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I compensi percepiti dal professionista come amministratore o sindaco non sono soggetti ad IRAP. Inammissibile l’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate condannata a rimborsare.

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Estratto: “questa Corte ha ripetutamente affermato (Cass. n. 11474/17-Cass. n. 7378/17- Cass. n. 16372/17) che, il libero professionista, officiato anche dell'incarico di amministratore, revisore e/o sindaco di società, non è soggetto ad IRAP per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l'eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell'opera individuale, di conseguenza non è soggetto ad imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale alle attività specifiche di amministratore, revisore e/o sindaco di società, purché risulti possibile, in concreto, scorporare le diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 13376 del 17 maggio 2019

RILEVATO che:

l'Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 115/24/2012 depositata in data 10/7/2012, con la quale la CTR della Lombardia, in riforma della decisione di prime cure, ha annullato il silenzio rifiuto serbato dall'amministrazione sull'istanza di rimborso dell'IRAP, avanzata da B. per gli anni d'imposta dal 1998 al 2004; per quanto qui interessa, la CTR ha riformato la decisione di primo grado, richiamando, sul tema dell'applicabilità dell'IRAP ai liberi professionisti che ricoprano la carica di amministratori o sindaci di società, la giurisprudenza di legittimità, ed in particolare rilevando che costituisce onere del contribuente, richiedente il rimborso, fornire la prova dell'insussistenza dei presupposti legittimanti l'applicazione dell'imposta, onere della prova compiutamente assolto nella fattispecie concreta oggetto del giudizio d'appello; avverso tale pronuncia, ricorre l'Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo; B., ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

CONSIDERATO che:

1. con l'unico motivo dedotto viene denunciata la violazione dell'art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., per avere la CTR omesso di accertare se l'attività professionale svolta dal B. potesse essere scissa da quella espletata dallo stesso, in qualità di amministratore della P. S.r.l., essendosi limitata nel contempo ad asserire, apoditticamente che, il contribuente aveva assolto all'onere di dimostrare l'assenza di autonoma organizzazione nell'espletamento dell'attività professionale;

2. il ricorso s'appalesa inammissibile e per altro verso infondato, per le ragioni che di seguito si espongono;

3. pare opportuno far precedere l'esame sul motivo dedotto dalla ricorrente, da un sintetico richiamo ai principi affermati da questa Corte sul tema oggetto del giudizio, atteso che le doglianze mosse dall'Ufficio, concernenti il difetto di motivazione sulla sussistenza dei presupposti d'imposta, sono strettamente connessi all'individuazione dei presupposti legittimanti l'applicabilità dell'IRAP ai liberi professionisti che siano nel contempo, come nel caso di specie, amministratori di società;

4. nello specifico, questa Corte ha ripetutamente affermato (Cass. n. 11474/17-Cass. n. 7378/17- Cass. n. 16372/17) che, il libero professionista, officiato anche dell'incarico di amministratore, revisore e/o sindaco di società, non è soggetto ad IRAP per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l'eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell'opera individuale, di conseguenza non è soggetto ad imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale alle attività specifiche di amministratore, revisore e/o sindaco di società, purché risulti possibile, in concreto, scorporare le diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati;

5. tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in questa sede, solo se adeguatamente motivato, e ciò non avviene, laddove, a causa dell'errata applicazione dei principi di diritto, il giudice di secondo grado ometta l'esame di fatti decisivi;

6. alla luce di ciò risultano, inammissibili le censure mosse dall'Ufficio, perché prive di decisività con riferimento all'omessa motivazione su punti decisivi della controversia, rappresentati dalla verifica sulla possibilità di scissione tra l'attività di ingegnere e quella di amministratore, e sui compensi percepiti, al fine di verificare se in assenza del lavoro svolto come professionista sarebbe stato possibile, per il contribuente, realizzare i compensi conseguiti;

7. infatti, premesso che l'attività di amministratore di società di capitali non è soggetta ad IRAP, risulta per ammissione della parte ricorrente (pag. 6 del ricorso) che per gli anni d'imposta 2000,2001,2003,2004, vi è perfetta coincidenza tra i compensi erogati dalla società ed i redditi imputati al contribuente quale socio amministratore, ed inoltre, lo scorporo tra le due attività è riferibile ad importi così modesti, per gli anni 1998,1999,2002, (4000,00,700,00600,00 euro) da far escludere, unitamente alle modeste spese attinenti la produzione del reddito, l'esistenza di un'organizzazione autonoma rilevanti ai fini dell'imposta oggetto di accertamento;

8. per quanto precede, il ricorso va, pertanto, rigettato. L'assenza di attività defensionale da parte del contribuente esime il Collegio dal regolamentare le spese del giudizio; non è dovuto “doppio contributo”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 14.02.2019.

 

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