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La scrittura privata tempestivamente disconosciuta, in assenza di istanza di verificazione, non poteva essere utilizzata ai fini del decidere. Non era necessaria la querela di falso. Accolto il ricorso del contribuente. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la CTR non ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto, nonostante il tempestivo e rituale disconoscimento della scrittura privata, ha ritenuto fosse onere della parte proporre anche la querela di falso ed in mancanza, pur senza aver proceduto alla procedura di verificazione, ha considerato la scrittura disconosciuta valida ed efficace e quindi prova idonea della sussistenza della plusvalenza sottoposta a tassazione.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 30145 del 20 novembre 2019

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 30/13/13, depositata il 10 aprile 2013, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia confermava la sentenza n. 175/06/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, con compensazione delle spese di lite. Il giudizio aveva ad oggetto l'impugnazione da parte della contribuente, erede di PA, di un avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva sottoposto a tassazione tra i redditi diversi, ai sensi dell'art. 67, ( ex 81), comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 917 del 1986, l'importo di € 226.976,00, quale plusvalenza realizzata a seguito della permuta, risultante da atto pubblico del 28-6-2004, di un terreno, privo di cubatura a seguito di asservimento per la realizzazione di altra pratica edilizia disposto con atto trascritto il 19-12-1984, accertata in conseguenza del rinvenimento presso la società permutante di una scrittura privata non registrata, sottoscritta dal de cuius in data 28-6-2004, in cui si conveniva, a transazione di tre giudizi in corso, oltre alla stipula della permuta il versamento dell'importo ulteriore di € 200.000,00. La Commissione di primo grado aveva accolto parzialmente il ricorso detraendo dalla plusvalenza il valore di provenienza del suolo. La CTR, a conferma della pronuncia di primo grado, aveva disatteso il disconoscimento della scrittura privata, operato ex art. 214 c.p.c. già con il ricorso introduttivo, per la mancata esibizione della denunzia di falso, e ritenuto non rilevante la privazione di cubatura, a seguito dell'asservimento alla edificabilità di altra area, in quanto disposta dallo stesso venditore.

2. Avverso la sentenza di appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 21 novembre 2013, affidato a quattro motivi; l'Agenzia ha resistito con controricorso. 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente censura la sentenza impugnata, deducendo, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 214 e 216 c.p.c., nonché 2712 e 2697 c.c., per aver ritenuto utilizzabile come prova della pretesa impositiva una scrittura privata tempestivamente disconosciuta, pur in assenza di una istanza di verificazione, ed erroneamente necessaria la querela di falso;

2. con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli art. 67 e 68 del TUIR per aver ritenuto applicabile la disciplina sulla tassazione tra i redditi diversi della plusvalenza anche alla cessione relativa ad un terreno non più suscettibile di utilizzazione edificatoria in quanto interamente asservito ad altro fondo;

3. con il terzo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per l'errata interpretazione e travisamento dei fatti di cui alla scrittura privata del 28-6-2004 nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per non aver tenuto conto del fatto che con l'atto di transazione non veniva integrato il valore della permuta ma definiti i giudizi pendenti tra le parti relativi alla proprietà di beni contesi;

4. con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della I. n. 212 del 2000 per omessa o carente motivazione dell'atto impugnato, mancato assolvimento dell'onere probatorio e violazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell'art. 63 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché violazione dell'art 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per non aver fornito alcun elemento probatorio a sostegno del valore attribuito ad un'area non edificabile. 

5. Il primo motivo risulta fondato. 5.1 Come già affermato da questa Corte "Nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l'istituto del disconoscimento delle scritture private, con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma, il giudice ha l'obbligo di accertare l'autenticità delle sottoscrizioni, essendogli altrimenti precluso tenerne conto ai fini della decisione, e a tale accertamento procede ove ricorrano le medesime condizioni che il codice di rito prescrive per l'esperibilità della procedura di verificazione nonché, in caso positivo, con l'esercizio dei poteri istruttori e nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il processo tributario." (Vedi Cass. n. 13333 del 2019; n. 7355 del 2011 e n. 6184 del 2006). Va data continuità anche ad altro principio consolidato secondo cui "La mancata proposizione dell'istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell'istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli." (Vedi Cass. n. 27506 del 2017 e n. 17902 del 2018), e ciò senza che sia necessaria la proposizione della querela di falso ad opera della parte che ha effettuato il disconoscimento, pur avendone la stessa la facoltà. La parte nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata può optare infatti tra la facoltà di disconoscerla e la possibilità di proporre querela di falso, essendo diversi gli effetti legati ai due mezzi di tutela: la rimozione del valore del documento limitatamente alla controparte o "erga omnes" (Vedi Cass. n. 4728 del 2007); senza che ciò costituisca riconoscimento espresso o tacito della scrittura medesima, la possibilità alternativa di proporre querela di falso va garantita al fine di contestare la genuinità del documento stesso, atteso che in difetto di limitazioni di legge non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso ma rivolto al conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti "erga omnes" e non nei soli riguardi della controparte (Vedi Cass. n. 1789 del 2007 e n. 19727 del 2003).

5.2 Ebbene la CTR non ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto, nonostante il tempestivo e rituale disconoscimento della scrittura privata, ha ritenuto fosse onere della parte proporre anche la querela di falso ed in mancanza, pur senza aver proceduto alla procedura di verificazione, ha considerato la scrittura disconosciuta valida ed efficace e quindi prova idonea della sussistenza della plusvalenza sottoposta a tassazione.

6. Costituendo il versamento di € 200.000,00 al P., de cuius della ricorrente, l'unico presupposto impositivo, venuta meno l'utilizzabilità della scrittura privata, nell'assenza di ulteriori elementi probatori posti a fondamento della plusvalenza, restano assorbiti tutti gli altri motivi. 7. Il ricorso va, pertanto, accolto, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

8. Le spese di lite dei gradi di merito, in ragione della complessità processuale delle questioni oggetto di causa, vanno interamente compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; compensa interamente tra le parti le spese di lite dei gradi di merito e condanna l'Agenzia delle Entrate al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Così deciso, in Roma, in data 11 settembre 2019.

 

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