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Corte di Cassazione, Sez. 6
Ordinanza del 18 aprile 2019
Considerato che:
- Con l'unico motivo dedotto -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la contribuente lamenta la violazione dell'art. 12, comma 7, I. 212/2000, poiché la CTR ha statuito l'invalidità dell'avviso di accertamento oggetto di lite a causa della sua emissione prima dello scadere del termine dilatorio previsto dalla disposizione legislativa evocata; - La censura è fondata, nei termini che seguono. Va ribadito che: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione o nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'ufficio.» (Cass. Sez. Un., Sentenza 29 luglio 2013 n.18184); - «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi "armonizzati", mentre, per quelli "non armonizzati", non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.» (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n. 24823); - Infine, va rammentato che: «In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa» (Cass. 9 novembre 2015 n.22786 e, più in generale, Cass. Sez. Un., Sentenza 29 luglio 2013 n.18184);
- Tale è esattamente il caso di specie, in cui, in presenza di verifica, il termine dilatorio non è stato rispettato e, alla luce dei principi giurisprudenziali che precedono, non possono essere identificati motivi di urgenza nello spirare del termine decadenziale quinquennale al momento dell'emissione dell'atto impositivo, che i giudici di appello hanno affermato - in relazione alla ripresa 2009 - essere scaduto il 31.12.2014. Conseguentemente, la sentenza della CTR si pone in contrasto insanabile con la giurisprudenza ormai consolidata della Corte;
- In conclusione, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la Corte ritiene che la causa possa essere decisa nel merito, ex art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., con l'accoglimento dell'originario ricorso introduttivo; - L'esito difforme dei giudizi merito e il relativamente recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione giustifica la compensazione tra le parti delle spese di tali gradi di giudizio, mentre le spese di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l'originario ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dei due gradi di merito e condanna la controricorrente alla refusione di quelle di legittimità, liquidate in € 5.600,00 per compensi, oltre Spese generali 15%, Iva e Cpa.
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