelta del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve rispondere a canoni di coerenza logica e congruità, essendo consentito il ricorso al criterio della media aritmetica semplice, in luogo della media ponderata, soltanto quando risulti l'omogeneità della merce e non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole differenza di valore e quelle più vendute presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio. Nel caso di specie, il calcolo della media percentuale non tiene conto - per stessa ammissione dell'Ufficio (cfr. atti di appello e pagg. 6 e 7 dell'avviso di accertamento)- di tutti i prodotti commercializzati, senza considerare inoltre quanto gli stessi incidano effettivamente sul volume d'affari, trattandosi di beni disomogenei. L'Ufficio, infatti, precisava nell'avviso di accertamento che la percentuale di ricarico alla categoria dei prodotti diversi dal caffè era quella media individuata mettendo a confronto i prezzi di acquisto unitari e quelli di vendita. Ne consegue che la percentuale di ricarico applicata dall'Ufficio al fine di ricostruire i maggiori ricavi non denunciati dalla contribuente appare non rispondente alle specifiche caratteristiche dell'azienda verificata; sotto questo profilo l'avviso di accertamento impugnato appare illegittimo e deve essere annullato. In merito alla asserita violazione del contraddittorio, da considerarsi solo con riguardo alla parte di accertamento relativo all'Iva (Cass. S.U. 24823-15), si ri leva la sua infondatezza in quanto la contribuente ha potuto esplicitare tutte le proprie eccezioni e difese in sede di contraddittorio con l'Ufficio in sede di accertamento con adesione e nell'incontro del 30.10.2013. I rimanenti motivi di appello rimangono assorbiti, richiamandosi in ogni caso il Collegio alle condivisibili motivazioni della sentenza impugnata. Attesa la novità delle questioni giuridiche trattate, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tra le parti. 

P.Q.M. 

La Commissione, riforma della sentenza impugnata, annulla l 'avviso di accertamento impugnata. Spese compensate. 

Milano, 27 febbraio 2017 

 

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