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Confermata la sentenza di secondo grado, la quale ha ritenuto - a differenza di quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate - non vi fosse nessuna elusione Confermato l’annullamento dell’atto.

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Estratto: “l'interpretazione giuridica degli atti, ai sensi dell'art. 20 d.P.R. n. 131/1986 vecchio testo (applicabile ratione temporis al caso di specie), secondo il quale l'imposta è applicabile secondo la natura intrinseca e gli effetti giuridici degli atti soggetti a registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva, indipendentemente dall'eventuale intento elusivo perseguito dalle parti. Tuttavia, se é ben vero che, in tema di determinazione dell'imposta di registro, in caso di pluralità di atti non contestuali, va attribuita preminenza, in applicazione dell'art. 20 cit„ alla causa reale dell'operazione, sicché, ai fini dell'individuazione del corretto trattamento fiscale, è possibile valutare, ai sensi dell'art. 1362, 2° comma c.c., circostanze ed elementi di fatto diversi da quelli emergenti dal tenore letterale delle previsioni contrattuali (Cass. sez. V, n. 6405 del 19/03/2014), è d'altro canto indubbio che nel caso di specie la CTR, all'esito di un’argomentata analisi dei fatti e delle operazioni economiche, ha ritenuto che i titoli corrispondessero alla reale natura degli atti posti in essere”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 20937 del 6 agosto 2019

RITENUTO CHE:

1. Il 29.09.2005, C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore B., vendeva ad I. s.r.I., in persona del medesimo I.r., un immobile accatastato in XXX quale albergo pensione, recante l'insegna "R.", al prezzo di 1.200.000,00 euro; con atto del 30.11.2005, C. cedeva a S. s.r.l. l'azienda alberghiera avente per oggetto l'esercizio della "R." per il corrispettivo di euro 15.000; con contratto del 16.12.2005, S. affittava l'azienda ad I.; in data 23.12.2005, I., che già nel maggio di quell'anno aveva presentato istanza per ottenere dall'ufficio del turismo di XXX contributi per un investimento diretto a trasformare la R. XXX nell'albergo B., subaffittava l'azienda, comprensiva dell'immobile di sua proprietà, a B. s.p.a.; infine, il 15.2.2007 S. vendeva l'azienda ad A. s.r.l. che, il successivo 6.3.2007, ne acquisiva l'intero capitale sociale e assumeva anche il controllo di I., acquistandone la maggioranza delle quote. L'amministrazione finanziaria, ritenendo che tutte le descritte operazioni negoziali non fossero sorrette da valide ragioni economiche, ma fossero dirette ad un risparmio di imposta, avendo sostanzialmente consentito ad I. di acquisire l'azienda di C., attraverso l'interposizione fittizia di S., versando, in luogo delle imposte di registro, immobiliari e catastali dovute, l’IVA (detraibile) sull'acquisto dell'immobile emetteva, ai sensi dell'art. 20 co. 10 dP.R. n. 131/86, avviso di accertamento nei confronti di C. e di I. per il recupero di tali imposte.

2. I ricorsi separatamente proposti dalle due società contro gli avvisi venivano riuniti dalla CTP di Trento e respinti.

3. Le contribuenti interponevano appello contro la decisione e la CTR del Trentino - sezione staccata di Trento - li accoglieva con sentenza del 23 aprile 2012. Il giudice territoriale rilevava: che l'appellante non era mai divenuta cessionaria dell'azienda di C., avendola soltanto ottenuta in godimento da S., peraltro per un periodo di tempo limitato, e che, per pervenire all'oggettiva conclusione dell'avvenuta acquisizione del complesso aziendale da parte di un unico soggetto si sarebbe dovuta spostare l'attenzione a circa due anni dopo, allorquando A. aveva acquisito il controllo sia di I., proprietaria dell'immobile, sia di S., titolare dell'azienda in esso gestita; che tuttavia A. era all'evidenza una società terza, che aveva concluso l'operazione in piena autonomia, nell'ambito della propria strategia imprenditoriale; che, in definitiva, doveva escludersi che vi fosse prova che gli atti posti in essere fossero stati artatamente frazionati all'unico scopo di accedere ad un più favorevole regime fiscale. L'ufficio ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi I. e C. non svolgono difese.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo l'Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 20 d.P.R. n. 131/86 e dell'art. 2 DPR 633/72, nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod, proc. civ., per avere la CTR escluso che vi fosse prova dell'elusione in quanto I. non aveva mai acquistato l'azienda, ma l'aveva solo condotta in affitto per un breve periodo di tempo, circostanza che era invece del tutto irrilevante, posto che, per un verso, la società aveva acquistato il bene principale (l'immobile) che componeva il complesso aziendale, di per se stesso idoneo all'esercizio dell'impresa, e che, per l'altro, non è necessario che il proprietario dell'azienda sia anche proprietario di tutti i beni che la compongono, su alcuni dei quali può anche vantare un mero diritto di godimento.

2. Con il secondo motivo, che denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente lamenta che la CTR non abbia "indagato" e "motivato" sul fatto comprovato che attraverso i distinti atti, di vendita dell'immobile da C. a I., di vendita dell'azienda da C. a S. e di affitto dell'azienda da S. a I., si era inteso trasferire a quest'ultima società la giuridica disponibilità dell'azienda alberghiera già di proprietà di C., in una situazione sostanzialmente analoga alla proprietà dell'intero complesso aziendale.

3. Con il terzo motivo, che denuncia motivazione insufficiente su un ulteriore fatto decisivo, l'Ufficio si duole che la CTR abbia ritenuto A. una società terza, senza tener conto dei numerosi elementi istruttori che nel loro complesso palesavano, quale conseguenza ragionevole e verosimile, che gli atti posti in essere fra C., I. e S. fossero finalizzati alla successiva acquisizione da parte di A. dell'intero complesso aziendale.

4. Il primo motivo è inammissibile. Va premesso che l'interpretazione giuridica degli atti, ai sensi dell'art. 20 d.P.R. n. 131/1986 vecchio testo (applicabile ratione temporis al caso di specie), secondo il quale l'imposta è applicabile secondo la natura intrinseca e gli effetti giuridici degli atti soggetti a registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva, indipendentemente dall'eventuale intento elusivo perseguito dalle parti. Tuttavia, se é ben vero che, in tema di determinazione dell'imposta di registro, in caso di pluralità di atti non contestuali, va attribuita preminenza, in applicazione dell'art. 20 cit., alla causa reale dell'operazione, sicché, ai fini dell'individuazione del corretto trattamento fiscale, è possibile valutare, ai sensi dell'art. 1362, 2° comma c.c., circostanze ed elementi di fatto diversi da quelli emergenti dal tenore letterale delle previsioni contrattuali (Cass. sez. V, n. 6405 del 19/03/2014), è d'altro canto indubbio che nel caso di specie la CTR, all'esito di un’argomentata analisi dei fatti e delle operazioni economiche, ha ritenuto che i titoli corrispondessero alla reale natura degli atti posti in essere da C., I. e S. ed, in particolare, che I. non abbia mai acquisito la proprietà dell'azienda alberghiera gestita all'interno dell'immobile da essa acquistato. L'Agenzia, pur denunciando col motivo in esame un vizio di violazione di legge, si è in realtà limitata a contrapporre alle argomentazioni del giudice d'appello le proprie valutazioni in ordine agli elementi di fatto, finendo per formulare una richiesta di riesame del merito della lite non consentita in questa sede di legittimità: in sostanza, la ricorrente non lamenta che il giudice abbia erroneamente applicato il richiamato art. 20, ma si duole che non l'abbia ritenuto concretamente applicabile, nonostante gli elementi valutati fossero suscettibili di una diversa lettura, conforme a quella da essa prospettata ed attesa. L'astratto e generico riferimento all'art. 20 d.P.R. 131/1986 od alle norme civili in materia di prova presuntiva, non accompagnato dalla precisa indicazione dei canoni interpretativi violati e, soprattutto, del modo in cui il giudice se ne è discostato, non appaiono pertanto idonei a censurare l'accertamento della CTR secondo cui I. non è divenuta cessionaria dell'azienda alberghiera, ma ne ha solo ottenuto il godimento per un limitato periodo di tempo.

5. Il secondo motivo è parimenti inammissibile, in quanto l'interpretazione degli atti negoziali e l'accertamento del fine con essi perseguito dalle parti costituiva l'oggetto stesso del giudizio demandato alla CTR e non certo "fatto decisivo" omesso, rientrando in tale nozione esclusivamente elementi fattuali storici e non anche interpretativi (fra molte: Cass. n. 20718/2018; n. 16703/2018; n. 23238/2017; n. 5795/2013).

6. Anche il terzo motivo è inammissibile. E' dirimente il rilievo che la censura in esso dedotta non investe una statuizione dotata di autonoma valenza decisoria, di per sé suscettibile di impugnazione, ma un mero passaggio motivazionale della sentenza, attraverso il quale la CTR ha inteso evidenziare un ulteriore elemento di prova a sostegno della pronuncia di rigetto: la questione è tuttavia totalmente estranea al giudizio, di cui A. non è mai stata parte e nel quale non era controverso se gli atti posti in essere da C., I. e S. fossero finalizzati alla successiva acquisizione da parte della predetta società dell'intero complesso aziendale, ma unicamente se I., attraverso la stipula del contratto di acquisto dell'immobile e del separato atto di affitto dell'azienda alberghiera in esso condotta, avesse acquisito la titolarità dell'azienda stessa, omettendo di versare le imposte dovute sulla cessione. In assenza di costituzione della società contribuente, non v'è luogo alla liquidazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma 1'11.10.2018

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