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Confermata l’illegittimità dell’avviso / intimazione notificato al coniuge. L’Agenzia della riscossione non era stata in grado di provare la notifica della cartella presupposta. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “non precisando come l'intimazione fosse motivata; in ogni caso, la censura dà per presupposto (anche sulla questione della sufficienza della motivazione dell'intimazione) la regolarità della notifica della cartella, su cui è incentrato il già respinto terzo motivo. Comunque, stante il rigetto del terzo e del quarto motivo, trova conferma l'autonoma ratio decidendi sul vizio procedurale, che da sola era sufficiente a determinare l'accoglimento del ricorso del contribuente”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 34412 del 23 dicembre 2019

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per la Puglia, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l'impugnazione proposta da S. avverso l'avviso di intimazione n. XXX/XXX notificato al coniuge M. e conseguente a una cartella di pagamento a lui intestata.

2. Ha rilevato il giudice di appello che, dal momento che il contribuente non aveva ricevuto la cartella di pagamento prodromica all'intimazione di pagamento, quest'ultima costituiva atto impugnabile e pertanto rendeva il ricorso ammissibile, avendo il contribuente impugnato assieme all'intimazione anche le risultanze della cartella di pagamento. Nel merito, la CTR ha osservato che l'agente di riscossione non era stato in grado di provare l'avvenuta notificazione della cartella di pagamento e che la stessa era anche carente di motivazione.

3. Per la cassazione della citata sentenza Equitalia Sud. s.p.a. ricorre con cinque motivi; l'Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso; l'intimato S. non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta: a. Primo motivo: «Nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360, comma 1°, n. 4 in relazione agli artt. 112 c.p.c.; difetto di giurisdizione ex art. 360, comma 1°, n. 1 in relazione agli artt. 2 d. Igs. 546/1992, 444 c.p.c. e 24 d. Igs. 46/1999» deducendo che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di appello formulato dal contribuente e relativo alla pretesa carenza di giurisdizione del giudice tributario. 

b. Secondo motivo: «Nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360, comma 1°, n. 4 e violazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1°, n. 3 in relazione agli artt. 327 c.p.c., 1 e 3 L. 742/1969 e 92 della L. 12/1941» deducendo che la CTR avrebbe omesso di rilevare la tardività dell'appello del contribuente, siccome notificato oltre il termine annuale, non applicandosi alla fattispecie la sospensione feriale dei termini in quanto giudizio di opposizione all'esecuzione.

c. Terzo motivo: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1°, n. 3 in relazione all'art. 26, 1° comma, D.P.R. 602/1973» deducendo che la CTR avrebbe errato nel negare che l'esattore aveva omesso di fornire prova della notificazione della cartella di pagamento, atteso che in atti era stata depositata prova della notificazione a mezzo posta del citato atto, essendo tale forma di notificazione perfettamente applicabile al caso di specie.

d. Quarto motivo: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1°, n. 3 in relazione all'art. 19, commi 10e 3°, e 21 D. Lgs. 546/1992» deducendo che la CTR, come conseguenza dell'errore denunciato nel terzo motivo, avrebbe altrettanto erroneamente affermato che l'intimazione di pagamento costituiva l'unico atto impugnabile.

e. Quinto motivo: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1°, n. 3 in relazione agli artt. 50, comma 2° e 3°, D.P.R. 602 1973, 156, 3° comma, c.p.c., 3 L. 241/1990 e 7 L. 212/2000» deducendo che la CTR avrebbe errato nel ritenere che l'intimazione di pagamento dovesse contenere una motivazione specifica della pretesa tributaria azionata, essendo sufficiente il mero richiamo agii atti presupposti notificati al contribuente. 

2. L'Agenzia delle Entrate svolge argomenti adesivi alla tesi della ricorrente.

3. Il ricorso va respinto.

4. Il primo motivo è inammissibile non avendo la ricorrente alcun interesse processuale a dolersi dell'omesso esame di un motivo di appello che essa stessa riconosce formulato dalla controparte. In relazione all'autonoma iniziativa di denuncia di difetto di giurisdizione, il motivo va dichiarato inammissibile poiché, in violazione del combinato disposto degli artt. 366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., non indica dove, come e quando la questione relativa alla giurisdizione sia stata autonomamente introdotta dalla odierna ricorrente nel processo e soprattutto in che modo la relativa questione sia stata sottoposta alla cognizione del giudice del gravame; invero, la sentenza impugnata fa cenno alla sussistenza di una questione di giurisdizione sollevata dal solo contribuente laddove, nel riportare le difese delle controparti, non fa cenno alcuno a un'eventuale adesione all'eccezione formulata dal contribuente. Ne deriva che l'odierna ricorrente aveva l'onere di dimostrare l'attualità della questione, indicando in quale momento del processo di primo e di secondo grado ella abbia autonomamente formulato e coltivato la relativa questione, onde evitare che la pronuncia nel merito adottata dai primi giudici determinasse il formarsi del giudicato interno sulla giurisdizione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 28503 del 29/11/2017).

5. Il secondo motivo è infondato. Nella specie si tratta di giudizio avente a oggetto una intimazione di pagamento e non già di una opposizione all'esecuzione, sicché trova applicazione la sospensione feriale dei termini processuali; la sentenza impugnata, che ha implicitamente rigettato la relativa deduzione, è conforme a diritto.

6. Il terzo e il quarto motivo, che per la loro stretta connessione possono essere congiuntamente esaminati, non sono fondati. Il terzo motivo muove osservazioni generali e astratte, non precisando quale sia la produzione cui fa riferimento (il mero riferimento a una "cartolina di ritorno raccomandata di notifica e certificati anagrafici" è assolutamente generico) e non consente a questa Corte di verificarne l'effettività, chi l'abbia ricevuta (infatti nell'invocare le norme si parla anche di familiari), né se si trattasse di un caso di irreperibilità relativa o assoluta; né precisa se, essendosi invocato l'art. 26, si sia proceduto a mezzo di intermediario autorizzato (primo periodo del primo comma dell'art. 26) nelle forme previste dalla legge 890/1982 ovvero direttamente a mezzo posta ordinaria (secondo periodo del primo comma dell'art. 26). La genericità della deduzione non consente pertanto a questa Corte di esercitare alcun controllo sulle questioni dedotte.

7. Il rigetto del terzo motivo implica il rigetto del quarto motivo, che muove dal presupposto dell'accoglimento del precedente.

8. Il quinto motivo va respinto. Anch'esso si palesa assolutamente generico, non precisando come l'intimazione fosse motivata; in ogni caso, la censura dà per presupposto (anche sulla questione della sufficienza della motivazione dell'intimazione) la regolarità della notifica della cartella, su cui è incentrato il già respinto terzo motivo. Comunque, stante il rigetto del terzo e del quarto motivo, trova conferma l'autonoma ratio decidendi sul vizio procedurale, che da sola era sufficiente a determinare l'accoglimento del ricorso del contribuente.

9. La mancata costituzione del contribuente esonera la Corte dal dover provvede a regolare le relative spese di lite, mentre - attesa la posizione adesiva dell'Agenzia delle Entrate rispetto alla posizione del ricorrente soccombente - vanno compensate integralmente quelle relative alle parti costituite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate tra le parti costituite le spese di lite relative al presente grado di giudizio. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 novembre 

 

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