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L’Ufficio non può ricostruire i ricavi sulla base di riferimenti e dati relativi ad altri periodi di imposta. La doppia riduzione di quanto richiesto dall’Agenzia non basta. Il criterio è sbagliato. Accolto il ricorso. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “il metodo seguito dall'ufficio per ricostruire i ricavi relativi all'anno 2004 attraverso un mero riferimento alle presunte prenotazioni annotate nei primi quattro mesi dell'anno 2008, si pone infatti in contrasto con il principio fondamentale dell'imposizione fiscale costituito dall'inerenza e riferibilità dei dati ad uno specifico periodo d'imposta, non essendo consentito che l'accertamento operato per un periodo d'imposta possa estendersi in via presuntiva al reddito imponibile di un altro periodo d'imposta in virtù della supposizione della costanza dei flussi reddituali; supposizione che non trova alcun fondamento nel potere dell'Ufficio di avvalersi, nell'accertamento del reddito o del maggior reddito, "di dati e notizie comunque raccolti", dovendo questi riguardare un ben individuato periodo di imposta e non contiene nessuna forza logica presuntiva della supposta costanza”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 30378 del 21 novembre 2019

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso in data 11.2.2010 S. impugnava l'avviso di accertamento notificatole per IVA, IRPEF ed IRAP 2004, dall'Agenzia delle Entrate di XXX che aveva rilevato incongruenze nella tenuta della contabilità relativa all'attività esercitata nel settore del servizio di ristorazione svolto nell'ambito di attività agrituristica e determinato i ricavi in 83.088,00 euro a fronte di quelli dichiarati di 9.536,00 euro. Deduceva la S. che l'ufficio tributario, violando l'art. 39 lett. d) del D.P.R. 600/73, aveva errato la metodologia valutativa di quell'attività.

2. L'Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio eccependo l'infondatezza nel merito dell'avversa doglianza.

3. La Commissione Tributaria Provinciale di Caserta riduceva i ricavi accertati del 40% nella considerazione che l'accesso ed il conseguente p.v.c. risultavano eseguiti nel 2008, dopo che la ricorrente aveva realizzato un ampliamento dei locali.

4. Avverso tale statuizione la S. proponeva appello, sostenendo che non vi era alcun nesso causale tra le presunte somministrazioni evase nell'anno 2004 e quelle presuntivamente evase nell'anno 2008 in quanto i maggiori ricavi accertati in detto anno risultavano determinati con riferimento alle annotazioni - riferibili per lo più a prenotazioni - riportate su di un'agenda rinvenuta in fase di accesso e che il calcolo dei pasti somministrati e non fatturati strideva con la possibile utenza dei luoghi in cui era svolta l'attività. Deduceva la contribuente l'infondatezza dei maggiori ricavi accertati, frutto di un procedimento illegittimo ed arbitrario, fondato su fatti privi di qualsiasi efficacia probatoria e contrari a criteri di normalità. Lamentava, altresì, che il maggior reddito accertato dall'Ufficio non teneva conto dei costi sostenuti per maggiori somministrazioni non fatturate e contestava l'applicazione di un prezzo unitario superiore a quello praticato nell'anno 2004, rilevabile dalle fatture prodotte.

5. L'Agenzia delle Entrate di XXX contestava le eccezioni dell'appellante ritenendo la plusvalenza calcolata dall'Ufficio del tutto corretta.

6. La Commissione Tributaria Regionale, con sentenza n. 550/50/11 pronunciata il 28.11.2011 e depositata il 14.12.2011, in parziale accoglimento del ricorso, riduceva ulteriormente i ricavi accertati del 60% nella considerazione che l'accertamento si riferiva al primo anno di attività dell'azienda agrituristica e non aveva tenuto conto appieno dei fattori inerziali connessi allo sviluppo del fatturato.

7. Avverso tale decisione la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste l'Agenzia con controricorso. 8. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio del 24.9.2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, c.p.c.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce "error in iudicando in relazione all'art 360, primo comma, n. 3 c.p.c. - Violazione di legge - Art. 39 del D.P.R. 600/73", lamentando che l'ufficio avrebbe proceduto alla rideterminazione dei ricavi "tenuto conto delle dichiarazioni fatte in contraddittorio, dei dati previsti dalle metodologie di controllo, nonché di quanto emergente dall'agenda in sede di accesso nella quale venivano contati n. 5495 pasti somministrati nei primi quattro mesi dell'anno 2008, contro i 719 dichiarati dalla parte, quindi tenuto conto dei n. 151 pasti dichiarati dalla parte nell'anno 2004", nella considerazione che potesse "sussistere la stessa proporzione nell'anno 2004 per l'assenza di elementi che possano giustificare una sostanziale modifica nel sistema organizzativo (identica struttura utilizzata uguaglianza del numero di addetti)". E ciò in violazione del "principio fondamentale dell'imposizione fiscale costituito dall'inerenza e riferibilità dei dati ad uno specifico periodo d'imposta". L'autonomia fattuale e giuridica di ciascuna annualità, escluderebbe infatti che l'accertamento operato per un periodo d'imposta possa estendersi in via presuntiva con riferimento al reddito imponibile di un altro periodo d'imposta in virtù della supposizione della costanza dei flussi reddituali (Cass. civ. Sez. V, 21-12-2007, n. 27008).

1.2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce "error in iudicando in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. - Violazione di legge - art. 2727 c.c. - Art. 39 del D.P.R. 600/73 - Violazione del divieto di presunzioni di secondo grado - Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia", lamentando che "l'indagine dell'Ufficio non muove da un fatto noto e/o da un dato numerico certo e neanche da un elemento accertato, ma solo dalla presunta evasione fiscale per il primo quadrimestre dell'anno 2008, desunta esclusivamente dal numero di prenotazioni segnate sull'agenda, evasione che, a sua volta, fonderebbe la presunta evasione per il primo quadrimestre del 2004, la quale ultima, a sua volta, fonderebbe infine l'evasione per l'intero anno 2004."

1.3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce "error in iudicando in relazione all'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5. - Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia", non essendo possibile individuare il procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata; i giudici di merito avrebbero infatti eseguito un calcolo proporzionale dei maggiori ricavi ponendo a confronto dati assolutamente eterogenei: nel 2004 l'esercizio disponeva di una sola sala con 40 posti, mentre nel 2008 c'erano ben tre sale con 150 posti; fatto inidoneo a giustificare una riduzione dei maggiori ricavi soltanto del 40%, pur se elevata in appello al 60%.

1.4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce "error in procedendo per violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. - Omesso esame del motivo di appello relativo alla violazione e falsa applicazione dell'art. 109 del D.P.R. 917/86 e dell'art. 53 Cost.", lamentando che il giudice di merito, omettendo di pronunciarsi sulla deducibilità delle spese nella misura in cui erano annotate nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla determinazione del risultato del conto profitti e perdite, non avrebbe rispettato l'ambito del potere decisorio individuato dalla domanda, in violazione della regola fissata dall'art. 112 c.p.c. che, nel rispetto del potere dispositivo delle parti, gli imponeva di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia a quella della richiesta.

1.5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce "error in iudicando in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c. - Violazione di legge - Art. 39 del D.P.R. 600/73 - Art. 53 Cost. - Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia", ritenendo che tutti gli importi indicati nell'avviso di accertamento impugnato non potevano ritenersi confermati, ma dovevano essere integralmente caducati e rideterminati sulla scorta del maggior ricavo eventualmente accertato.

2. Il primo e il terzo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione e dell'unicità della conclusione cui è possibile pervenire.

2.1. Invero, è indubbio che per giurisprudenza consolidata di legittimità, in tema di accertamento induttivo dei redditi di impresa, di cui all'art. 39 D.P.R. 600/1973, in entrambe le ipotesi di cui al primo e al secondo comma, il convincimento del giudice di merito in ordine alla sussistenza di maggiori ricavi non dichiarati da un'impresa può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purché grave e precisa (Cass., 22 dicembre 2017, n. 30803; Cass., 16 novembre 2011, n. 24051; Cass., 27 febbraio 2015, n. 4080; Cass., 3 ottobre 2014, n. 20902), ma nel caso di specie il criterio utilizzato dall'ufficio impositore malgrado le correzioni apportate dai giudici di merito - non appare suscettibile di conferma.

2.2. Il metodo seguito dall'ufficio per ricostruire i ricavi relativi all'anno 2004 attraverso un mero riferimento alle presunte prenotazioni annotate nei primi quattro mesi dell'anno 2008, si pone infatti in contrasto con il principio fondamentale dell'imposizione fiscale costituito dall'inerenza e riferibilità dei dati ad uno specifico periodo d'imposta, non essendo consentito che l'accertamento operato per un periodo d'imposta possa estendersi in via presuntiva al reddito imponibile di un altro periodo d'imposta in virtù della supposizione della costanza dei flussi reddituali; supposizione che non trova alcun fondamento nel potere dell'Ufficio di avvalersi, nell'accertamento del reddito o del maggior reddito, "di dati e notizie comunque raccolti", dovendo questi riguardare un ben individuato periodo di imposta e non contiene nessuna forza logica presuntiva della supposta costanza. (Cass. civ. Sez. V, 21-12-2007, n. 27008).+

3. La decisione impugnata va peraltro censurata con riferimento al terzo motivo di gravame, apparendo fondata la doglianza della ricorrente secondo cui nella specie non è possibile individuare il procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata; il calcolo proporzionale dei maggiori ricavi eseguito dall'agenzia e condiviso dai giudici di merito si basa sul confronto di dati assolutamente eterogenei. Risulta infatti pacifico tra le parti che nel 2004 l'esercizio disponeva di una sola sala con 40 posti, mentre nel 2008 c'erano ben tre sale con 150 posti; fatto inidoneo a giustificare una riduzione (invero casuale) dei maggiori ricavi del 40% da parte del giudice di primo grado e del 60% dal giudice di appello senza tuttavia una logica giustificazione oggettiva.

4. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione a tali motivi, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame, mentre restano assorbiti gli altri.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, restando assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, in data 24 settembre 2019.

 

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