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Confermata l’invalidità del preavviso di fermo amministrativo di veicoli. Era ormai maturata la prescrizione.

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Estratto: “Con riguardo ai crediti previdenziali oggetto dell'opposizione, dunque, era effettivamente applicabile il termine quinquennale di prescrizione e non quello decennale, come correttamente statuito dalla corte territoriale. Emerge del resto pacificamente dagli atti che le cartelle di pagamento erano state notificate (come sostanzialmente riconosce lo stesso agente della riscossione) più di cinque anni prima della notificazione del preavviso di fermo impugnato, con conseguente integrale maturazione del suddetto termine quinquennale di prescrizione”.

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Corte di Cassazione, Sez. 6

Ordinanza n. 19445 del 18 luglio 2019

Rilevato che:

D. ha proposto opposizione avverso un preavviso di fermo amministrativo di veicoli comunicatogli dal locale agente della riscossione ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, sulla base di due cartelle di pagamento inevase.

La sua opposizione è stata accolta dal Tribunale di XXX - sezione distaccata di XXX. La Corte di Appello di XXX - dopo aver dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione ad una delle due cartelle poste a base del fermo, avente ad oggetto crediti tributari, con sentenza non definitiva - ha confermato la decisione di primo grado in relazione all'altra cartella, in ragione del motivo, ritenuto assorbente, dell'avvenuta prescrizione del credito dalla stessa portato.

Ricorre l'Agenzia delle Entrate - Riscossione, sulla base di due motivi. Non ha svolto attività difensiva in questa sede l'intimato. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o comunque manifestamente infondato. È stata quindi fissata con decreto l'adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l'indicazione della proposta. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis, comma 2, c.p.c.. Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Considerato che:

1. Il ricorso è procedibile, avendo il difensore di parte ricorrente provveduto nei termini ad attestare la conformità della sua copia cartacea, depositata in atti, all'originale telematico. Esso è peraltro manifestamente infondato.

2. Con il primo motivo si denunzia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2953 c.c. con riferimento all'art. 360 n. 3 cpc». Il motivo è manifestamente infondato.

La ricorrente sostiene che la prescrizione del credito (di natura previdenziale) portato dalla cartella di pagamento posta alla base del preavviso di fermo non era quinquennale, come ritenuto dalla corte di appello, ma decennale, in virtù dell'applicabilità alla fattispecie dell'art. 2953 c.c., a seguito della avvenuta notificazione della stessa cartella senza la sua tempestiva impugnazione e, comunque, per la natura di titolo esecutivo del ruolo. Sul punto, peraltro, la decisione impugnata risulta del tutto conforme al principio di diritto enunciato da questa Corte, a Sezioni Unite (che il ricorso non contiene argomenti idonei a mettere in discussione), secondo il quale «la scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della I. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.; tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato; lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che, dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del di. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla I n. 122 del 2010)» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 23397 del 17/11/2016, Rv. 641632 - 01; conf.: Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 31817 del 07/12/2018, Rv. 651977 - 01). Con riguardo ai crediti previdenziali oggetto dell'opposizione, dunque, era effettivamente applicabile il termine quinquennale di prescrizione e non quello decennale, come correttamente statuito dalla corte territoriale. Emerge del resto pacificamente dagli atti che le cartelle di pagamento erano state notificate (come sostanzialmente riconosce lo stesso agente della riscossione) più di cinque anni prima della notificazione del preavviso di fermo impugnato, con conseguente integrale maturazione del suddetto termine quinquennale di prescrizione. A fronte del chiarissimo principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che ha peraltro trovato piena conferma nel successivo orientamento delle sezioni semplici, non può attribuirsi alcun rilievo alla contraria affermazione di una isolata pronuncia (a sezione semplice, di poco successiva alla decisione delle Sezioni Unite e neanche massimata, che viene richiamata nella memoria della ricorrente).

3. Con il secondo motivo si denunzia «Violazione degli artt. 26 dpr 602/1973, 60 dpr 600/73 e 115 e 116 cpc con riferimento all'art. 360 n. 3 cpc - Falsa applicazione del citato DL n. 229/06 - Omessa motivazione della sentenza in relazione all'art. 360n. 5 c.p.c.». Il motivo è inammissibile. Le censure in esso contenute si riferiscono alla questione della regolarità della notificazione della cartella di pagamento, questione che peraltro è stata (del tutto correttamente) ritenuta assorbita dalla stessa corte di appello, in conseguenza della ritenuta prescrizione del credito sottostante.

4. Il ricorso è dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, n. 1 c.p.c. Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) di cui all'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228. per questi motivi

La Corte: - dichiara inammissibile il ricorso; - nulla per le spese. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) di cui all'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, in data 4 aprile 2019.

 

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