Secondo la tesi di parte erariale, le transazioni concluse tramite Booking da chi propone una casa per le vacanze ma non ha una partita IVA dovrebbero rientrare nella sfera di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. In definitiva, secondo la tesi che (dalle notizie di stampa) sembrerebbe esser stata abbracciata dall’Agenzia delle Entrate, l’”agenzia di viaggi” dovrebbe pagare tutta l’IVA su tutte le precedenti commissioni relative alla mediazione ottenute dalla partner italiano.
In precedenti occasioni, altri colossi hanno accettato le richieste dell’Agenzia delle Entrate, da ultimo confermando di voler pagare:
- quanto ad Apple, 318 milioni di euro.
- quanto a Google, 306 milioni di euro;
- quanto ad Amazon, 100 Milioni di euro;
- quanto a Facebook, 106 milioni di euro.
Onestamente, non so se anche booking sceglierà di accettare le richieste di pagamento o di non accettarle, presentando ricorso.
D’altronde, mi verrebbe da osservare, non vi è forse un precisa causa di non applicabilità delle sanzioni quando vi sia “incertezza” sulla portata e sull’ambito applicativo delle disposizioni di legge? non sono forse questi dei modi di far impresa del tutto nuovi e vi erano pertanto dubbi su quale normativa era applicabile? Non è forse ingiusto demandare il pagamento anche delle sanzioni (se non pure delle imposte) ad un soggetto che quando svolgeva quelle operazioni non poteva sapere, trattandosi di un business innovativo, prima inesistente, che da quelle operazioni scaturivano questi ingenti debiti di imposta?
Vedremo cosa succederà.
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